Baldur's Gatekeeping
Ovvero la differenza tra la critica alla critica e l'essere merda escludente
Unity è diventato la Festa de l’Unità: volemosebene ma tutto di facciata, perché poi la realtà parla di uno scollamento tra le varie parti che assomiglia tantissimo al PD. E “PD” sono pure le iniziali di un’espressione che associa Nostro Signore™ al noto animale di cui non si butta via niente, coincidenze?
Riccitiello ha ritrattato, era tutto uno scherzone e poi dai, in fondo quale azienda piscerebbe e defecherebbe sulla propria clientela in modo così spregevole pretendendo pure di portare a casa la pagnotta? A parte Sony, intendo. Però intanto i fatti restano che prima di annunciare la mega-manovra monstre dove si chiedevano soldi per ogni copia installata di ogni gioco Made with Unity lui e il resto della board si sono venduti le azioni dell’azienda (si sa mai), e soprattutto resta il fatto che adesso è venuta meno la fiducia tra chi Unity lo vende e chi Unity lo usa. E senza fiducia sono cazzi amari.
Ne abbiamo cianciato un po’ con Pietro Polsinelli, game designer, autore, pazzo scriteriato dietro Football Drama, Roller Drama e altre cosine che non posso nominare perché ho fatto giurin-giuretta – pare che valga quanto un NDA. Ma c’è spazio pure per il punto di vista Corporate, perché la Dottora Maura Saccà fa tanto la sinistroide e poi lavora nelle aziende dabbene dello sviluppo di metaversi e altre cose capitaliste usando proprio Unity. Praticamente è D’Alema. Com’è la situa a quelle latitudini?
Questa uscita della newsletter vuole parlare di gatekeeping. Ne ho subito un sacco, ovviamente. Faccio Gameromancer, gente che ha fatto il possibile per tenermi ai margini del discorso sui videogiochi – e che lo fa ancora – ce n’è quanta ne vuoi. Tipo una volta il PR & Comunication Manager di Milestone in una stanza di Clubhouse (LOL) mi ha detto che in podcast da noi non ci sarebbe venuto mai perché chi viene ospite da noi rischia il posto di lavoro.
Conosco molto bene il gatekeeping. Però a proposito di Maura a ‘sto giro aveva tanto da dire. E io alla fine avrei finito per personalizzare il discorso spiegando che Gameromancer non fa gatekeeping e ci sono delle regole che ci siamo dati appositamente affinché si potesse fare critica alla critica nel modo meno tossico ed escludente a caso.
Per questo numero della newsletter la Voce della Ribellione™ è quella di Maura.
Con qualche insert da parte di Richard, Filippo e di una Giulia Martino ovunque come i funghi, cui sono girati lə genitalə pure a loro parlando del mostro della settimana e di quello che ci sta attorno. Io mi son limitato ad impostare le cose perché se no veniva una roba a caso come la DAMSomination, e dai, mica potevo lasciarvi in quel Vietnam di nuovo…
Personalizzare il gatekeeping come nei giochini Bethesda
Io credo che le narrazioni personali siano il modo migliore per far trasparire un concetto, soprattutto perché così i lettori e, soprattutto in questo caso, le lettrici possano identificarsi meglio e capire che certe cose non succedono solo a loro, che non sono sole. La forza del #MeToo è questa, no? Le esperienze personali non possono essere invalidate, e quando si scopre che dal personale si passa al sistemico, la potenza di queste narrazioni viene moltiplicata. Oggi ho quindi deciso di condividere alcuni aneddoti in cui sono sicura che molti e molte di voi riescono ad identificarsi.
Come ci si sente quando non vieni presa sul serio?
Di merda, ecco come ci si sente. Però se fin da piccola ti hanno insegnato che i maschi ne sanno più di te in fatto di videogiochi, la prima cosa che pensi non è “non è vero, ne so abbastanza”, ma è “Devo ancora migliorare perché non sono abbastanza.” All’interno della cultura nerd, il concetto di non essere abbastanza è molto diffuso, soprattutto nelle giovani ragazze. Quindi ti ritrovi sempre a dimostrare quanto ne sai, a studiare, a migliorare, a giocare, a leggere, per poter mostrare agli altri, ai padroni della nerd culture che ti mettono sempre in dubbio, che ne sai, che sei una di loro.
