Assassin's Creed Schwadows
L'Assassin's Creed woke del pantone sbagliato è uscito, e senza troppa sorpresa viene fuori che quelli sbagliati siamo noi gamers
Eh ma Yasuke è troppo abbronzato per il Giappone Feudale. Eh ma Naoe è lella, quell’altro è bi e a una certa fa pure un’interracial e insomma Ubiwoke c’ha rotto il cazzo. E per dimostrare il nostro dissenso vale tutto, incluse le molestie online – però oh, che merde quellə che stanno spaccando le Tesla di privati cittadini in giro solo perché non sono d’accordo con Elon Musk.
Esce il nuovo Assassin’s Creed e l’Internet, come succede da troppo a questa parte, va fuori controllo. E ci costringe a trasformare La Voce della Ribellione in quella della ragione, perché a fare le spese di tutto questo alla fine non è certo Guillemot e non sono certo gli alti papaveri, ma quella stessa povera gente che da ottobre ha iniziato un braccio di ferro sindacale con Ubisoft.
Si parla ancora di vite di seconda classe nell’industria dei videogiochi. E non lo si fa per venderti copie di un libro che comunque ti farebbe meno male del manuale di critica videoludica scritto da chi organizza corsi di giornalismo videoludico per fottere la gente. È una di quelle settimane dove i podcastini vengono dopo, perché la cosa importante di questo lunedì nero è che proviamo a renderlo meno nero assieme parlando di quelle che dovrebbero essere le cose veramente importanti.
Per i giochini c’è sempre tempo dopo la coscienza di classe.
[segamentale] I gamer peggio dell’Abstergo
di Richard “Amaterasu” Sintoni
L'uscita di Assassin's Creed Shadows ci ha dimostrato che oramai la tossicità su internet è canonica.
Nella settimana antecedente al lancio del suo nuovo titolo, Ubisoft ha assunto un team di consulenza legale e psicologica, per tutelare la sua forza lavoro dall'harrasment che si sa già sarà costretta a subire.
Quanto cazzo abbiamo fallito come esseri umani se si è raggiunto questo livello? Siamo davvero così prevedibili nel nostro essere delle bestie da odio?
Si, la risposta è si.
Perché oramai la nostra attualità è talmente pregna di storie come quelle di Zoe Quinn, di Alanah Pearce o di Matt Hansem che non importa da dove esca un giochino, si cammina già sui gusci d'uovo dalla paura dei fasci da tastiera.
E a farne le spese sono sempre le solite persone, quelle che stanno dietro una tastiera a spaccarsi il culo per fornirci l'intrattenimento. Mica la dirigenza che mette in vendita una statuetta da collezione con il Torii da una gamba (direttamente dal bombardamento atomico del '45) che da sola riesce a dimostrare quanto non gliene freghi un cazzo dell'accuratezza storica o della decenza…
Piccolo flashback su di che cosa si tratta: a fine settembre 2024 PureArts mette in preorder una statuetta da collezione raffigurante Yasuke e Naoe, con la seconda appollaiata su un Torii da una gamba sola.
Quel Torii esiste IRL, si trova a Nagasaki ed è una delle poche strutture che si sono salvate dall’atomica del 9 agosto del 1945. Per il popolo giapponese è un luogo sacro, in quanto rappresenta la sua forza e la sua resistenza alle tragedie come quella consumatasi li alla fine della seconda guerra mondiale. Non la migliore delle mosse commercializzarlo in una statuetta da collezione insomma.
Flash forward alla settimana del lancio di Shadows: Ubisoft manda le chiavi per la copertura del gioco a streamer e content creators, tra i quali c’è anche OliviaMonroe. Che come da accordi inizia lo streaming, per poi dopo pochi minuti vedersi l’account bannato.
Si chiedono spiegazioni e la risposta è che “ha iniziato lo stream sbagliando orario”. Peccato che l’orario fosse quello concordato, chi aveva sbagliato era Ubisoft che aveva sbagliato a leggerlo. A farne le spese è stata comunque la streamer.
Molto più comodo prendersela con le ultime persone della catena. Quelle meno tutelate.
E chissà se sto giro un tot di lettere da parte di uno studio legale saranno sufficienti per fare desistere quegli animali che rispondono al nome di "gamers". Almeno per quanto riguarda la tutela legale.
Per quanto riguarda quella psicologica beh, abbiamo già fallito da tempo. Più o meno da quando queste misure si sono rese necessarie.
