Fare inchiesta nei videogiochi è inutile
Non è un clickbait per venderti il libro, ma sono storie di vita vissuta sulle barricate
Con B-HUMAN disponibile da venerdì sui vari store (e le copie fisiche che stanno andando in giro) la newsletter di oggi sembra una supercazzola. O un barbatrucco pubblicitario per piazzare qualche copia extra facendo ammuina.
In realtà credo di aver bisogno di scrivere le prossime righe perché scrivere è l’unica cosa che mi permette di elaborare quello che mi succede IRL. Solo una volta che i miei pensieri finiscono su un foglio di Word riesco a mettere ordine dentro di me, a capire come sto e cosa devo fare per stare meglio, perché faccio quello che sto facendo. Quando scrivo riesco a togliermi tante di quelle maschere che tuttə portiamo addosso durante la giornata.
Per tanta gente io sono solo quel terrorista edgy polemico buono solo per fare chiasso. Quando scrivo riesco a sentirmi qualcosa di più.
E poi diciamocelo, per promuovere B-HUMAN ci basta questo esclusivissimo concorso a premi solo per voi iscrittə alla newsletter!
VINCI B-HUMAN!
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Da oggi fino al 31 ottobre chi legge La Voce della Ribellione può iscriversi a “Vinci B-HUMAN”. Unə fortunatə verrà poi estrattə a sorte e si vedrà recapitare una copia del libro a casa.
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E quindi, cazzo perdi ancora tempo qui? Be Human. E leggi B-HUMAN.
Me lo ha detto Mokujin
Adesso che siamo romanzieri best-seller mica ci monteremo la testa, tingeremo i capelli e inizieremo a fare gli oroscopi oh. Il podcast videoludicamente scorretto va avanti e questa settimana ha confezionato una puntata tutta dedicata alle leggende metropolitane nel videogiuoco, a come inevitabilmente dagli albori del medium all’era dell’Internet massificato e del gaming sociale siano cambiate (ma non sparite, come si potrebbe pensare) e a quanto siano legate al concetto di autorialità.
Ma cos’è ‘sta storia di Typhlosion pedo?
È successo che c’è stato un leak ENORME della roba che Game Freak tiene sui suoi server e da quello è emersa una mole di contenuto così incredibile che s’è meritata un checkpoint dedicato. La storia di pedo-Typhlosion fa parte proprio di questo giro di leak. Ed è fuori di testa. Che cazzo si fumano in Game Freak? I giochi dovrebbero essere PEGI-6!
Se mi critichi ti cancello
Fare inchiesta nei videogiochi, specialmente in Italia ma in generale “dall’interno” del settore giochini, è sostanzialmente impossibile. Ma non sto dicendo nulla di nuovo in fondo: basta pensare al fatto che l’unico che ad oggi è riuscito a pubblicare un contenuto mainstream su Gioventù Ribelle – nonostante da Gioventù Ribelle siano passati 15 anni pieni – è Yotobi, che ha potuto farlo proprio in virtù del fatto che è un cane sciolto. Specifico “mainstream” perché appunto non è che in 15 anni non se ne sia parlato (sento già Simone Tagliaferri e Damiano Gerli preparare le buste di antrace), ma sono cose che si son potute fare o sui propri siti personali perché in Italia un qualunque editore ti avrebbe risposto “lol credici” o su portali esteri, accollandosi comunque un sacco di rotture di cazzo.
Questo riassume in breve il perché la cosa sia impossibile, e spiega perchè ad un certo punto della sua carriera Jason Schreier abbia mollato Kotaku – che è una delle poche realtà di settore che dà spazio a queste cose, Gioventù Ribelle incluso – per accasarsi a Bloomberg, dove può fare inchiesta senza che la software house di turno metta la testata in blacklist non mandandogli più i giochini da recensire perché tanto Bloomberg non campa grazie ai giochini che le aziende mandano.
Nessun editore del videoludo è disposto a farsi nemica la Game Industry. In più se già si fa fatica a pagare 20€ una recensione figurati quanta voglia ci sia di cautelare i propri redattori qualora venissero denunzioquerelati da un’azienda.
