Perché è così difficile parlare di difficoltà senza sembrare Salvini?
GIURO che NON si parla di Elden Ring. Se non in modo tangenziale
Se non hai vissuto sotto un sasso nelle scorse due settimane (e nel caso hai tutta la mia invidia) sai che la polemichetta che ha tenuto banco era “ma il DLC di Elden Ring è troppo difficile?”. Come ad ogni uscita di un soulslike vagamente di rilievo torna in auge la faida tra chi vorrebbe che ci fosse sempre il selettore della difficoltà e chi invece dice che no, dipende da cosa vuole comunicare il gioco, facendone una questione di autorialità. Che poi è la fazione che sposo io, per la cronaca.
Solo che indovina un po’? Quello dell’autorialità è solo l’ennesimo paravento per fare gatekeeping.
Lo ha dimostrato benissimo Bioware questa settimana, con quello che probabilmente è il momento di attenzione mediatica più alto che toccherà a Dragon Age: The Veilguard.
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Trivia: cosa sono gli SlayTheInspired?
È un’etichetta del cazzo inventata dal giornalismo dei giochini per identificare i cloni di Slay The Spire, protagonista tutt’oggi di una gigantesca bolla all’interno del game dev (leggasi: escono giochi ispirati a Slay The Spire a profusione). Indovina di che parla il podcast videoludicamente scorretto questa settimana?
L’etichetta è del cazzo esattamente come tutte le etichette di questo tipo che settano un contesto dai confini poco chiari, un po’ come con “soulslike” che non si capisce mai se un gioco ci rientra o no (e infatti qualcuno ci mette pure Stellar Blade). E in realtà posso dire che l’ha coniata il giornalismo dei giochini solo perché l’ho inserita per il LOL in uno speciale su The Games Machine.
Il crepuscolo degli DEI
Corinne Busche, Game Director di Dragon Age: The Veilguard, ha parlato su Game Informer delle difficoltà che Bioware sta inserendo nel gioco. Di base le opzioni da questo punto di vista saranno tre: Storyteller (la più facile), Adventurer e Nightmare. Selezionando Nightmare (che è abbastanza chiaramente il livello più alto) la scelta sarà tra l’altro permanente, laddove gli altri due livelli permettono di switchare difficoltà dalle opzioni.
Oltre ai livelli base Veilguard ne avrà un altro, denominato Unbound (“non vincolato”, tradotto alla buona). Giocando ad Unbound si può sostanzialmente personalizzare l’esperienza di gioco settando diversi aspetti: aim assist e auto-aim, la tolleranza della finestra di parry sui nemici, la loro quantità di salute e il danno che il giocatore può fargli. Ma quello che sta facendo discutere è la presenza di una voce che permette di disabilitare la morte in-game, rendendo impossibile il game over. La motivazione data da Busche è molto semplice: è un’opzione che permette a giocatorə di ogni abilità di potersi avvicinare a Veilguard. È Bioware stessa che parlandone con Game Informer puntualizza che nessuna di queste opzioni è un cheat, come a dire che non vali di meno se decidi di giocare così.
Questo pensiero è ovviamente atroce… Per chi è convinto che se giochi Elden Ring usando le evocazioni sei un baro di merda e/o vota Lega.
Prevengo subito l’accusa di infilare dentro la politica in questo ragionamento a caso. No.
Buona parte di quello che sta succedendo in queste ore ha molto in comune con le ideologie che l’alt right sta sperimentando con successo dal 2014 (anno del Gamergate) a questa parte. Nello specifico una parte del dibattito parte dall’assunto che la modalità Unbound sarà poi il casus belli che permetterà ai senzamani di pretendere che modalità simili vengano inserite in tutti i videogiochi, cambiando per sempre il medium in peggio e togliendoceli dalle mani. È la stessa tattica dialettica che ha permesso alle destre di creare facili consensi nell’ultima decade: si cerca un nemico e lo si accusa di essere causa dei nostri problemi, agitando uno spauracchio che nella realtà non esiste ma diventa reale ogni volta che mette radici nelle nostre teste. Trump prometteva di rendere l’America di nuovo grande costruendo un muro che avrebbe fatto pagare ai messicani. Salvini si è trincerato dietro il motto “aiutiamoli a casa loro” e allo slogan dei porti chiusi. Il Gamergate accusava la lobby gay di complottare per togliere la fregna dai videogiochi per sostituirla con tematiche da fr*ci come la depressione.