Per un recap delle polemichette precedenti:
Assassin's Cristo – la polemica di AC Shadows spiegata bene
È chiaramente un caso di razzismo. Ma 10 anni fa i razzisti si vergognavano di esserlo pubblicamente, quindi che succ?
[altre notizie più o meno correlate]
L’Interracial va bene finché rimane su PornHub.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
È uscito Assassin’s Creed Shadow e i soliti idioti stanno sclerando perché Yasuke, il protagonista con le texture sbagliate, si permette di andare in giro allegramente a trombare.
Ci si scandalizza sia per le relazioni omosessuali (perché oh quelle vanno bene solo quando sforbici Judy in Cyberpunk 2077) che perché Yasuke ha una romance con la sorella di Oda Nobunaga e questo “non è storicamente accurato”.
Questo parlando del videogioco che qualche capitolo fa ci ha fatto prendere a pugni il Papa in una cripta segreta sotto il Vaticano.
La cosa che fa più specie non è tanto l’omofobia di questi commenti, ma il fatto che ancora ci si stupisca delle romance omosessuali in Assassin’s Creed. Succede dal 2018, l’anno in cui usciva Odyssey, e guarda un po’ Shadows è diretto dalla stessa persona, Jonathan Dumont.
È l’ennesima riprova che ci sta proprio sul cazzo l’idea che i videogiochi siano una forma d’arte.
Nascondiamo il nostro odio verso i gay, le minoranze e i Nintendari dietro il pretesto che siano elementi messi su disco perché lo dice il marketing per vendere più copie (quali copie se poi vi lamentate tutti?). Però non ci lamentiamo mai delle altre cose “imposte dal marketing”, giustificando le microtransazioni invasive che ti fan pagare per modificare il personaggio in Monster Hunter o ci costringono a giocare l’ennesimo clone di The Witcher 3.
Vogliamo che i videogiochi ci facciano un servizietto con l’happy ending, non che siano opere che riflettono i pensieri del team di sviluppo.
E infatti l’interracial è ok, quando lo usiamo per farci una sega.
Il più grande problema dei videogiochi è che manca la coscienza di classe.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
L'altro giorno leggevo sulla newsletter di
– e già il fatto che una roba del genere stia su una newsletter e non sui canali del tuo influencer preferito la dice lunga – che Ubisoft Milano e FIOM CGIL hanno trovato un accordo.Per farla brevissima: Ubisoft aveva intenzione di imporre 3 giornate in ufficio a tutti i dipendenti. Adesso invece fino al 31 agosto saranno 2, e si sono ottenuti dei benefit sotto forma di convenzioni, welfare aziendale e agevolazioni.
CItando le parole di Andrea Rosafalco, funzionario per il sindacato: "Se la comunità dei lavoratori creativi del gaming si riconosce come collettivo, può agire un nuovo protagonismo. Proprio la dimensione collettiva - innanzitutto sindacale, poi anche, possibilmente, cooperativa e di impresa sociale - può servire a difendere e far crescere gli interessi professionali e materiali comuni."
Io che mi posso permettere il lusso di tradurre più terra terra dico: se ce ne fottesse qualcosa di più di chi fa i videogiochi, invece di sbraitare "Ubisoft merda" solo quando non ci piace l'ultimo Assassin's Creed, per le aziende sarebbe molto più difficile piantarlo così profondamente nel culo di chi lavora per loro. E magari come effetto collaterale il prossimo Assassin's Creed ci piacerebbe di più.
La cosa stronza infatti è che sviluppare una coscienza di classe ci converebbe anche come consumatori, se proprio non ce ne frega di farlo in quanto essere umani.
Eppure sul canale del tuo influencer preferito vedo la recensione di Assassin's Creed e col cazzo che si parla di chi lavora in Ubisoft.
Per approfondire:
[come sviluppo una coscienza sociale nei giochini?]
[disclaimer: sto per citare un po’ di gente che ne è inconsapevole e quindi non è colpa loro se sta per essere citata, ma solo del loro lavoro. Se ce l’hai con noi – se ce l’hai con me – non rompere i cazzi a loro. Che ne hanno già in abbondanza di default.]
Metti un cazzo di follow. Non necessariamente su Instagram, Tiktok o su YouTube.
Non necessariamente a noi.
Il già citato Damiano D’Agostino si sbatte da una vita su tematiche di questo tipo. Seguirlo su Instagram non ti costa un cazzo e sicuramente contribuisce al discorso della coscienza di classe di cui sopra.