Se non fosse un settore che si regge su capolarato e conflitto di interessi però fare inchiesta dovrebbe essere una cosa di pubblica utilità, no? Dopotutto parliamo sempre di come il ruolo nella critica del mainstream sia quello di dare consigli per gli acquisti. Quando spendo dei soldi dovrei avere ben chiaro a chi li sto dando, onde evitare che questi finiscano a finanziare che ne so, qualche campagna pro-vita perché viene fuori che il proprietario dell’IP Five Night At Freddy’s è un repubblicano anti-abortista.
Non sto dicendo che non bisognerebbe comprare FNAF perché Scott Cawthon è un merda, ma che dovresti essere consapevole di chi è Scott Cawthon in modo da poter decidere se aprire il portafoglio o no. Poi se lo apri sono cazzi tuoi e della tua coscienza, ma quantomeno l’acquisto è consapevole.
Avere l’ardire di esprimere una posizione del genere è il modo più sicuro per ricevere un sacco di odio dall’Internet. E più pop è il gioco più male riceverai.
Se la prenderanno con te per prima cosa i “colleghi”.
Star Citizen è uno schema Ponzi che va avanti dal 2012. Ok, “schema Ponzi” è un’espressione abbastanza feroce, però se vogliamo rimanere aderenti ai fatti allora i fatti sono che negli ultimi 12 anni sono stati raccolti più di 700 milioni di dollari in crowdfunding (dati aggiornati a maggio 2024) e il gioco non è ancora entrato manco in beta. Sono usciti un po’ di contenuti giocabili, eh, ma siamo lontanissimi da qualcosa che abbia soltanto vagamente i connotati di una release. C’è l’hangar, c’è una modalità dove fare pew pew con le navette, c’è poco altro. A fronte di una somma che è 4-5 volte quello che spende PlayStation per un suo titolo first-party, per contensualizzare i numeri.
È quantomeno questionabile la cosa, giusto?
Nonostante i vari tentativi di fade away delle storie dietro lo sviluppo di Cyberpunk 2077 anche qui, attenendosi ai fatti è facile parlare di come i dipendenti e le dipendenti in CD Projekt Red siano state trattatə una merda (un aneddoto su tutti: il CEO Adam Kicinski che davanti agli azionisti definisce il crunch “non così male” sostenendo che la stampa stia ingigantendo la cosa, salvo poi dover chiedere scusa poche ore dopo al dev team). È un fatto che le versioni PS4 e Xbox One al lancio non fossero giocabili, questo nonostante l’all’epoca Community Manager per l’Italia di CD Projekt avesse dichiarato in una diretta su Twitch che il gioco girasse “sorprendentemente bene” sulle console di ottava generazione a pochi giorni dal lancio. È un fatto che ci fossero diversi problemi di design, tant’è che CD Projekt con la patch 1.5 del gioco – cui son state dedicate due ore di diretta su Twitch dall’azienda stessa per far vedere le novità – è andata a sfrondare lo skill-tree eliminando diverse abilità presenti al lancio. È innegabile che a tutt’oggi ci siano ancora dei problemi, e che per esempio sia ridicolo che in un gioco di ruolo non si possa coltivare in nessun modo il proprio rapporto con le gang presenti e che queste non reagiscano in nessun modo agli sviluppi della trama, per cui puoi fare a botte con i Tyger Claws anche se in quel momento della storyline sei il bestfriendo della loro boss.
Sono aspetti di cui dovrebbe essere quantomeno lecito parlare, giusto? Tutto il discorso sul design riguarda più che altro la critica tra l’altro, non è nemmeno “inchiesta”.