In tutti e tre i casi abbiamo una minoranza che per qualche motivo viene ritenuta abbastanza forte (nonostante sia appunto una minoranza) da rovinare per sempre tutto, non fa differenza se si tratta dell’economia di un Paese o di semplici videogiochi. In tutti e tre i casi queste narrative funzionano.
Trump (che al Gamergate è legato a doppia mandata) è arrivato alla Casa Bianca e probabilmente ci tornerà pure nonostante un tentato golpe alle spalle. La destra in Italia è stata protagonista degli ultimi governi, appropriandosi pure per fini elettorali di tantissima della nostra cultura – ricordi Giorgia Meloni in cosplay da Daenerys Targaryen che fa proprio quel discorso sulla liberazione degli schiavi? Il Gamergate e le sue ideologie tornano fuori ciclicamente: nel 2020 il nemico era The Last of Us Parte II, ma da lì c’è stata una escalation che evocando l’idea di una dittatura del politicamente corretto ha portato a vere e proprie campagne d’odio. Qualche esempio? John Garvin (director di Days Gone) che accusa i giornalisti troppo woke di aver fatto fallire il suo gioco – che spoiler: no, era semplicemente un gioco mediocre. La campagna di meme su Aloy grassa. Le polemiche dietro ai bagni unisex e all’imbruttimento dei personaggi femminili nel remake di Dead Space. La polemica attorno alla protagonista del prossimo Fable “troppo cessa” e l’ultima moda del momento, quella di dare la colpa di tutti i mali al DEI (diversity, equity and inclusion) e a società come Sweet Baby Inc. accusate di costringere gli studi di sviluppo a ricorrere alle loro consulenze.
Sul DEI tocca tornare tra poco, perché Corinne Busche osa non solo essere donna, ma essere dalla parte dei diritti delle persone trans. E quindi la polemica sulla difficoltà è diventata politica (cioè, se per “essere politici” non basta il voler preservare il privilegio di definirsi very giocatory).
La cosa veramente ridicola è che nemmeno una settimana fa si difendeva tutta la produzione From Software spiegando (e a ragione) che inserire un selettore della difficoltà nei Souls sarebbe sovrascrivere una chiara decisione autoriale dello studio, che usa la difficoltà in-game – che è improprio definire così, ma rimando ad una vecchia SegaMentale – per veicolare il suo messaggio. Lo stesso diritto all’autorialità però nel caso di Corinne Busche e Dragon Age: The Veilguard viene meno.
Bioware non deve rendere Dragon Age più accessibile. Deve rimanere qualcosa per pochi, l’idea che possa giocarci gente non abbastanza degna rovina l’esperienza di gioco anche di quelle persone che decidono di settare la difficoltà a Nightmare, perché se chiunque può giocare allora chiunque può partecipare al dibattito. Nella realtà invece non cambia un gran cazzo: se Bioware vuole che Veilguard sia giocabile da più persone possibili la scelta va rispettata. A prescindere dalle cause di questa scelta, che è molto difficile che dipendano dal DEI e dalla dittatura del politicamente corretto. Cristo, stiamo parlando di Electronic Arts, quelli che se Satana facesse videogiochi loro sgomiterebbero per fare il publisher.
È solo una semplice e fottuta questione di soldi, perché se tuttə possono giocarlo allora tuttə possono comprarlo.