Aneddoto #1:
L’ho raccontato già un bel po’ di volte, perché è il simbolo di gatekeeping che mi ha segnato molto nella mia crescita. Primo anno di università, facoltà di Informatica, neanche a dirlo, tutti maschi.
Pausa. Esco in cortile con un collega appena conosciuto a fare due chiacchiere.
R: “Ah quindi dici di giocare ai videogiochi?”
Dici? Non mi crede? La me diciannovenne si domandava perché era messa in dubbio una cosa del genere. Ma ero una ragazza, e si sa che le ragazze che giocano ai videogiochi sono poche no?.. Quindi è normale che lui mi metta in discussione.. no?..
R: “Beh allora ti faccio delle domande per capire se sei una che gioca davvero. Io ti dico delle case produttrici, e tu mi devi dire almeno un gioco che hanno rilasciato.”
E io avevo una paura fottuta.
Sono sempre stata un’inetta con i nomi, e se non me li ricordavo? E se mi faceva una domanda troppo difficile? Una casa produttrice che non conosco? La mia credibilità sarebbe andata a farsi fottere. Dovevo dimostrare di non essere “una ragazza come le altre”. Com’erano le altre dite voi? Delle fake gamer girl…
R: “Naughty Dog.”
Beh ma questa è facile, pensai. “Uncharted, Crash Bandicoot.”R: “Brava. Allora Square Enix.”
Broh… Siamo a livello base qui. “Final Fantasy, Kingdom Hearts.”
R: “Bene. Allora Rockstar.”
“Vabè GTA, Red Dead Redemption.”
R: “Ah va bene dai sei stata brava. Allora possiamo parlare.”
E io ero contenta. Ero contenta di aver dimostrato di saperne di videogiochi. A quel punto mi avrebbero accettato nel loro circolino di veri nerdTM.
Ripenso spesso a questo episodio, a come mi ero sentita. E la cosa che fa più male è che mi ero sentita bene. Mi ero sentita accettata. Come se lui, questo ragazzo, avesse in qualche modo le chiavi del portone attraverso il quale io non potevo passare se non per sua gentile concessione.
Quando ci penso adesso l’unica cosa che mi sale dentro è una furia cieca.
Tutte le volte che mi sento dire “Ma come non lo conosci?” “Ma come non l’hai giocato?” “Ma come non l’hai letto?” Tutte le parole che non ho potuto vomitare all’epoca, a causa di mancata consapevolezza, mi escono dalla bocca impregnate di rabbia e frustrazione. Perché io non devo dimostrare niente a nessuno. Perché voi non possedete le chiavi di nessun portone. Non avete il potere di dire chi può e chi non può parlare di un argomento. Non avete il diritto di mettere in dubbio a priori la cultura videoludica, in questo caso, di nessuna.
Aneddoto #2
Quando mi sono trasferita a Milano, avevo 23 anni, mi stavo frequentando con un ragazzo. Faceva ingegneria aerospaziale. Non giocava spessissimo ai videogiochi, almeno non quanto me, aveva “solo” la cultura di ciò che viene definito come “cult” cinematografico e videoludico. Io studiavo Game Design all’università.
“Allora visto che fai Game Design, vediamo se davvero ne sai.”
Eccoci qua, again a dover dimostrare a uno che palesemente ne sa meno di me, se ne so abbastanza di qualcosa che stavo studiando e che tocco con mano costantemente da quando avevo 5 anni.
Voi direte “Maura, l’hai mandato a fanculo stavolta spero.” E invece no raga. Perché questi sono solo due di tutti gli aneddoti che vi potrei raccontare. Le volte che sono successe cose del genere sono innumerevoli, quindi semplicemente era diventata una cosa normale.
S: “Allora se ti dico “S” a cosa pensi?”
S? Ma in che senso, può essere qualsiasi cosa, di cosa sta parlando? Videogiochi con la S? Piattaforme? Steam? Boh..
S: “Allora S.. T..”
La mia faccia era diventata un punto interrogativo. Ma che sta facendo? Che sta dicendo? St? Star Ocean? Magari è la sua saga preferita. Che cazzo ne so.
S: “S.. T.. E.. A..”
Ma è Steam sul serio? Cioè mi sta davvero chiedendo se conosco Steam? No dai è impossibile. Perché qualcuno dovrebbe chiedere a una persona che studia Game Design se conosce la piattaforma più famosa di videogiochi per computer? E’ impossibile, sarà qualcosa che non conosco. Pensavo, continuando ad avere una faccia da ebete.
