Perché non giocherò Shadow of The Erdtree
"E sticazzi", dirai. Però intanto c'hai voglia di cliccare, vero?
Elden Ring è stato un fenomeno gigantesco. Ha carryato l’editoria di settore per un anno pieno – del tipo che non appena la gente ha smesso di cercare le guidine di Elden Ring i siti hanno licenziato pesantemente un sacco di editor perché come nel meme di Milord il loro lavoro qui era finito.
Ha venduto 25 milioni di copie di qualcosa che nell’ultima decade ci siamo raccontati come l’emanazione del vero videogioco™ in culo ai casualoni. Ha portato al livello successivo l’idea di multiplayer tribale di Demon’s Souls ed esplosa poi con Dark, fino ad arrivare ad influenzare pure i cazzo di Pokémon.
Multiplayer sociale e darwinismo videoludico
Messe di fronte ad un predatore le prede non possono che appellarsi al darwinismo. Davanti ad una macchina omicida perfetta come quella della cultura dell’hype – che ci vuole sempre concentrati sulla prossima uscita togliendo spazio alle opere già sullo scaffale – la risposta del medium è stata provare a sviluppare delle difese.
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Elden Ring è stata una roba enorme. Si potrebbe immaginare che una persona non veda l’ora di poter tornare nell’Interregno e averne ancora. Solo che secondo me ce n’era già troppo in Elden Ring, e il fatto che ancora oggi questa cosa si possa al massimo sussurrare se no ti becchi dell’hater polemico mi atterrisce quanto l’idea di dover aggiunere altre 30-40 ore ad un gioco che me ne è già costate 80.
Prima però i podcastini.
Ah, nota: l’editorialino l’ho scritto io, ma caso più unico che raro nel core team di Gameromancer siamo tutti della stessa posizione per quanto riguarda Elden Ring.
Ma Scibetta merda lo stesso.
Like Skyrim with Funs
Un videogioco “divertente” è – o meglio, ha – un valore? Che vuol dire “divertente”? Perché ancora oggi è uno dei parametri fondamentali a cui ruota attorno tutta la cosa videoludica, soprattutto quando parliamo di critica?
Scibetta questa settimana è grande protagonista del dibattito lanciando una provocazione che si è tradotta in una valanga di insulti videoludicamente scorretti. Ma anche in tante considerazioni che quasi non diresti che siamo quelli della sborra.
Licenza di Hideo
Sì qui potrei copincollare la descrizione fornita dal summenzionato Scibetta per vendere questo terzo episodio di Dissidenza Critica. Però invece ne approfitto per spoilerare che qua s’è fatto il suo podcastino dove dice le sue cosine, ma a breve ci scanniamo seriamente sul perché Metal Gear Solid 2 sia il Vero Testo Sacro dell’Unico Vero HiDio.
Ma il dissidenza è propedeutico. Quindi pigia play.
Un anello per hyparli (e un sacco di aree per annoiarli)
È ancora presto per dire se effettivamente Elden Ring ha ridefinito il paradigma con cui si confezionano gli RPG Open World. Ora come ora possiamo dire indubbiamente che abbia fatto un passo che lo stacca dal modello egemone, cioè il giochino stipato di roba con le fetch quest che fanno il possibile per non sembrare fetch quest e le checklist che sembrano proprio checklist.
Il trucco per quanto riguarda le missioni è riuscito: laddove un Horizon – anche il Forbidden West uscito la settimana prima di Elden Ring – ti riempie di incarichi, From Software ha preparato sostanzialmente quattro o cinque macro-storie, lasciando a chi gioca il compito di capire quali sono e come seguirle. A dirla tutta pure Forbidden West faceva una roba simile (ma molto più a misura di normalone). Ci sono le fetch quest del cazzo tipo “vai a raccogliere la carne per il cuoco”, ma ce ne sono una decina – forse anche meno – che vanno in profondità e sono pensate ad atti. Alcune t’accompagnano pure per quasi tutta l’esperienza di gioco, finendo inevitabilmente per confezionare i momenti più riusciti di tutto Forbidden West. Però appunto, Elden Ring lo fa meglio e soprattutto in modo più mediatico, per cui nei libri di testo, semmai nel futuro esisterà ancora il concetto di “libro di testo” applicato ai giochini, troveremo Elden Ring. Questo approccio non guidato è quello che ha fatto la fortuna della serie: già ai tempi di Demon’s Souls ci affollavamo sull’Internet per scambiarci consigli ed esperienze e per cercare di capire che cazzo stava succedendo a Boletaria. Dark Souls ha preso Demon’s e l’ha raffinato, tagliando idee del cazzo tipo “ah sì se muori finché non recuperi il tuo cadavere giochi col 50%" della salute”, la World Tendency che ad oggi manco Miyazaki ha capito come funziona e lasciando che il resto del grezzume di Dark diventasse la cifra stilistica di From Software.
