Tutta la verità su Sweet Baby Inc.
Riflessioni sul perché alle vittime l'agnosticismo faccia male quasi quanto gli abusi di KiwiFarm
Alan Wake 2 ha venduto un paio di milioni di copie.
In quest’epoca dove Square Enix può permettersi di definire “deludenti” i risultati di Final Fantasy XVI e di 7 Rebirth, 2 milioni di copie è poca cosa – da un punto di vista corporativo almeno. Eppure è abbastanza da rovinare la vita a tutte quelle persone, spesso senza nome e sicuramente senza voce, che sull’Internet abbiamo deciso di ridurre alla ragione sociale dell’azienda per cui lavorano: Sweet Baby Inc.
Nei confronti di quelle persone abbiamo fallito. Non come giornalismo o come critica, ma dal punto di vista umano.
Quand’è che abbiamo lasciato che “woke” diventasse una parola peggiore di “hedge fund”?
Quando si parla di Sweet Baby Inc. lo si fa in modo polarizzato, al massimo agnostico premettendo che non si vuole prendere posizione sui metodi con cui l’azienda opera. Senza capire che è proprio grazie a questo agnosticismo che le notizie smentite quando ormai i buoi han già lasciato la stalla o le illazioni di chi vuole rendere i videogiochi “exclusive again” prosperano.
Oggi voglio provare a dare un po’ di voce a Kim Belair, la CEO dell’azienda che abbiamo deciso arbitrariamente stia uccidendo il medium mentre le Embracer lì fuori continuano a mercificare la Cosa Videoludica.
I podcastini clickbait™ della settimana
L’ennesima peggior Games Week di sempre
A proposito di spazi che mercificano la Cosa Videoludica un paio di settimane fa abbiamo dovuto fare i conti con Milan Games Week. Puoi già immaginare il discorso, però abbiamo provato un po’ di giochini e in puntata si parla anche di quello. Oltre che del fatto che se levi il catering alla sala stampa misteriosamente spariscono pure i giornalisty.
Nota: se eri alla Games Week o comunque sei unə dev e vuoi che le persone più schifate dalla Game Critique™ parlino dei tuoi giochini, scrivici. Email, DM, Telegram, quello che ti pare.
Inizia l’Avvento Col Rolex™ 2024!
Per i prossimi 24 giorni (in realtà 23 perché il primo dicembre era ieri) pubblicheremo su Patreon un episodio di Gameromancer col Rolex™ al giorno. Il primo come da tradizione è free to listen, ma potenzialmente anche le prossime caselline possono essere ascoltate gratuitamente: se qualcunə si iscrive alla newsletter nel corso di una giornata l’episodio del giorno successivo è gratis.
Intanto delizia le tue orecchie con una tier list dei giochini AAA usciti quest’anno ricolma di ignoranza e di Cummenda Calzati che parlano sopra le persone perché dopo 8 anni di podcast ancora non sono capaci di fare le cose.
Poi oh, sono le festività che il politicamente corretto non ci permette più di definire natalizie, per cui se per caso ti ballano du spicci in tasca e vuoi donare lo stesso:
Bambini amari
Non volevo essere conosciuta dal pubblico. Di certo non volevo essere conosciuta dai gamer. Volevo essere conosciuta da game dev e writer.
– Kim Belair, CEO di Sweet Baby Inc (XOXO Festival 2024)
Per spiegare perché abbiamo bisogno di Sweet Baby Inc. si potrebbero invocare concetti come il sensitivity reading o tirare in mezzo quel Gamergate di cui non siamo stati mai davvero in grado di liberarci e adesso è alla sua terza o quarta ondata.
Niente di tutto questo però avrebbe la potenza che ha una storia. E allora se la carta migliore che posso giocarmi è quella del racconto, dobbiamo mettere da parte per un attimo Sweet Baby Inc. e tornare agli anni tra il 2016 e il 2019.
Non si direbbe ma il mondo era un posto diverso, tra il 2016 e il 2019. E di conseguenza era diverso il videogioco. L’espressione “woke” non era ancora sulla bocca di tutti, molto banalmente perché alle tematiche che poi abbiamo deciso di assegnare quella parola non veniva lasciato spazio. Il #MeToo era qualcosa nelle sue fasi iniziali e riguardava soprattutto il Cinema, per cui era perfettamente normale che gli executive di Ubisoft facessero pressione sui team di sviluppo dietro gli Assassin’s Creed dell’epoca perché i protagonisti c’avessero il cazzo.