S: “STEAM Dai! Lo conoscono tutti!”
E invece era quello. Mi aveva appena chiesto, facendomi lo spelling come a una bambina di quattro anni, se conoscessi Steam visto che studiavo Game Design. Ero così sorpresa dalla domanda che gli risposi solo “Sì, certo che lo conosco.”
Ancora oggi mi chiedo come gli sia potuta sembrare una domanda legittima chiedermi se conoscessi Steam poiché studiavo Game Design.
Quella volta non mi sentii contenta, mi sentii sminuita. Sminuita da una persona che non poteva permettersi di sminuirmi, ma si sentì comunque in diritto di farlo, di mettere in dubbio le mie competenze.
Dopo questo episodio mi chiedo spesso quanto deve essere bello vivere in una società che non mette mai in discussione il tuo sapere, che ti fa credere di essere un vero nerdTM, che ti fa sentire così sicuro di te da proporre quiz sulla nerdaggine a delle ragazze solo perché conosci Steam.
Se ci fate caso, in entrambi i casi descritti, quella che si sentiva in difetto ero comunque io, pur non avendone motivo, pur avendo le competenze. Non mi sono sentita abbastanza, mi complicavo la vita, pensavo che non avrei saputo le risposte, pensavo che mi avrebbero chiesto cose iper specifiche sulle quali non ero preparata. E tutto questo si è protratto sin dalla mia infanzia, quando dovevo guardare mio cugino giocare alla Play perché “io non ero abbastanza brava”, alla mia adolescenza, quando facevo vedere la mia collezione di giochi e statuine di Final Fantasy sentendomi rispondere “Non è una vera collezione se ti manca Final Fantasy VII”, passando per l’Università.
Alla fine credi davvero di non essere abbastanza.
Che i maschi ne sanno di più, perché te lo fanno credere Loro. Tutti i ragazzi dai quali ero circondata quando frequentavo ambienti nerd. Non ero al Loro livello.
Fortunatamente quando ho incontrato ragazze che avevano avuto le mie stesse esperienze ho capito che erano tutte cazzate, e Loro erano tutti cazzari gatekeepers. E a quel punto, con la consapevolezza, la mia furia è diventata un vero e proprio stato di Berserk permanente.
Ultimamente ho sentito vari discorsi sul “Non puoi parlare se non hai giocato questo”, “Non puoi parlare se non hai tot anni di esperienza”, “Non puoi parlare se non eri nata quando è uscito quest’altro”. Tutti questi atteggiamenti non sono solamente detti da persone con palesemente problemi di autostima che devono escludere gente per sentirsi importanti, ma sono detti soprattutto da persone che vogliono mantenere lo status quo videoludico. Avete presente quelli del Gamergate quando sono andati in rivolta perché “questo è il nostro spazio, non dovete toccarcelo”? Ecco, se non ce l’avete presente provate a cercare su Youtube “How feminism ruined videogames” e vedrete quanti video sessisti e misogini trovate.
Ste cose succedono a me, che sono una signorina nessuno, ma pensate a quanto sono gravi quando succedono a donne che hanno una cultura videoludica immensa, come Giulia Martino.
E’ stata messa in discussione la sua competenza, la competenza del lessico di una giurista che scrive a mano atti notarili di quaranta pagine più volte di quanto io finisca i pacchetti di sigarette.
E’ stata definita ragazzina, signorina, con tono dispregiativo. “Una ragazzina che non ha mai giocato mezzo JRPG in vita sua.”
Tralasciando l’evidente sessismo, questa frase rappresenta perfettamente cosa significa Gatekeeping. Se non hai giocato abbastanza videogiochi, tutto quello che uscirà dalla tua bocca non è valido. E’ nullo. Di conseguenza tu sei nulla. Non ti daremo spazio perché non ne sai abbastanza. Non ti inviteremo ad eventi perché non ne sai abbastanza.
E questo si trasforma esattamente nella tipica frase “Non ci sono abbastanza donne che ne sanno.” Certo, *aggiungi qui imprecazione blasfema censurata per non beccarmi multe per vilipendio*, volete avere voi tutto lo spazio!
E ci siete riusciti finora perché in tutti questi anni avete costruito un mondo fatto a vostra immagine e somiglianza, tenendoci ai margini, instillando in noi il dubbio dell’inadeguatezza. Infantilizzandoci, chiamandoci ragazzine senza competenze.
