Se ami i videogiochi al referendum vota sì
Te pare che gli autori di B-Human potevano non parlare del referendum dell'8 e 9 giugno?
L’atto di creare è intrinsecamente politico.
Quando crei c’è uno scopo, una motivazione, un messaggio che vuoi veicolare. Non è necessariamente uno scopo alto, vale anche una roba del tipo “la vita fa schifo e voglio alleggerirla un po’”. Però se rileggi la frase tra virgolette ti rendi conto che anche quella è politica, perché la necessità di escapismo parte dal presupposto che ci sia qualcosa da cui scappare.
Se l’atto di creare è intrinsecamente politico allora la pretesa di tenere fuori la politica dalle cose che creiamo è ridicola.
Ci sarà sempre qualche pifferaio magico democristiano che prenderà la posizione più neutrale perché è più comoda, non perdi iscritti e non diventi scomodo per quei PR che nomini esplicitamente solo quando vuoi dirgli di smettere di servire Everyeye perché il vero professionista sei te (è una mossa politica pure questa. Gli adulti la chiamano “campagna elettorale”).
Negli anni per fortuna su Gameromancer ci siamo costruiti il privilegio di poter ignorare ogni tipo di metrica e ogni sorta di consorteria. E quindi oggi posso dirti di votare sì l’8 e il 9 giugno, perché al massimo che puoi farmi? Ti disiscrivi? Levi il follow? Insulti nei commenti? Che paura…
[podcast] Processo a The Witcher 3
The Witcher 3 usciva esattamente 10 anni fa e non sembra minimamente così vecchio.
Merito del gioco? Fino ad una certa. CD Projekt con il suo terzo videogioco ha tirato fuori quello che è de facto diventato il template con cui si fanno ancora oggi i Tripla-A single player. Ma questo vuol dire che 9 Tripla-A single player su 10 che abbiamo giocato nell'ultima decade non si sono inventati un cazzo.
Qualcuno ha provato a copiare i compiti cambiando qualcosa (tipo, Horizon Zero Dawn inventandosi i cyber-dinosauri o Ghost of Tsushima spingendo forte sul combat con le spade), ma per il resto l'industria dei grandi si è abbastanza accontentata di rifare The Witcher 3 e bella lì, tanto era più che sufficiente per vendere 20 milioni di copie di un Assassin's Creed a caso.
Non se ne può fare una colpa a CD Projekt Red. Dopotutto non stiamo parlando di Cyberpunk 2077.
Però è successa più o meno la stessa cosa accaduta nel 1993 quando dopo l'uscita di Doom tutto era a sua immagine e somiglianza, e solo nel '98 con Half Life l'industria ne è uscita.
Con la differenza che oggi Valve di Half Life non ne pubblica più, e non è arrivato nessuno a spezzare il loop a cui c'ha condannato Geralt di Rivia.
[extra] Non accettare Caramelle Rare dagli sconosciuti
Ho incastrato un redivivo Francesco Alteri per parlare del giochino di carte dei Pokémon che ci ha fatto finire sotto a tutti e due. Ne è uscito un inutile Gameromancer col Rolex buono per rubarti mezz'ora di tempo.
Ma che cos’è Gameromancer col Rolex? Sono dei mini-podcast che vengono pubblicati su Patreon solo per la gente che tira fuori la fresca. Sono inclusi tutti nella tier da 5€ al mese (per cui è attivabile anche una trial gratuita di una settimana).
Ogni tanto qualcuno viene messo a disposizione anche di chi è iscritto ma non paga o della tier da 1€, quella più importante perchè ti permette di entrare nel gruppo Telegram privato Adotta un DAMS a distanza.
[segamentale] Be Human e vedi di votare
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Se ami i videogiochi al referendum dell'8 e 9 giugno dovresti votare sì.
Dovresti votare sì perché sai benissimo quanto pesa un licenziamento "illegittimo", anche se nei videogiochi spesso questa illegittimità è più morale che legale.
Ma quanto sarebbe migliore il settore dei videogiochi se non si potesse lasciare gente a casa solo per permettere al Bobby Kotick di turno di incassare un bel bonus per i costi tagliati?