Allo stesso modo è una questione di soldi quando nel remake di Dead Space ci sono i cessi misti o in Horizon la protagonista non si presta al male gaze. Non dubito che chi scrive e sviluppa personaggi che rappresentano quelle istanze ci creda – per esperienza personale ad esporti così mangi un sacco di merda, nessuno fa il femminista con la speranza di scopare, troppa sbatta –, ma l’executive che dà l’ok quando fino a ieri l’altro non voleva donne sulla copertina perché abbassano le vendite lo fa proprio perché adesso pensa che le alzino. E tutte queste polemiche gli fanno gioco, perché così il suo prodotto diventa trending sui vari social e qualche imbecille magari lo scopre così e se lo compra pure. Tutto a costo zero, se si esclude il fatto che si sta sfasciando la società in modo sempre più violento.
Perché sì, per ogni fascio di merda che fa schifo scrivendo a mezzo social che Corinne Bushe è stata messa a dirigere il prossimo Dragon Age solo perché è mezza-lella e non ha reali competenze c’è il suo uguale e contrario. Ovvero un rossobruno che ha esagerato dall’altra parte, andando a polarizzare sempre di più il discorso rendendo sostanzialmente impossibile l’opzione del dialogo, l’unica che potrebbe salvarci tuttə. Nessun cambiamento definitivo nella società è stato ottenuto senza dialogo. È importante anche il ruolo della violenza, e senza morti purtroppo non si può fare nessuna rivoluzione. Ma quando la conta dei cadaveri sale sopra una certa soglia che si fa?
È combattere anche mettersi li e provare a spiegare che il DEI non toglie nulla, semmai aggiunge. Che nel 2024 è impossibile che un certo di tipo di videogioco sparisca. È impossibile che sparisca qualunque tipo di videogioco, perché ci sarà sempre qualche sviluppatore indie in qualche sottoscala del cazzo che penserà che sia una buona idea sviluppare qualcosa anche se non ha mercato. L’indie ha ridato vita pure al cazzo di Commodore 64: avere paura che possano sparire i giochini difficili o che Elden Ring 2 c’abbia la easy mode e quindi rovini per sempre anche il primo Elden Ring non è un pensiero razionale. E nell’irrazionalità prospera la destra, quel sonno della ragione che genera Marine Le Pen e la carrya fino al 33% dei consensi.
Le idee di destra funzionano perché veicolano concetti semplici e che ci assolvono dalle nostre responsabilità. Non siamo noi che abbiamo fottuto il Paese votando a cazzo di cane da Mani Pulite in poi, è colpa dei barconi pieni di stranieri. E queste idee funzionano ancora di più se tutto quello che fa l’altra parte è darti la colpa perché non sei mai abbastanza, fai tanto l’ally ma poi ti sei giocato Hogwarts Legacy e t’è piaciuto pure a ‘nfame.
Questo rende il provare a spiegare qualcosa sempre più impossibile. Anche perché spiegare richiede un sacco di parole, il discorso che ho appena fatto non sta nei 90 secondi di un reel o nelle poche righe di un meme. E il risultato è che ormai tutto quello che siamo in grado di produrre è rabbia, da una parte e dall’altra.
E la rabbia serve, ma deve essere indirizzata dalla ragione.
Altrimenti finisci per ritrovarti con il Presidente del Consiglio nel baule della tua Renault senza sapere che cazzo farne.
Per il titolino scemo dell’approfondimento di questa settimana (e per diverse altre cose) va ringraziato Filo. Puoi togliere l’uomo da Gameromancer ma non Gameromancer dall’uomo, o almeno presumo.
Ah, e chiaramente ‘sta merda è come sempre revisionata da un
ngiustament caporalato.
Sapete cosa mi sta piacendo di Tunic? Che ad ogni mezzo progresso mi fa sentire un coglione.
di Richard “Amaterasu” Sintoni
Ok forse non è la migliore delle introduzioni, ma datemi un secondo per spiegare eh?