La cosa è riuscita alla grande. Per anni è stato sostanzialmente impossibile discutere il game design di quelli che poi il giornalismo ha iniziato a chiamare soulslike. Ricordo una discussione accesa ai tempi di Bloodborne dove lamentavo il fatto che con una mappa in-game un consumabile come le monete lucenti sarebbero state molto più utili, fungendo in pratica da segnalini personalizzati. L’idea di una mappa in un Souls però era inconcepibile, avrebbe snaturato il GIT GUD alla base del design di Miyazaki e insomma, vorrai mica rendere i soulslike una roba accessibile? Guarda un po’, Elden Ring fa proprio questo lavoro. Altrimenti col cazzo che vendi 25 milioni di copie. E lo fa pure alla grande, perché oltre ad avere aggiunto la mappa From Software ha direttamente superato l’idea delle monete lucenti, implementando i classici segnalini personalizzati che ormai un po’ ovunque si possono inserire per segnare i vari punti creandosi un proprio alfabeto.
Non che Elden Ring abbia messo a tacere i jihadisti di Miyazaki, eh.
Ricordo di un’altra discussione al lancio del gioco dove si giustificava il fatto che i menù fossero orripilanti perché “l’Interregno è un posto ostile e From te lo sta dicendo anche attraverso i menù”. Questa rimane una fregnaccia galattica: i menù di Elden Ring sono brutti perché sono brutti, non c’è nessuna giustificazione meta, nessun significato intrinseco. Miyazaki si chiama Miyazaki, non è Kojima, non è Taro, al massimo è Suda51, ovvero un tizio che ha reso parte del suo DNA fare alcune cose a cazzo di cane perché tanto ci sarà sempre lo stronzo che messo davanti a una stronzata urlerà “genio”.
Un sacco di gente davanti alla Sentinella dell'albero messa da From Software proprio davanti all’uscita della grotta-tutorial s’è messa a parlare di quanto fosse una scelta funzionale a livello di level design, fatta per farti capire subito che il mondo ti è ostile e guidarti in una zona più accessibile. Solo che no, siamo in un Open World, quella cazzo di sentinella non ti guida da nessuna parte, ti fa solo scegliere se è il caso di barare pur di ammazzarla sotto-livellato (guadagnandoci ‘sta gran alabarda d’oro, che tanto vogliamo fare tutti i Samurai in akimbo) o scappare e tornare dopo. E tra l’altro il messaggio del gioco è proprio il contrario: in Elden Ring l’Open World è zona di comfort. Li hai le evocazioni, puoi battertela, puoi sfruttare lo spazio. Forse la Sentinella voleva mostrare questo. Beh, in quel caso non ha fatto i conti con l’OCD tipico da videoludo per cui quando ti mettono davanti una sfida non vai avanti finché non la superi. Ora, non voglio e non posso insegnare game design a From Sotware, perché non ho nessun tipo di game studies a parte aver giocato tanto e aver letto qualche libro. Però so una cosa: in informatica quando si parla di telecomunicazioni è responsabilità di chi invia il messaggio fare in modo che il ricevente lo capisca. E i videogiochi sono assolutamente una telecomunicazione, perché raccontano quello che l’autore ha da dire a coordinate spaziotemporali diverse da quelle dell’autore.
Ecco, se un paio di uscite fa si parlava di come sono cambiati i videogiochi qua è il caso di parlare di come sia cambiato io, che sono riuscito ad un certo punto ad andare oltre queste fisime e a scendere a patti col fatto che non ho più 20 anni e il tempo libero che avevo a 20 anni, quindi i giochi li gioco come capita. E fanculo agli OCD e alle Sentinelle dell’Albero: la vita è troppo corta per rimanere bloccato li finché GIT GUD. Cazzo, la vita a volte è troppo corta per giocare Elden Ring in generale.