In Syndicate si alternano Jacob ed Evie Frye. In Origins Bayek occupa quasi tutto lo spazio lasciando soltanto le sezioni più avanzate del gioco ad Aya, nonostante sia lei l’Occulta coinvolta nelle uccisioni di Giulio Cesare e Cleopatra e sua sia la tomba nascosta sotto la Basilica di San Marco nella Venezia di Assassin’s Creed II. Ma soprattutto in Odyssey Kassandra, nonostante sia la protagonista canonica in tutte le opere derivate dal gioco, è un’opzione da affiancare al fratello Alexios, nemmeno coinvolta nel marketing attorno al gioco che si concentra sul protagonista maschile.
I team di sviluppo sono inermi di fronte ai diktat di una dirigenza che poi qualche anno più tardi finirà in manette per molestie sessuali. È qui che nasce la necessità di Sweet Baby Inc.
Non è un caso che sia Kim Belair che David Bédard, i due founder di Sweet Baby Inc., abbiano un passato proprio in quella Ubisoft. C’è bisogno di un contrappeso, di qualcosa che aiuti a dimostrare che il videogioco è di tutti, non appartiene più ad una sola categoria e forse non è mai davvero stato così, era solo la miopia di chi stava nella stanza dei bottoni.
Una delle accuse più strumentali fatta a Kim Belair è quella di militarizzare gli sviluppatori affinché costringano i loro dirigenti ad inserire “il woke”, qualunque cosa voglia dire, nei loro videogiochi. “Se non percepiscono il valore di quello che state chiedendo quando avete bisogno di una consulenza, andate a prendere un caffè col vostro marketing team e terrorizzateli con le conseguenze di quello che succederà se non vi daranno quello che chiedete.”
Queste parole vanno inserite nel contesto in cui il videogioco si sviluppa e viene commercializzato, e non ti stupirà sapere che infatti il seguito di questo virgolettato viene omesso dalle clip postate in reel e TikTok. “Lo dico scherzando, ma è molto vero: se si pensa alle persone che si occupano di mantenere le opinioni attorno al gioco positive, c’è davvero del valore che potreste fargli vedere, sia dal punto di vista etico che finanziario”.
Alla luce di quello che Belair ha vissuto, alla luce di un sacco di altre storie simili e di quanti personaggi scritti in modo stereotipato e tematiche trattate a cazzo di cane abbiamo visto, come si può negare la verità di queste parole?
Durante lo sviluppo di Ratchet & Clank: Rift Apart, la protagonista femminile del gioco, Rivet, ha rischiato di chiamarsi Rachette. Possiamo discutere tutto il giorno sulla necessità di definire la sua sessualità o anche sulla sua stessa presenza in-game, ma una volta che Insomniac ha deciso che ci sarebbe dovuto essere un personaggio femminile in un ruolo principale del cast, avremmo dovuto tifare per una soluzione per cui questo fosse “Ratchet ma con le tette” fin dal suo stesso nome?
Nel corso del suo intervento allo XOXO Festival 2024 Belair sottolinea qualcosa che dovrebbe essere fottutamente ovvio, ma che nella testa dei complottisti del videoludo non lo è: Sweet Baby Inc. non ha nessun potere decisionale.
È lo sviluppatore quello che prende le decisioni, e infatti nel caso di Rift Apart Rivet si chiama Rivet grazie al contributo di Sam Maggs, lead writer del gioco mai creditata per via di quel brutto vizio di escludere dai titoli di coda di un gioco chi lascia lo studio prima della sua pubblicazione.
Pensandoci è logico: Sweet Baby Inc. viene assunta per prestare consulenze, a volte quando ormai lo stato dei lavori è troppo avanti per poter imporre cambiamenti di sostanza. Non sono loro a firmare gli assegni, e l’idea che un team di sedici persone possa tenere per le palle tutta l’industria del videogioco è ridicola. Soprattutto se si pensa a come queste sedici persone siano diventate il nemico pubblico numero uno di tutto il gaming reazionario non potendo fare un gran cazzo per difendersi da tutto quest’odio.
All’uscita di Alan Wake 2 ha iniziato a circolare con insistenza la voce che Saga Anderson, la co-protagonista del gioco, dovesse in origine essere caucasica come visto in un easter egg di Quantum Break), diventando nera su insistenza di Sweet Baby Inc. A nulla è servita la smentita di Remedy in proposito: chi ha voluto credere a questa fake news c’ha creduto e l’ha utilizzata per alimentare la sua propaganda. È successa la stessa cosa quando si è iniziato a dire che Game Science, lo sviluppatore di Black Myth: Wukong (che bel gioco eh, però c’ha un evidente problema con la rappresentazione della donna) avesse rifiutato di pagare 7 milioni di dollari a Sweet Baby Inc. e di conseguenza stesse subendo ricatti da parte loro.