Ma la pacchia è finita raga. E noi non staremo più zitte.
E meno stiamo zitte, più si vedranno i pattern che utilizzate per silenziarci e per mantenere lo status quo che vi mette in cima alla piramide videoludica.
Non lasceremo più correre, non ci faremo più “scivolare addosso le cose”, non ignoreremo più perché “il Signore ha già fatto abbastanza danni con lui”. Avete paura che se cade uno, magari prendendo vie legali, cadete tutti? Vi dico solo che spero non vi facciate male al culo quando crollerete dalla cima della piramide, preparate i cuscini. Buttati che è morbido!
Cosa significa, alla fine, saperne abbastanza? Significa dover conoscere videogiochi (o qualsiasi altro oggetto culturale nerd) che è stato messo nell’olimpo delle cose da conoscere proprio da coloro che stanno in cima. Conoscere “Le vecchie glorie del passato”, che puzza sempre di nostalgia littoria. Avete mai pensato che la cultura di ognuno di noi può essere diversa? Avete mai pensato che abbiamo semplicemente giocato a giochi diversi? Una cosa che mi piace sempre ricordare è che noi abbiamo DOVUTO giocare ai vostri giochi sennò non potevamo essere accettate nel vostro circolino, voi avete giocato ai nostri giochi queer femministi? DOUBT!
Quindi alla fine della fiera chi è che ha più cultura di chi?
Ogni volta che sento parlare di gatekeeping mi si apre la vena.
Di Filippo “Whitesmith” Tagliaferri
Eppure lo vedo tutti i giorni: lo provo molto spesso sulla mia pelle, lo vedo ancora di più sulla pelle di amiche, tendenzialmente donne, a me vicine o di corrrispondenza. Perché il gatekeeping è endemico, è ovunque.
Non importa che sia sul lavoro o in un qualsiasi ambito socio-culturale, è una roba che mi da il voltastomaco.
Sarà che mi ricorda quando da bambino non venivo scelto per giocare a calcio, in quanto inadatto. Che poi, è un po’ darwinista come concetto, l’essere “adatto” o meno, e non è che di Darwin non si sia discusso niente dal 1859 ad oggi.
Sempre parlando di adattamento all’ambiente, unə ci fa il callo, al gatekeeping. E la pellaccia dura, e le spalle larghe. Tutti modi di dire che riportano al mitologico concetto del supermaschio, guarda caso. Evidentemente si torna sempre alla radice del problema.
Dovremmo fare gatekeeping coi gatekeepers: levarceli dai coglioni, lasciare la spazzatura fuori casa.
You know what I mean?
You know what? I’m in.
E non posso fare a meno di sorridere, quando vedo certi soggetti (no schwa needed) venire sommersi dalla pila di merda che essi stessi hanno innalzato negli anni.
La rivincita della selezione naturale. Life bites back, bitches.
E vedere questi ribaltamenti, quando succedono, mi causa goduria come guardare un bel film: è “la rivincita dellə sfigatə”. Ed è bella anche senza Olivia Wilde alla regia.
Che bello il mondo del lavoro portato avanti dai murales.
Di Richard “Amaterasu” Sintoni
Sono proprio belli da ammirare, fermi e statici nelle loro granitiche certezze, certi di essere sempre nel giusto.
Loro non sbagliano mai, hanno sempre ragione e se non la vedi come Loro sei stronzə tu. O sei unə poverə incompetente che non capisce un cazzo.
D'altronde quando Loro hanno iniziato noi manco eravamo natə."Si è sempre fatto così" e chi cazzo siamo noi per sostenere qualcosa di estraneo al Sacro Verbo che manco hanno provato ad insegnarci, perché eravamo noi che dovevamo rubare il lavoro con gli occhi. Ma bada, con gli occhi, mai col curriculum.
Ed adesso hanno paura 'sti murales. Hanno una paura fottuta di venir ridotti in macerie dallə nuovə arrivatə che cercano il loro posto in un Paese fatto di vecchie cariatidi che non ne vogliono sapere di lasciare la loro poltrona a chi è più competente e preparato di loro.
Ed arriverà quel giorno. E sarà pure piacevole pagarvi la pensione pur di vedervi fuori dai coglioni.
Sono una sbruffona. Lo so.
Di Giulia Martino
Cerco di fare la modesta, ma la gran parte delle volte è tutta una finta.