E infatti la regina delle discussioni su Elden Ring è quella attorno ai draghi. Che, stacce, sono la stessa cosa degli avamposti di Far Cry, con la differenza che non sono tracciati.
È da un bel po’ di tempo che si parla di “Open World alla Ubisoft” con accezione negativa. E Ubisoft in effetti è stata forse la casa che di più ha utilizzato il trucco delle checklist per aumentare artificiosamente la durata dei suoi Assassin’s Creed e Far Cry. La sineddoche di tutto questo sono appunto gli avamposti: prendi un edificio, lo riempi di nemici e lo copincolli in giro per la mappa predisponendo una subquest che dica al giocatore di liberarli tutti (e l’espressione “liberare” si usa non a caso per rendere la cosa virtuosa).
Elden Ring coi draghi ha fatto sostanzialmente la stessa cosa, incartandola meglio. Il primo drago che si incontra molto probabilmente è Agheel. L’incontro è pseudo-casuale e missabile, ma insomma, è a ridosso della prima area di gioco e anche la cura con cui From Software ha scriptato la scena indica che nella loro testa dovrebbe essere il primo. Si arriva in questa palude e ci sono un sacco di mob che pregano davanti a un fuoco invocando il suo nome. Agheel arriva e brucia tutto, dando inizio ad una battaglia che sarebbe pure memorabile, se solo poi il gioco non la ripronesse paro paro per una tonnellata di altri draghi tutti uguali a parte il colore delle fiamme che sputano dalla bocca. Non è l’unico riciclo pesante di asset in Elden Ring, tipo che ho perso il conto dei dungeon secondari tutti uguali col gatto-mostro piazzato in fondo e reward del cazzo elargite per averlo eliminato, ma quello dei draghi m’è pesato molto di più. Forse proprio perché ogni ripetizione della fight con Agheel reskinnata stile Demone della Forgia Blu insozzava quel primo scontro. Scriptato, costruito a tavolino con un inganno, ma cazzo, incredibilmente evocativo.
Nonostante tutto questi sono fegatelli, come dicevano in Boris. Dettagli. Rompono un po’ il cazzo, ma non rendono Elden Ring un gioco di merda o tantomeno giustificano il non voler giocare Shadow of the Erdtree.
Per quello ci pensa l’ultimo terzo del gioco base.
Ad un certo punto della mia esperienza con Elden Ring pensavo che il gioco avesse detto sostanzialmente tutto quello che aveva da dire. Eppure mancava ancora una grossa porzione di mappa da esplorare a nord. Incidentalmente è anche la parte peggiore del gioco: poco ispirata, una merda a livello di boss fight (il Gigante di Fuoco ti fa effettivamente rimpiangere il Demone della Forgia Blu), una palla al cazzo da giocare perché è proprio pesante, rispetto al resto del gioco.
Segue un’area della madonna come Farum Azula, però ormai qualcosa inevitabilmente s’era rotto. Elden Ring mi aveva dato tutto quello che poteva darmi e io gli avevo dato tutto quello che avevo. Le ultime 10-15 ore da lì in poi sono state accanimento terapeutico, collimate poi in una delle peggiori boss-fight finali della serie Souls.
Non rimpiango nulla. Alla fine a Elden Ring ho dato 80 ore della mia vita. Sono ben pochi i giochi a cui ho dato così tanto del mio tempo libero, soprattutto dall’età adulta (qualunque cosa voglia dire) in poi. Credo che negli ultimi 5 anni solo con Ghost of Tsushima c’ero finito così sotto, però per indecoroso che sia il paragone per tornare a Tsushima ho fatto carte false una mesata fa. L’Interregno invece sta bene nei miei ricordi, non sento questa necessità di tornarci.
Da un (bel) po’ non sento più nemmeno la pressione sociale di dover giocare per forza di cose al gioco del momento per parlarne sul mio sitino che ha “nerd” o “gamer” nell’url mentre poi sui social mi nascondo dietro l’ipocrisia della FOMO o qualche altra giustificazione di comodo.
Videogioco da quando ho 3 anni. Quest’anno quindi sono 30 anni che perdo tempo appresso a ‘sta roba. L’anno scorso ho scavallato i 10 da cui creo contenuti. A differenza di tanta gente che sta in giro dal doppio del tempo ho accettato il fatto che questo non è un lavoro e dei clicchini, dei like, delle visite extra prese seguendo i trend non me ne faccio un cazzo. È molto più importante poter dire tra altri 30 anni che videogioco ancora, non m’è scesa per colpa di qualche balena bianca, forse anche perché oltre a Herman Melville ho avuto anche un Hideo Kojima da poter chiamare Ismaele.