Dovresti votare sì perché succedono stronzate anche nelle "piccole imprese" del videogioco.
Mountains, lo studio "indie" fondato da Ken Wong che ha partorito una cosa delicata come Florence, è finito malissimo proprio perché Ken Wong si è rivelato essere un pezzo di merda manipolatore. Ma ti potrei raccontare un bel po’ di merda successa durante lo sviluppo dell’italianissimo Enotria, tipo i tentativi da parte del CEO di Jyamma Games di far sparire per sempre il nome di chi stava dirigendo il gioco mandando cease and desist a destra e a manca.
Solo che auguri a far togliere interventi da Radio Deejay.
Dovresti votare sì perché anche nei videogiochi i contratti a termine fanno danni, perché sì ok l'industria ha sempre bisogno di nuove vittime sacrificali e quindi è facile reinserirsi, ma il doverlo fare a cadenze assurde impedisce a chi fa videogiochi di avere stabilità.
Ah, e dovresti votare sì anche al quesito sul dimezzamento dei tempi per avere la cittadinanza italiana.
Perché il nostro Paese fa schifo, ma abbiamo un po' più di tutele sul lavoro e una sanità circa pubblica.
E se i videogiochi non ti hanno insegnato a condividere allora non hai capito un cazzo di quello che hai giocato.
Se vuoi approfondire il lato oscuro dell’industria dei giochini e scoprire quanto costano i vari GTA non tanto in miliardi di dollari, ma in migliaia di vite umane, ci abbiamo scritto un libro. Si chiama B-Human: vite di seconda classe nell’industria dei videogiochi e lo trovi un po’ dappertutto, nonostante la Game Critique abbia provato a boicottarlo in tutti i modi possibili. Linkino ad Amazon.
Notizie dal fronte videoludico
Fatal Fury come la Juve: Cristiano Ronaldo non serve a vincere
di Richard “Amalaterasu” Sintoni
Le vendite di Fatal Fury: City of the Wolves sono come la Champions League alla Juventus: Cristiano Ronaldo non è servito a un cazzo per portarle a casa.
O almeno è servito a chiedersi quanto possa smuovere le vendite di un giochino far indossare la maglietta da combattimento a un personaggio famoso per inserirlo nel roster.
Specie se il giochino in questione è quello finanziato forte dal principe saudita che possiede il 96% di SNK.
Che col marketing ci sono andati pesantissimi, tanto da portare la pubblicità di Fatal Fury persino a WrestleMania 41.
Risultati dopo le prime due settimane: decisamente sotto le aspettative. Così sotto che Kenji Matsubara, CEO di SNK dal 2021, ha deciso di rassegnare le dimissioni e "declassarsi" alla consulenza.
Per farla breve, a pagare il conto per le grosse spese del padrone ci è finito nuovamente chi cerca di gestire la baracca e che ad una certa si trova con le mani legate. Tanto che viene pure da chiedersi quali fossero le aspettative di vendita di Fatal Fury in un mercato dove ci sono già colossi come Street Fighter e Tekken.
E soprattutto quanto sia disposta la gente a continuare a dare soldi a una fondazione che sulla carta si dichiara no profit, ma dall'altra risiede in un posto dove se non nasci uomo hai gli stessi diritti umani di unə schiavə ai tempi dei faraoni.
Anzi, pure meno a dirla tutta.
Quanto è difficile lasciar andare
di Igno
Nonostante i lutti che ho vissuto, metaforici e non, ancora faccio fatica.
E di questa fatica parla anche Clair Obscur, che in realtà tratta di ogni tipo di lutto, ogni tipo di morte. E ogni sua sfumatura.
Dal conto alla rovescia, che come una malattia terminale incombe sulla città di Lumiére, al lutto romantico di una relazione che finisce nel silenzio.
E ogni personaggio vive intimamente il suo cordoglio, a volte lo incarna. C'è chi è strozzato dalla depressione, chi è arroccato nella rabbia, chi scommette sul folle azzardo del patteggiamento e chi è ancora dilaniato dalla negazione. Perché quando di una persona resta solo la sua memoria, niente fa più paura di un ricordo.