Eppure no, non si può mettere in discussione Star Citizen senza che arrivi qualche addetto ai lavori a darti dell’esagitato, a delegittimare la tua posizione sui suoi spazi perché in fondo lui del progetto è ancora innamorato e le cose non sono così male. Non sembrano mai così male finché sei dentro una relazione tossica, d’altra parte, te ne accorgi solo quando ne esci. Non puoi permetterti di parlare male di Cyberpunk 2077 perché oh, era già un bel gioco al lancio e infatti gli abbiamo dato gli 8 e i 9 e i 5 e mezzo alla versione PS4 in modo paraculo dopo che è scoppiato il bubbone. Nonostante al di là della mia interpretazione dei fatti basterebbero i fatti stessi per poter giustificare delle perplessità, dare corpo a queste scatena campagne d’odio.
Ti ritrovi con un sacco di commenti incazzati di “colleghi” sotto i tuoi stati, e su quei commenti trovi il like di quella persona che sosteneva il gioco girasse sorprendentemente bene.
Questo chiaramente tacendo su chi prende quello che fai e lo usa per dire che è solo virtue signaling, magari andando pure in giro a dire ad altre “colleghe” che quello fa il femminista solo perché spera di poterti scopare. Pensa cosa dev’essere sapere nome e cognome di chi va in giro a raccontare questa cosa e vederlo pure endorsato e ricondiviso in spazi che ti fa piacere seguire. Pensa come dev’essere portartelo nei tuoi di spazi perché sei l’unico stronzo in questo settore che c’ha provato pure a seppellire l’ascia di guerra visto che tanto interessi personali in questa merda non ne ha. Ma sto divagando.
Se la prenderanno con te pure gli sviluppatori.
In un mondo ideale la stampa – tutta la stampa, non solo quell’approssimazione di questa che è il settore giochini – dovrebbe essere il quarto potere. Indipendente dagli altri esattamente come l’esecutivo lo è dal giudiziario e viceversa, perché è l’unico modo in cui si può raggiungere una situazione in cui chi detiene uno dei poteri non ne può abusare.
Torniamo su qualche fatto. Il 27 agosto 2021 Baldo: The Guardian Owl esce su tipo tutte le piattaforme videoludiche disponibili all’epoca. Uno sforzo della madonna, soprattutto per un team composto da sole due persone. È quasi incredibile che ce l’abbiano fatta, e infatti spoiler non ce l’hanno fatta manco per il cazzo e il gioco dal punto di vista tecnico – quindi prestazioni, quindi cose misurabili, appunto fatti – non funziona manco per sbaglio. Crasha, cancella i salvataggi, ha diversi problemi anche quando non ti riporta alla dashboard dell’apparecchio che stai usando.
Ai DStars Award 2022 Domenico Barba (uno dei due dev di Baldo) viene premiato come programming star. Mi ride chiaramente il buco del culo e ne parlo in una live. Succede l’inferno.
Con “succede l’inferno” intendo che quello che all’epoca era il Vice-Presidente di IIDEA decide di intervenire in chat appena tornato dalla trasferta di Colonia per difendere NAPS Team. Da cosa non l’ho ancora capito, visto che possiamo discutere sul design di Baldo e su che esperienza sia, ma che sia programmato male è abbastanza incontrovertibile. Non finisce chiaramente lì, perché poi queste attenzioni non poi così desiderate tornano fuori a più riprese in occasione dei momenti in cui si parla di Tax Credit guardando e commentando live i decreti con le cifre stanziate ai vari progetti – che ricordo essere informazioni pubbliche messe a disposizione dal Ministero della Cultura – o quando si organizzano iniziative tipo PitchAGame. Sull’argomento Tax Credit all’epoca era arrivata anche un’email direttamente dal ministero dove cercavano Francesco Altieri. Ho riso abbastanza.
Questo punto per quanto riguarda Gameromancer è particolarmente problematico. Fin dalla fondazione il podcast è stato uno spazio dove chiamavamo i dev per parlare dei loro giochi, e negli anni oltre ai vari eventi e momenti di aggregazione organizzati abbiamo provato a fare il possibile per la scena italiana. Ormai è dal 2019 che potrei tranquillamente fare a meno di andare a Games Week perché non ho più interesse a giocare i giochini in anteprima in fiera – sempre li portino – e si va a Milano essenzialmente solo per l’Indie Dungeon. Essere sul libro nero di chi organizza questi spazi, alimentando l’idea che “quelli di Gameromancer fanno fallire i videogiochi”, crea un problema, perché rende complicato realizzare questo tipo di copertura. Viene meno l’indipendenza tra i vari poteri. Viene meno soprattutto la voglia di prendersi certi sbattimenti, perché ti assicuro che organizzare PitchAGame è stata una delle cose più stressanti che abbia fatto con GR ed è probabilmente l’iniziativa che ha generato più discussioni (del cazzo) interne.