Non giudico e non biasimo chi si sta già sollazzando con Shadow of The Erdtree. La vita è troppo breve per perdere tempo a dare giudizi sulla gente dall’alto di stocazzo.
Soprattutto sulla base di quelli che sono solo videogiochi. Finché lasciamo che lo siano.
Di solito lo dico dopo lo spammino dei podcast, ma per qualche motivo oggi mi va di metterlo qua. Se hai letto, intanto grazie.
C’è una sezione commenti qua sotto se ti va di aggiungere la tua, e se vuoi un contatto più diretto trovi me, Fra, Scibetta, Amaterasu e Celens anche sul nostro gruppone telegram pubblico. Siamo 741 mentre sto scrivendo. Non male, per un progetto al 100% indie che non ha mai avuto padroni.
Se questa newsletter esiste è perché oltre al brainstorming con gli altri stronzi che fanno il content™ di Elden Ring in community si è parlato tantissimo. E a questo proposito mi tocca (ma proprio perché son costretto) ringraziare in particolare Asvel e Grayfox, con cui nel gruppo Patreon ‘sto discorso “draghi vs avamposti” l’abbiam fatto un milione di volte.
Se ti piace quello che facciamo a me basta l’occasionale like o la ricondivisione delle cosine, ma se esci fuori 1€ puoi entrare in un gruppo pieno di gente che non penso ci meritiamo. Vedi un po’ com’è l’offerta su Patreon. E anche qua mi permetto il flexino, più di 50 membri e 118,50€ al mese. Noccioline, ma quando il progetto editoriale più in vista in Italia ne fa 800 vuol dire che vali più di un 1/8 di chi c’ha i soldi, gli agganci giusti e probabilmente anche la FOMO. La vita da queste parti penso sia più bella.
A margine: pensa che stronzo è
che non solo paga ma revisiona pure aggratis ‘sta merda piena di typo ogni settimana. A volte pure quando è in vacanza coi pupi.In un mondo dove persino PlayStation va verso il multipiattaforma l’Italia è ferma ancora al federalismo.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Perché è inutile che ci raccontiamo stronzate, anche a chiamarla “autonomia differenziata” il concetto rimane sempre quello che l’Italia unita non la vediamo proprio, vediamo regioni di serie A e di serie B. E quindi sotto una certa latitudine sei l’equivalente di Nintendo Wii, buono per i vecchi e per le casalinghe, se vuoi giocare sul serio tocca che ti trasferisci in quella Milano sempre più For the Payers, ogni giorno più costosa esattamente come PlayStation 5.
L’idea che tutti debbano avere le stesse possibilità ci fa proprio cacare.
O meglio, finché è Xbox a portare o sole e o mare su PS5 bella lì, ma l’idea che qualche baluba si possa divertire con quel God of War che fino a ieri era solo per nordici ci fa impazzire.
Poco importa se questa manovra non farà per un cazzo bene ad un’istruzione ferma ancora al cavo SCART e rischia di incentivare il turismo sanitario se per sfiga il tuo Presidente della Regione non vuol sentir parlare troppo di aborto come l’ex presidente della tua console (o la tua attuale Presidente del Consiglio).
L’Italia è anacronistica come Nintendo. E rischia di rimanerci per un altro paio di generazioni.
Solo che a differenza di Nintendo qui sembra non ci sia modo di fare la Difference.
"Si stava meglio quando si stava peggio" è la frase di chi non ha mai imparato a farsi i cazzi propri.
di Richard “Amaterasu” Sintoni
Ho perso il conto delle volte che mi sono sentito dire che "alla vostra età altro che PlayStation, noi si che sapevamo divertirci", tanto che oramai mi riecheggia nella testa peggio dell'Ave Maria che mi hanno insegnato a catechismo. Frase pronunciata quasi sempre da qualcunə appartenente alla generazione sopravvissuta all'eroina degli anni ottanta, quella che sì sapeva divertirsi a schivare pali stradali e AIDS.
E vuoi il caso beffardo, proprio chi la pronuncia si sta vivendo l'era tecnologica nel modo più sbagliato possibile, abboccando a qualsiasi cazzata propinata dai social tra un buongiornissimo caffè e i post nostalgici dei ruggenti anni del mese in villeggiatura e le cinquemila lire che ti bastavano per tutto.