Perché ci hanno insegnato che la modestia è uno dei più bei decori di una donna. Tra parentesi, è uno dei dodici frutti dello Spirito Santo, secondo la Chiesa Cattolica. Solo che con la Chiesa non vado molto d’accordo – forse da qui viene la sbruffoneria.
La verità è che non sono stata sempre così. Chi mi conosce lo sa: ho spesso sminuito le mie competenze per evitare di apparire aggressiva, prevaricatrice, troppo furbettina. Specie in ambienti maschili. Perché il maschio è spesso molto fragile, tanto che se lo tocchi casca per terra, si rompe ma poi si rialza. Lo fa per prenderti a schiaffi, per rimetterti al tuo posto.
Quando ero più piccina, un mio ex mi chiedeva di parlare di meno quando eravamo a tavola insieme. Diceva che gli facevo fare brutta figura, che lui non emergeva abbastanza. In effetti era un cretino, e so da fonti attendibili che quindici anni dopo è tutt’ora un cretino. La cosa, chissà perché, non mi stupisce più di tanto.
Da quando ho approfondito il pensiero femminista trovo che essere sbruffona sia un atto necessario. Lo è per me. In passato ho declinato proposte di lavoro interessanti perché ritenevo di non essere abbastanza competente, solo per poi vedere quella stessa opportunità accettata con gioia da persone per cui non nutro la minima stima. E sulle cui competenze è elegante tacere.
Ho scelto di investire ogni giorno sulle mie “competenze”. Mi sono circondata di persone che non vogliono che io stia zitta a cena. Sono individui che hanno tutta la mia stima e mi spingono ogni giorno a essere migliore, più intraprendente, più coraggiosa. Grazie a loro, gli insulti nei confronti miei e del mio lavoro restano quello che sono: parole vuote, prive di significato.
Siamo state lodate per millenni per la nostra modestia. Adesso vogliamo essere riconosciute per tutto il resto.
Palinsesto (San Giovanni) della settimana
Te pareva che il discorso potesse finire qui? Giovedì siamo live per parlare proprio di questa cosa, partendo dal caso specifico e allargandoci a come cazzo bisognerebbe stare al mondo quando si vuol fare un discorso, anche duro e critico, su come raccontiamo i videogiochi. Perché altrimenti è il far west e vale tutto, in una critica che non vale più un cazzo anche perché ogni volta che non siamo d’accordo unə deve avere ragione e l’altrə torto. Dove cazzo sta scritto?
21:30. GameromancerLive. Featuring Giulia Martino, sempre per quel discorso che è doveroso lasciare spazio a chi viene toccato dalle cose.
Poi oh, per chi volesse esercitare il suo diritto di replica, siam qui. Ma alle nostre regole e alle nostre condizioni.
Spammini Tattici Nucleari™
Francesco “ziogigietto” Paternesi mi ha preso in parola quando dicevo che oh, sul gruppone Telegram c’è un topic dedicato agli spammini. E ha tirato fuori uno spammino così fico che non posso esimermi dal copincollarlo così com’è creditantone il genio e invitarti a fare altrettanto se hai cose da condividere col mondo:
Ho due spammoni in serbo per voi:
Прва је прва епизода нове сезоне Гаминг Вилдлифе, где Луцоне и ја причамо о играма које смо играли овог лета, старим и новим: https://linktr.ee/Gaming_Wildlife_Stay_Nerd
Други је овај антрополошки видео посвећен Клубу који је снимила ТХЕ ДАРК СИДЕ ОФ ТВ који сваки пут наставља да производи невероватан садржај: Кликните овде
Sono ripartite le intervista di Insert Coin (a
, basta fare cose fiche che poi devo taggarti ad ogni numero). Questa volta tocca a Vincenzo “Vitoiuvara” Aversa, che ha parlato di un sacco di cose che iper-condivido dal punto di vista del piccolo content creator.Sul Sacro Blog™ invece Fra ha vomitato un quantitativo imbarazzante di rece™. Che non sono recensioni, e infatti il testo serve solo a prodotto-piazzare il podcastino o il video collegato.