Quanti altri giochi possono vantare un level design così intricato ma pure intuitivo? Roba che davvero mi sarebbe bastato rifletterci un attimo in più per trovare quel passaggio dietro la cascata che mi ha consentito di avanzare.
Era dai tempi di Dark Souls 2 che con tutte le maledizioni che gli ho tirato dietro non mi prendevo del tempo per godermi delle interconnessioni così fini tra le varie zone. Con tutto che su Tunic le shortcut sono pure messe meglio rispetto al titolo From.
Si Carro del Boia, sto parlando con te e col tuo ponte di merda.
Un po' mi fa rabbia girare a vuoto per delle ore per poi capire come avanzare, ma non posso prendermela con nessunə che non sia me stesso mentre controllo 'sta volpetta che non capisco come sia possibile il design non abbia fatto scattare lo studio legale di Nintendo.
Anche perché parliamoci chiaro: in Tunic il libretto delle istruzioni il gioco te lo fornisce.
Certo, te lo devi riassemblare raccogliendone i pezzi. Ma a differenza dei titoli nuovi qui c'è.
Ma quand'è che facciamo giocare roba come Valiant Hearts a scuola?
di Davide “Celens” Celentano
I videogiochi sarebbero utilissimi come metodo educativo in qualsiasi contesto, figurarsi nel nostro derelitto sistema scolastico dove siamo ancora fermi a imparare le date e gli eventi a memoria salvo poi svuotare la RAM due minuti dopo il compito in classe.
Valiant Hearts parla della guerra raccontando le vite di persone che l'hanno vissuta e facendoti capire com'era davvero. Tutt'altra cosa rispetto a leggere nozioni asettiche su pagine asettiche di un libro asettico non avendo la più pallida idea del perché lo si stia facendo.
Inserire ufficialmente metodologie del genere sarebbe una figata, investendo poi a livello statale su software house per fargli sviluppare titoli appositi, che non siano la solita palla al cazzo che semplicemente è come ascoltare l'ennesima noiosissima lezione, solo attraverso un insegnante poligonale.
Aiuterebbe anche i giovanissimi ad avere un approccio più sano al mondo del videogioco, accompagnandoli per mano e non abbandonandoli a sé stessi senza punti di riferimento nella giungla di Fortnite e Ultimate Team.
Ma questa è tutta utopia. La triste realtà è che saremo costretti a imparare a memoria le poesie al fronte di Ungaretti continuando a non capirci una mazza.
Nessuno ha mai criticato un libro perché lo leggi una volta sola.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Non ci serve nessuna ricompensa per rileggere un libro o riguardare un film. Con la musica è pure peggio, perché ascoltiamo in heavy rotation le stesse tracce da anni fottendocene pure alla grande di quanto Spotify paghi gli artisti una merda.
E allora perché i videogiochi devono essere "rigiocabili"?
Perché questa menata fa punti nelle recensioni, se poi solo tipo il 30% di chi avvia un gioco arriva fino ai titoli di coda e quindi immagina quanta gente si ammazza di New Game Plus?
Quello che dovrebbe essere importante è l'esperienza di gioco. Ho giocato Shadow of the Colossus una sola volta. Quell'unica volta mi è bastata perché mi rimanesse dentro a vita, e oggi ne parlo ancora come uno di quei videogiochi che ha cambiato il mio modo di intenderli.
Shadow of the Colossus un replay value ce l'ha pure, perché ci sono le sfide a tempo e tutte quelle altre stronzate, ma cosa aggiungono alla tragedia di Wander? In che modo mi impediranno di fare il suo stesso errore, cioè sacrificare tutto quello che mi resta per strappare la mia Mono ad un posto dove ormai nulla può più farle del male?
Nessuno ha mai criticato un libro perché lo leggi una volta sola. Nessuno ha mai preteso che Casablanca offrisse più dei suoi 102 minuti.
Per quale motivo dovrei rompere i coglioni a Ueda allora?