Ma c'è anche chi, arrivato all'accettazione, prova ad andare avanti.
Chi ha imparato a lasciare andare. Che non vuol dire dimenticare ma avere la forza di ricordare.
Io quella forza oggi non ce l'ho. Però, c'è sempre domani.
Ho bisogno di credere nei miei finali
di Richard “Amaterasu” Sintoni
Ne ho disperato bisogno ogni volta, quasi che se un videogioco me ne propone diversi spesso devo impormi di non guardare gli altri dal mio su YouTube.
Ne ho bisogno perché sono l'eroe di quelle storie, sono il protagonista che deve fare ciò che è meglio per tutto il mondo e sia mai che mi sbagli. Vuoi perché mi piacciono gli happy ending o vuoi perché sti cazzo di canoni della perfezione hanno avvelenato un pezzo della mia generazione e tutta quella dopo.
O forse ne ho bisogno perché nella mia vita di stronzate ne ho fatte davvero tantissime e per quelle purtroppo non c'è rimedio. Non ho né il ricarica dal salvataggio precedente né i poteri di Max Caulfield, e con le conseguenze delle mie azioni ci devo fare i conti ogni singolo giorno. Dicono che si chiami "essere adulti" e che convivere coi propri fallimenti faccia parte del pacchetto base. Per quello Premium con chi ti risolve i casini compreso nel prezzo bisogna avere il sangue blu e l'avvocatə bravə.
Forse non è che ne ho proprio tutto sto bisogno di "credere" nei miei finali, ma è più facile raccontarmela così. È più facile pensare di avere ragione senza se e senza ma, di avere la verità in tasca.
Almeno di facciata. Almeno per i miei avatar digitali. Da questa parte dello schermo lasciatemi i miei dubbi esistenziali e le mie fragilità. Pure i sensi di colpa.
Sia mai che magari imparo qualcosa.
Dove rimango aggiornato?
Metti un follow su Instagram, Tiktok e/o YouTube. Escono dai 3 ai 5 contenuti la settimana, tendenzialmente la mattina alle 9:00 (se Zuckerberg non fa scherzi costringendomi a pubblicare a manina).
A differenza di qualunque altro progetto di giochini che deve essere ossessivamente presente dappertutto gli unici contenuti che produciamo sono questi, una puntata del podcast alla settimana (salvo qualche occasionale extra) e questa newsletter.
[spammini] A Video About Digging A Hole
Ho puntato A Game About Digging A Hole mesi fa, a memoria perché ne aveva parlato
qui su Substack. L’ho comprato subito dopo aver visto un po’ di video in giro perché ha lo stesso gameplay loop di Steamworld Dig e beh, Steamworld Dig è stata una delle cose che mi ha dato più dipendenza negli ultimi anniOvviamente devo ancora giocarci. Però su Steam c’ha tipo 13mila recensioni e l’89% di queste sono positive. Giuro che entro il prossimo cestone indie del podcast lo gioco e se ne parla per bene.
Ne “I pirati di Silicon Valley” ad un certo punto Noah Wyle, che nel film interpreta Steve Jobs, dice una cosa di una potenza spaventosa. Perché arruolarsi in marina se puoi essere un pirata?
È un pensiero che a posteriori credo di poter dire abbia iniziato a vivere nel mio cervello senza pagare l’affitto. Parte del motivo probabilmente è anche il fatto che il mio vecchio abbia indossato per anni una divisa, e anche se non era quella della marina l’educazione che ha provato (e fallito) a impartirmi ci assomigliava tantissimo.
Per essere un pirata il requisito fondamentale è la libertà. Se non sei davvero libero e sei al soldo di qualcuno puoi al massimo ambire ad essere un corsaro. E a fare le sponsorizzate per Corsair.