Sempre all’interno dei giochini,
con fa un lavoro imprescindibile. Gameromancer spesso e volentieri è critica, o opinione se proprio non vuoi usare la parola con la C. Lui è notizia, giornalismo fatto bene come ce ne sarebbe disperatamente bisogno in questa sventurata bolla della cultura.Allargando il quadro una cosa filosoficamente molto simile al lavoro di Massimiliano ma applicato alla generalista è
. La loro bio su IG recita “gli strumenti per farti la tua opinione”. Metà della mia chat su IG con Fra è fatta da post di Torcha (l’altra metà sono meme sui Pokémon, ma lasciamo cadere il discorso).Una roba fichissima che ho scoperto da relativamente poco è
(pure qua droppo l’Instagram). Mini-disclaimerino conflitto di interessi perché han parlato pure di B-Human, ma tendenzialmente io li amo per questi post qui:La coscienza di classe si forma così. Leggendo, seguendo, contaminando e lasciandosi contaminare da chi porta avanti un certo tipo di discorso all’interno dei vari media. Non prendendo per oro tutto quello che si dice su questi canali – o anche su altri, io t’ho linkato i miei riferimenti senza pretesa di essere omnicomprensivo, ma mettendosi in discussione e formandosi una propria idea.
[podcast] Il falò delle metroidvanità
Belli i metroidvania, eh. Però che palle quando durano troppo, sono troppo derivativi, sbagliano l’esplorazione e tutta una serie di difetti di design che rendono palloso un genere più vivo che mai, che anzi forse oggi addirittura è sovraesposto.
[extra] Quanto cazzo sono cambiati i videogiochi?
Facendo un po' di lavoro di ricerca per una feature per PoteriArcani La Rivista Ufficiale™ (cioè TGM) mi sono reso conto che i videogiochi negli ultimi 10 – in realtà 11 – anni sono cambiati una madonna.
Segue sproloquio per chi esce i soldi. Al solito:
per accedere all’episodio devi iscriverti alla tier da 5€ (o attivare la trial gratuita di 7 giorni). Al momento ci sono 213 mini-episodi ascoltabili, mica cazzi;
con la tier da 1€ hai il perk più utile – cioè l’ingresso nel gruppo Telegram privato –, qualche contenuto extra di tanto in tanto e se tutto va bene le prossime puntate di Vinci il giochino, il nostro podquiz;
infine se proprio ti vuoi male con la tier da 10€ ti becchi le puntate del lunedì in versione uncut senza censure e anche video;
Tempo fa su Facebook mi si accusava di voler fare a tutti i costi il sindacato operai e metalmeccanici applicato ai videogiochi perché avevo commentato in modo acido le reaction entusiaste ad un evento Xbox organizzato la settimana dopo aver chiuso Tango Gameworks e Arkane Austin.
Rivendico assolutamente la necessità di mettere le persone davanti all’hype, agli annunci e alle chiacchiere da PR.
Rivendico assolutamente la necessità di avere un dialogo attorno ai giochini che parta dall’idea che le aziende non sono nostre amiche e non stanno dalla nostra parte (a meno che non siamo azionisti di maggioranza).
Rivendico la necessità di essere antipatico, anche irrispettoso quando serve, perché l’alternativa è lasciare tutto nelle mani di gente collusa che più collusa non si può. Gente che campa sui numeri ad ogni costo, sull’essere cliente di chi i videogiochi li distribuisce, su reti sociali costruite con anni di sudditanza e leccate di culo.
L’unico modo di fare bene questo lavoro è fare in modo che lavoro non lo sia.
L’indipendenza, quella vera, nasce dalla possibilità di poter fare quel cazzo che vuoi perché tanto campi grazie a redditi esterni. Patreon e altre stronzate del genere aiutano, perché ti permettono di comprare quel gioco lì o di spendere un po’ di soldi per quell’attrezzatura là, ma devono rimanere una roba collaterale, non il senso di tutto quello che fai.
O almeno, io la vedo così. Smentiscimi, se ci riesci.
L’anno è il 2029. La guerra tra gli umani e gli errori ortografici sta per essere finalmente vinta. Nel disperato tentativo di sovvertirne le sorti, TypoNet manda indietro nel tempo un cyborg assassino con le fattezze umane, col compito di uccidere prima che revisioni questa newsletter.