Ma se la prenderanno con te soprattutto i giocatori.
E il cortocircuito qui è che sono proprio i giocatori quelli che dovrebbero essere i destinatari dell’inchiesta. Serve a renderli più consapevoli, ma come si può rendere più consapevole gente che impazzisce quando gli si tocca la console, l’azienda o il videogioco del cuore?
Non riguarda solo Star Citizen o Cyberpunk 2077. Questo mese è arrivata un sacco di merda perché (legittimamente) c’è gente che si sta divertendo giocando Enotria e allora non accetta che se ne parli in altri termini. C’è gente che si è risentita quando si è parlato di come Nintendo stia e abbia abusato in modo sistemico della sua posizione domimante per tutelare le sue IP, altra che si è presa malissimo quando si è riportato l’NDA di Black Myth: Wukong che di fatto imponeva ai creator una censura non giustificabile in nessun modo (altro che “la Cina fa bene”).
E non sono ancora entrato nel merito dei contenuti definibili “woke”.
Spieghi perché la mod che rende Angrboda bianca in GoW Ragnarok sia una merda e ti si chiede perché non ti lamenti anche della mod che rende Geralt di colore, come se The Witcher 3 fosse mai stato ostracizzato dalla community nera come un gioco suprematista. Parli della polemichetta attorno a Ghost of Yotei e alla protagonista e viene fuori che l’attrice che interpreta Atsu, Erika Ishii, è anche una personalità attiva per quanto riguarda i diritti della comunità LGBTQIA+ e quindi è tutta colpa di Sweet Baby Inc. e del gender nelle scuole e del politicamente corretto.
Convincere questa gente è impossibile. E anche togliendo la politica dai videogiochi è impossibile convincere un jihadista boxaro che Xbox Series S sia la causa di buona parte dei problemi di mancato supporto che sta subendo Xbox in questa generazione.
E allora perché lo fai? A che serve?
Qui sarebbe molto facile rispondere “perchè è giusto”. Sarebbe anche una cazzata. Cioè, non posso escludere che parte del motivo per cui mi accollo il fare inchiesta nonostante tutto lo schifo che ti sto raccontando – e pensa che ancora non ho parlato delle denunce quelle vere – sia perché come diceva Lennon in Imagine sono un sognatore, ma non sono l’unico. Imagine me l’han fatta imparare in seconda elementare e anche se ne avevo capito la metà qualcosa deve essermi rimasta incastrata. Allo stesso modo di come nonostante J. K. Rowling si sia rivelata essere Voldemort sono sempre lo stesso ragazzino che per leggersi Harry Potter lo prendeva in prestito dalla libreria della scuola e si ricorda ancora di Cedric Diggory quando deve scegliere tra quello che è facile e quello che è giusto.
Però sarebbe una cazzata giustificarsi così e bona. La verità è che in fondo sono anche il terrorista edgy polemico buono solo a far chiasso che pensa tanta gente. Mi piace vivere il drama. L’idea di fare la differenza, sia vero o no – e probabilmente no – è una delle cose che mi fa star bene, perché culla il mio ego.
La filantropia nell’era di Internet non esiste (credo che non esistesse manco al tempo dei Medici, che finanziavano l’arte solo per poterla flexare, but still) e chiunque abbia mai deciso ad un certo punto della storia dell’essere umano di creare qualcosa lo ha fatto per cullare il suo ego, perché cullando il suo ego si sentiva come mi sento io a fare queste stronzate.