Nell’ordine s’è parlato di It’s a Wrap!, giochino super-DAMS che vorrebbe mischiare il montaggio video con Super Mario ma purtroppo ad una certa si perde:
Poi è stata la volta di Moving Out 2, che è Moving Out ma con più cose. E pensa che ‘sto stronzo ci ha messo 20 fottuti minuti di video a dirlo:
Si è aggiunto in zona Cesarini – che se non sai cos’è vuol dire che non hai cultura calcistica, ed è un bene – Igno che parla di The Cosmic Wheel Sisterhood. ‘Mazza quanta roba, oh:
E nulla, è successo pure che tipo mercoledì sera Fra era in para perché questo nuovo formato di rece audio/video (a seconda di come ce gira, ma tendenzialmente se esce video c’è anche l’audio gratis su Gameromancer col Rolex quindi pigia il follow) è comodo per coprire i giochini per cui non si trova la quadra per la rece scritta ma alla fine, qualcuno le ascolta? Piacciono?
Io ho risposto che si potrebbe dire la stessa cosa per le robe scritte. Però il ragazzo vuole rassicurazioni. Per cui se avete feedback sparate. Io sono dell’idea che comunque sia una strada su cui insistere, Roma non si è costruita in un giorno e c’ha comunque ancora oggi le buche e i cinghiali per strada. Tempo al tempo e ingranano pure ‘ste cazzate, no?
Per questo, per i tuoi spammini, per fare due chiacchiere e per infamare Tetsuya Nomura, ci trovi su Telegram. Quasi a tutte le ore.
Non penso ci sia altro da aggiungere qua sotto. Se non vabbè, i soliti ringraziamenti di rito a chi esce i soldi su Patreon, si subba su Twitch o anche solo si limita ad un like, ad uno share, a qualunque cosa corrisponda ad un abbraccio virtuale per il ruolo infame di cagne pastore dell’Internet del videoludo che ci siamo sceltə.
Dalla prossima uscita c’è la speranza di parlare di cose più frivole. Spammare i prossimi piani di conquista del mondo, rimettere un po’ al centro del discorso I3 e QUE3R e insomma, parlare di qualcosa di bello. Questa settimana era importante parlare di qualcosa di non bello. Perché se ci giriamo sistematicamente dall’altra parte va a finire che l’immondizia te la ritrovi sotto casa.
Giulia, non ti conosco, ma ti voglio bene.
Il tuo ex che diceva che dovevi parlare meno a tavola è un qualcosa che mi fa salire la rabbia.
Per il discorso di Gatekeeping, al di là del fatto che nessuno dovrebbe farlo, mi domando se la persona che si erge superiore insultando gli altri abbia mai finito che ne so, un ultima, un Dragon Quest 1, sweet home o il primo Mother per famicom.
Poi lo voglio qua, a blaterare su quanto un Chrono trigger o Final fantasy abbiano semplificato le interfacce e che prima era meglio, perché potevi parlare e fare altre azioni ogni volta che volevi: solo che se selezionavi quella sbagliata non succedeva un cazzo.
Il gatekeeping è la morte del dialogo tra generazioni: non si invoglia la gente a giocare vecchi titoli in quel modo.
Non si invoglia un cazzo di nessuno a giocare, si agisce solo da stronzi.
Per quanto riguarda le esperienze di Maura, posso solo dire che la gente sta male. Di solito poggio il cazzo sulla schiena a chi prova a farmi Gatekeeping: non entro nel dettaglio, ma è successo anche poco prima di eventi importanti della mia vita (legati sempre al videogioco).
Che poi, cosa vuol dire "sei femmina, allora giochi meno di me?" Ma pure se fosse?
Pure a Debora piacciono i videogiochi, eppure quando stiamo insieme preferiamo guardare una serie TV, perché spesso volentieri coi giochi si affatica troppo.
Avrei degli eventi da raccontare riguardo il gatekeeping, tipo un'enorme figura di merda di fronte a un bambino (non mia, cercavo di rattoppare pezze del gatekeeper), ma evito perché si capirebbe di chi sto parlando e non ho voglia di mettermi a litigare 🤣.
Aggiungo: chi è più vecchio dovrebbe raccontare la propria vita con meno boria, lasciarci documenti scritti in maniera decente e che siano incastrati su un minimo di struttura da storytelling.
È inutile vomitare fiumi di parole quando si è più pesanti dell'ulisse di Joyce (che poi a me piace pure, ma nsomma. Se semo capiti)
Aggiungo solo una cosa a tutto ciò che c'è scritto e che condivido: credo che chi non apre i cancelli ha paura che là fuori siano meglio. Quindi è sempre tutto egoriferito.