La bolla dei giochini si sta riempiendo molto velocemente di corsari, perché la narrativa per cui dici le cose pane al pane e non hai padroni funziona un sacco – il motivo per cui i copy di Gameromancer sono così fichi è perché ci possiamo permettere tagline tipo “Join the Rebellion” o “Sborra chi molla” – e in fondo nell’uso colloquiale “pirata” e “corsaro” sono diventati sinonimi, quella lettera di corsa del governo che ti autorizza ad affondare le navi degli altri sembra solo una sfumatura.
Però non è una sfumatura.
Credo che faccia tutta la differenza del mondo. Molto più di quando a questo gioco giocavano solo la Marina (cioè il “giornalismo videoludico”) e i pochissimi pirati davvero indie e davvero liberi.
Ti diranno che per essere davvero indie e davvero libero devi rinunciare al professionismo. Che allora puoi parlare di giochini solo a livello hobbistico, perché non hai gli accessi in anteprima, i contatti di prima mano, la validazione che ti danno i PR delle major.
Sono tutte cazzate.
Chi sostiene di fare questo lavoro in modo professionistico spende molto più delle 8 che spendo io nel mio lavoro vero in cose che con la professione non hanno per un cazzo a che fare. Deve seguire i trend, rispettare gli NDA, evitare l’ennesima crisi di nervi quando viene leakato qualcosa su GTA VI e ci perdi gli hype train delle dirette.
Chi sostiene di fare questo lavoro in modo professionistico ha barattato la sua libertà. E non do un giudizio di merito in questo.
Però non posso che chiedermi perché fare il corsaro se puoi essere un pirata.
Caraibi, 1700. La piccola Elizabeth Swann è imbarcata sulla HMS Dauntless, e durante il viaggio avvista un giovane svenuto su una zattera. Mentre il ragazzo viene soccorso, una nave dalle vele nere piene di errori grammaticali si allontana tra la nebbia.
Io immaginavo da una vita che Garou non vendesse una cippa: nel 2025 è impensabile trattare Fatal Fury come un'IP di richiamo, perlomeno in occidente.
Anche perché sin dalle prime immagini ho avuto la sensazione, poi confermata da Ganacci e Ronaldo personaggi giocabili, che fosse un gioco commissionato da sceicchi per sceicchi che cercano di esercitare un soft Power "simil nipponico" per accaparrarsi le simpatie del mondo.
Ma Garou non è la cioccolata col katahifi (non ho controllato come si scrive, scusate), è un gioco iper tecnico che strizza l'occhio alla vecchia guardia da una parte, dall'altra al dodicenne impazzito per Ronaldo: un'operazione senza un target preciso che rimane lì, in un limbo di giochi che forse riscopriremo tra 20 anni per dire "oh, ma sai che apparte Ganacci e Ronaldo il gioco non fa così schifo?"
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Su Clair Obscur sarebbe bello parlarne liberamente e senza spoiler tra un po' di tempo, perché c'è tanto da dire, magari senza rigiocarlo o guardare video altrui, proprio per vedere quanto e se ci sia entrato tanto sottopelle da poterlo considerare uno dei "nostri" giochi, quelli che ti porterai dietro fino alla tomba e a cui pensi nei momenti più improbabili.
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E si, tocca andare a votare.
Per quanto riguarda l'indipendenza che dire... Condivido in pieno: secondo me ormai quello che la "macchina dell'editoria" -- ma anche quella dell'influencing -- ha nascosto sotto il tavolino sta emergendo.
Le persone iniziano a perdere fiducia e c'è bisogno di un momento di deinfluenfing, di una nuova ondata di onestà e genuinità che viene dal basso.
Io non penso che il successo di, che ne so, Chia Valentine sia avvenuto a caso è che c'è bisogno di persone genuine che parlano di videogiochi che gli piacciono sul serio, anche magari dicendo qualche inesattezza.
Insomma: oggi forse il pubblico non vuole essere indirizzato, ma vuole ascoltare altre persone che reputano interessanti.
Forse anche il successo di Clair Obscur (che, stando a qualcuno, ha fatto molto successo anche per il passaparola) è sintomatico di questo, non saprei.
Magari è un volo pindarico.