Tutto smentito, a differenza dell’NDA che Game Science ha imposto ai creator che volevano parlare di Wukong costringendoli ad evitare questioni come il femminismo o la dittatura cinese. Eppure ancora oggi la fake news viene spacciata per fatto assodato.
Ma il problema non è imputabile solo ai limiti del “giornalismo videoludico”, dove l’editore ti sta col fiato sul collo e non hai tempo di verificare quello che pubblichi, anzi se fa rumore meglio perché sono click/like/interazioni gratis. Non si può nemmeno dare tutta la colpa ai profili fascistoidi e ai loro video del cazzo dove si alimenta la narrativa per cui in fondo Sweet Baby Inc. se la sia andata a cercare e anzi, che faccia tosta che c’ha Kim Belair a parlare ancora in pubblico di quanto abbia sofferto nell’ultimo anno e mezzo, proprio quando pensava che ce l’avesse fatta professionalmente parlando.
A fare davvero del male al dibattito sono le posizione agnostiche di chi decide di occuparsi dell’argomento senza prendere posizione.
Nella società di oggi, soprattutto nell’Internet di oggi, decidere di non schierarsi quando non si sa abbastanza di qualcosa è un valore raro. Nel momento in cui però si decide di creare dei contenuti il non prendere le parti della vittima è ingiustificabile. È proprio qui che prosperano gli avvelenatori di pozzi: diventa facilissimo nascondere il proprio disprezzo per gli altri dicendo che “ma no, non sono mica contrario all’inclusione, ma non deve essere forzata”.
Sweet Baby Inc. però non forza nessuno. Viene chiamata dai reparti marketing che si sputano sul cazzo all’idea di poter vidimare alcune caselle del politicamente corretto senza nemmeno sforzarsi. Viene chiamata per dare una mano a chi all’interno del team di sviluppo crede davvero in quello che fa e vorrebbe scrivere una Saga Anderson più credibile, una Angrboda che sfugga agli stereotipi, una quest di Marvel’s Spider-Man 2 dove la disabilità viene raccontata per bene utilizzando quella lingua franca che chiamiamo videogioco.
Sweet Baby Inc. viene chiamata per fare un lavoro che poi preferiamo non discutere nel merito, ma nelle intenzioni, perché l’idea che ad un certo punto i videogiochi smettano di parlare a noi ci fa paura.
E allora sticazzi se continuano a non parlare a tanta altra gente. L’importante è che noi si possa continuare a trastullarci con quella che chiamiamo arte ma per noi non ha più dignità di un giocattolo. Anzi, ormai costa pure meno dei LEGO.
Tanto, a pagare per il nostro ego è sempre qualcun altro.
In tutto questo devo ringraziare, oltre al solito
per la revisione della 93esima Voce della Ribellione, DaveMachine che qualche settimana fa ha spammato sul gruppo dei Patreon l’intervento di Kim Belair allo XOXO Festival 2024.Sono stato malissimo guardandolo. Ci ho egoisticamente rivisto tanto di quello che m’è successo da quando facciamo Gameromancer. Mi piacerebbe che lo guardassi anche tu.
Notizie dal mondo dei giochini
Elon Musk non vuole i pronomi nei giochi fantasy perché non sono plausibili.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
In quei mondi fantastici dove esistono draghi, elfi e qualcuno di questi incel che li gioca è pure riuscito a sposarsi è inammissibile vengano rappresentate persone non binarie. Troppo assurdo. Troppo politico.
D'altronde la politica nei giochini fantasy non c'è mai stata. Mica i Manto della Tempesta di The Elder Scrolls portano avanti le stesse identiche narrative di Umberto Bossi.
E questo è solo un esempio random prendendo il giochino fantasy più venduto degli ultimi 15 anni. Te ne potrei citare una milionata, addirittura andando a prendere quel Giappone che per qualche motivo ti sei convinto sia l'ultimo baluardo contro il woke e il politicamente corretto e invece faceva travestire Cloud da donna già nel 1997.
I mondi fantasy sono praticamente da sempre una gigantesca allegoria di quello che cazzo ci succede nella vita di tutti i giorni.
Ci finiscono le nostre paure, le nostre idee, le nostre critiche ad una società che altrimenti non ci ascolterebbe mai.
Ci finisce quello che siamo, e guarda un po' visto che finalmente chi non si identifica nel suo sesso biologico può essere quello che si sente ci finiscono pure i pronomi.
E se questo ti da fastidio in uno scenario in cui sei Il Sangue di Drago predetto dalle profezie probabilmente è perché ti da fastidio anche una volta spenta la PlayStation.