Se vuoi fruire di questi testi in 3D, tendenzialmente vengono pubblicati nel corso della settimana come Reel su Instgram e perfino su TikTok. Mollare un follow è cosa gradita. Recupero dall’archivio una cosina che ha girato poco ma di cui sono segretamente molto fiero:
Spammini Tattici Nucleari™
Colpevolmente la scorsa settimana non ho sponsorizzato l’uscita di
che parla di quanto cazzo stiamo a fa vecchiə. Merita molto.I più forti di tutti, People Make Games, hanno parlato dei licenziamenti nell’industria dei giochini. Se non segui PMG sei un po’ una merda.
A proposito di video, noi dovevam parlare di divertimento qualche podcast fa. LevelArt l’ha fatto senza prendersi denunce.
Ho beccato su Wired questo pezzo che parla del collasso di Chiara Ferragni che in realtà ha molti concetti che sono trasversali a cosa sta succedendo all’influencing nei videogiochi. Se ne parlava pure qualche Voce della Ribellione™ fa.
L'epoca degli influencer è davvero finita?
Qualcosa sta cambiando nella pianificazione pubblicitaria online delle aziende, complici l'esplosione di TikTok e e delle sue logiche nuove, alcuni casi mediatici e un cambiamento di strategie.
Leggi su Wired →
Non ultimo, io e quella merda di Stefano Calzati ci siamo cimentati in un altro esperimento audio: lui doveva fare una monografia di Paper Mario ma je pesava il culo, quindi mi ha costretto a fare da Maestro di Cerimonia. Se ascolti e vuoi mollare un feedback, commenta pure su Spotify o su Telegram usando l’emoticon consigliata a fine episodio.
Scrivendo questa newsletter ho realizzato che sono passati 10 anni dal Gamergate.
Ho realizzato soprattutto che l’abbiamo perso. Tempo fa avrei detto che lo si perso perché ci siam girati dall’altra parte, non se ne è parlato abbastanza e il risultato è stato che l’unica voce a fare proselitismo tra le masse di indecisi era quella sbagliata. Oggi penso che forse fosse sbagliata anche la nostra voce. No, più che sbagliata forse l’espressione corretta è “non sufficiente”. Sto scendendo a patti con l’idea che in una società dove tutti urlano l’unico modo che hai per farti sentire è urlare anche tu, ma dopo le urla deve esserci qualcuno o qualcosa che è in grado di spiegarle, quelle grida.
Il problema è che non so fino a che punto oggi sia ancora possibile spiegare qualcosa. Siamo così abituati alle urla che tutto il resto sembra non esistere più. Forse sbaglio pure io quando esprimendo concetti come quello qui sopra parlo di “destra” e “sinistra” semplificando le cose. Forse le parole le ha davvero inventato qualche stronzo coi soldi per tenerci divisi, e finché non troveremo una forma di comunicazione più efficiente siamo inevitabilmente fottuti.
Alla fine vedi se non tocca dare ragione ad Alteri e alla sua idea di isole sociali, e il meglio che puoi fare è costruirti con fatica la tua trovando l’equilibrio giusto tra chi far entrare e chi tenere fuori. A noi per qualche motivo è riuscito abbastanza bene, c’abbiamo 57 Patron e 32 pagano pure. Se sei tra questi, grazie. Se non lo sei, clicca qui.
Se sei arrivato qui in fondo e hai ancora voglia di provare a costruire un dialogo, c’è Telegram. I social una volta erano un posto per la discussione, ora ci mungi interazioni e speri che qualche stronzo clicchi sul link del gruppo.
La cosa che mi piace di più di valiant hearts è che è ambientato nella prima guerra mondiale, perchè ormai la gente ricorda solo quella ( più che altro perché proprio in quel periodo sono avvenute le tragedie più famose della storia, tranne la fondazione di Multiplayer e Everyeye)
EVVIVA è arrivata la puntata sui cloni di slay the spire
P.s: me lo sono comprato è mi piace molto. No non un tipo da rougelike ma slay the spire mi ha proprio conquistato