Magari davvero stavano meglio di noi. Anzi, sicuramente stavano meglio di noi mentre ci mangiavano il futuro mettendo la X sullo stemma della DC, che sempre caso strano è l'abbreviazione di ciò che vorrei urlare loro in faccia tutti i giorni.
Loro si che sapevano divertirsi, loro che la vita in strada gli ha insegnato tutto.
Tranne a provare un minimo di vergogna quando ci giudicano dai loro scranni, o quantomeno a farsi i cazzi loro invece di sparar stronzate.
Capisci che la vita fa schifo quando ti accorgi che abbiamo avuto tre Lords of the Fallen ma un solo Bloodborne.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Lovecraft nei videogiochi è sempre stata una questione più che altro estetica. Atmosfere cupe, tentacoloni, tentativi malriusciti di farti cacare addosso con qualche mostro quando il punto di tutta la faccenda è l'uscire di testa, perdere il senno poco a poco e non poterci fare un cazzo.
Bloodborne combina l'essere un gioco della madonna con tutto quello che Lovecraft era su carta e difficilmente è stato su pad.
La narrazione frammentata di Miyazaki che si mescola agli orrori cosmici, all'essere umano fatto non fosse a viver come bruto ma che come l'Ulisse di Dante paga carissimo l'affronto di aver superato le Colonne d'Ercole per avvicinarsi di un passo alla divinità. Più accumuli intuizione e più vedi il mondo per l'orrore che è, Yharnam diventa una trappola da cui non c'è rifugio nemmeno nel sogno del cacciatore.
Invochiamo da anni il sequel, il porting, pure il gioco sui kart. Da anni la nostra voce non viene ascoltata, perché evidentemente come in tutti gli orrori cosmici nello spazio nessuno può sentirti urlare.
Nemmeno quando sei costretto a giocare un terzo Lords of the Fallen mentre tutto quello che vorresti è sentirti di nuovo dire "bentornato, buon cacciatore".
Spammini Tattici Nucleari™
Com’è che m’ero perso questa uscita spettacolare di
?I’m Personally Going To Force Game Companies To Put In All That Stuff You Hate
Mike Drucker su TheGamer se ne è uscito con una mossa Gameromancer da antologia.
Chiaramente merita lo spammino →
E sempre a proposito di wokeness, DEI (sì, si sono inventati l’acronimo per “diversity, equity and inclusion” come se fossero tre parole brutte), segnalo video bombissima di BOB sull’affaire Yasuke.
Da una mesata gli spammini latitano. Mi piacerebbe poter dire che è l’estate e che poi i contenuti interessanti torneranno. La verità è che fin troppa gente che fa buon contenuto ha preferito venderlo al male. Come dicevo la settimana scorsa, non giudico i compromessi delle altre persone. Questo spazio però deve rimanere per quanto possibile etico e gestito in modo da dar visibilità a chi non c’ha alle spalle gli amici vips che endorsano.
Tutto questo per dire che comunque su Telegram abbiamo uno spazio dedicato anche agli spammini e se ci metti roba mi dai una mano a compilare questa sezione. Merda.
Ho già detto tutto sopra. Non sono Elden Ring, quindi non farò l’errore di ripetermi, anche perché a differenza di Miyazaki non ho degli accoliti che mi assolvono dai miei errori.
Essere creativo per me è una necessità, ne va anche della sopravvivenza di GR. Non tanto perché sennò non arrivano i numeri, ma perché l’unica cosa che fa alzare metaforicamente dal letto GR è che l’atto stesso di creare dà più soddisfazioni delle rotture di coglioni che sopraggiungono dopo aver pubblicato quello che abbiamo creato.
Grazie per lo “spettacolare”! Sono molto d’accordo sui draghi di Elden Ring. Perché non uno solo, perché riciclare gli asset? Perché trasformare un momento entusiasmante in una serie di penitenze, tipo purgatorio dove pagare qualche colpa?
Io ormai ho capito che Miyazaki non fa giochi per 30enni con un lavoro e una vita al di là del videogioco.
Magari qualcuno riesce pure a giocarli,a quando mi metto davanti a che ne so, Armored Core: Fires of Rubicon, mi domando perché per quell'ora/2 che ho a disposizione debba incazzarmi come una biscia mentre gioco.