Si avvicina Sanremo 2025, e già si sente il profumo di KermesseGate.
di Richard “Amaterasu” Sintoni
Un po' come un tot di gente che quest'anno più che mai vorrebbe una certa politica fuori dai videogiochi, pure il nuovo direttore artistico del carrozzone musicale vuole tagliare fuori canzoni riguardanti guerre, immigrazione e "robe da macromondo" dal Festival, in favore di famiglia e rapporti umani.
Forse per evitare nuovamente l'imbarazzo creato da Ghali, che l'anno scorso si era permesso di dire sul palco "stop al genocidio", causando il panico tra le alte sfere con tanto di "ci dissociamo" da parte dell'amministratore delegato del carrozzone Rai.
O forse perché la gente è stanca di sentire parlare di morte, discriminazioni, ingiustizie tutti i giorni. Per quelle bastano i TG, salvo poi fare il tifo per chi con queste cose ci campa.
Il tutto in favore di un micromondo tutto italiano, fatto di fiori e cose belle. Senza guardare al di là del nostro bel recinto di casa, dove la gente soffre tutti i giorni.
Il ritratto perfetto per il nostro paese.
Un'Italia fatta di canzonette, mentre la fuori c'è la morte.
Avete presente quella sensazione di avere costantemente o tutto insieme oppure il niente più totale?
di Davide “Celens” Celentano
Quella classica roba di quando non vedi una scopata per mesi e poi all'improvviso da un giorno all'altro diventi l'oggetto del desiderio.
Ecco, una cosa simile accadrà nel mese blessato dal signore di febbraio '25.
Dopo uno degli anni più insulsi della storia recente del medium videogioco, in cui probabilmente abbiamo passato più tempo a litigare tra di noi che col pad in mano, usciranno nell'arco di due settimane tre titoli che aspetto come la venuta del cristo in terra.
Monster Hunter, che spero finalmente di giocare in una coop decente con gli amici di Gameromancer (a proposito, vi aspettiamo su discord con le armi già affilate), Yakuza che è sempre Yakuza, e Avowed che attendo da quando Obsidian mi ha regalato una delle esperienze più fighe della mia vita con Pentiment.
Lo so cosa state pensando, le scopate spesso si escludono a vicenda mentre i giochi non hanno sentimenti e puoi anche provarli tutti.
Certo, è ovvio, so benissimo che logicamente avete ragione.
E però anche porco il cazzo.
Ma dove mi informo?
Instagram, Tiktok e/o YouTube per le cosine in formato video, se ti basta l’audio basta che segui su Spotify Gameromancer col Rolex. Che sì, è anche il feed dove escono le robe paywallate e uscirà tutta la roba del calendario dell’avvento. Ed è un feed diverso da quello del podcast principale che però se chiami “informazione” vengo lì e ti ammazzo.
Spammini Tattici Nucleari™
Spero sia l’ultimo spammino auto-celebrativo, ma è doveroso un “grazie” a Francesco Paternesi e Luca Marinelli Brambilla (che c’ha due cognomi quindi è borghese) per averci ospitato su
per parlare del libro più contestato della e dalla Game Critic, ovvero B-Human: vite di seconda classe nell’industria dei videogiochi. Che puoi accattarti su Amazon e in libreria.Questa settimana si poteva parlare di conflitto di interessi, cortocircuiti e falchi neri, e lecitamente magari era quello che ti aspettavi. Non l’ho fatto perché penso di aver già detto tutto quello che avevo da dire sull’argomento e al di là del fatto che ripetersi è una palla al cazzo sarebbe stato solo un tentativo di intercettare i clicks e le attenzioni di una bolla auto-riferita che ha smesso di parlare con le persone una vita fa.
La fase “Gameromancer contro i sitini di giochini” è finita una vita fa. Non penso che avrebbe senso un secondo round adesso che gli influencer interpretano sostanzialmente lo stesso ruolo.
I nemici da combattere sono (purtroppo) più grossi, si chiamano Elon Musk e esercitano il loro immenso potere – economico e mediatico – per prendersela con le Sweet baby Inc. della situa. Non penso sia responsabile perdere tempo in queste liti da asilo nido. Di certo non me lo accollo più, devo dimostrare che padroneggio di nuovo lo Z-Targeting dopo anni in cui penso di aver fatto anche io l’errore di dimenticarlo.
Ah sì, un’ultima cosa. Come detto alla fine del primo rolex dell’avvento, occhio che a fine anno torna Indiependenza.
E se ci riesce di incastrare Andrea Porta, stappiamo pure una Ribolla di Palle.
Bel discorso, però hai nominato Andrea Porta alla fine.....
Resto in attesa adesso!