Non vuol dire che da queste stronzate non possa scaturire qualcosa di buono. Se qualcuno leggendo il titolo di questa newsletter s’è tiltato e magari ha deciso di argomentare qui sotto per spiegarmi che non è vero, l’inchiesta è utile nonostante fare inchiesta ti renda famigerato il mio l’avrò fatto, perché incartando cose che penso in un’iperbole provocatoria sono riuscito a far discutere quello che è un problema su cui il settore ha dormito per 30 anni ed è importante non dorma più quando inizieremo a ricostruire dopo l’apocalisse zombie.
Bella merda, ve?
Cose successe questa settimana che ci hanno tiltato abbastanza da scriverci
Anche in Italia si sciopera contro Ubisoft.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
"È impensabile che un giovane che vive in un'altra regione o comunque lontano dal nostro territorio possa trascorrere tre giorni a settimana a Milano".
Con queste parole (di Andrea Rosafalco, rappresentante di Fiom Cgil) è stato indetto uno sciopero in Ubisoft Milan, cui ha aderito oltre il 70% della forza lavoro. A questi vanno aggiunti i più di 700 dipendenti già in sciopero presso le sedi di Parigi, Montpellier, Lione e Annecy, tutti uniti contro la richiesta dell'azienda francese che ha imposto il ritorno in ufficio per tre giorni alla settimana.
Secondo Ubisoft "la creatività è stimolata dall’interazione interpersonale, dalle conversazioni informali e dalla collaborazione attorno allo stesso tavolo".
L'azienda però non sembra intenzionata a farsi carico del costo della vita sempre più insostenibile in realtà come Parigi e Milano, né si è preoccupata di cosa voglia dire chiedere unilateralmente di tornare in ufficio a persone che sono state assunte a condizioni molto diverse e che rischiano di vedere i loro equilibri di vita sconvolti.
È un abuso bello e buono. A cui non poteva che seguire uno dei più grossi scioperi nell'Europa del videogioco.
Segno che finalmente qualcosa nell'industria sta cambiando, e che si è intenzionati a combattere per i propri diritti anche dove fino a qualche anno fa si subiva in silenzio.
Nemmeno le Sfere del Drago riescono a salvare lə dipendentə di Bandai Namco.
di Richard “Amaterasu” Sintoni
Nonostante l'enorme successo di Sparking Zero, secondo un recente report di Bloomberg il colosso nipponico che ci vende i nostri sogni di lanciare Rasengan e Kamehameha sta facendo lo stesso gioco che fece Konami ai danni di Kojima, ovvero mettere la sua forza lavoro a non fare un cazzo per far sì che questa presenti le dimissioni.
Con la differenza che, non avendo un nome e un cognome, di questə poverə stronzə non gliene frega niente a nessunə.
Sarebbero diversi i progetti cancellati a causa dei costi oramai insostenibili dei giochini, con gente messa a fissare le mura degli uffici senza nulla da fare per le mani, tranne passare il proprio tempo a cercare un nuovo impiego. Il tutto con uno stipendio ridotto, ma perfettamente in linea con le leggi per il lavoro giapponesi che "non consentono licenziamenti di massa".
Ma d'altronde a che serve licenziare quando puoi trattare la gente alla stregua di una bestia da macello?
Alla fine sta sempre tutto qui: costi, guadagni e ricavi. Dimenticandosi del lato umano, ridotto a un cazzo di numero da tagliare quando le cose non vanno abbastanza bene.
Metal Gear Solid Delta pare talmente buono da dimenticare che concettualmente è una merda.
di Andrea “IncidenteDiplomatico” Scibetta
Il redemption arc di Konami è ormai entrato nel vivo, dopo il successo di Silent Hill 2 remake, contro qualunque pronostico. Figuriamoci con Metal Gear tirato a lucido, che la gente ci sbavava dietro già dopo il primo teaser. Non azzardiamoci a fare qualcosa di nuovo, mi raccomando.
Dobbiamo sorbirci un'altra operazione nostalgia. Il terzo è il miglior capitolo della serie per me, ma anche il più facile. È quello che sta in piedi pure da solo, che è tutto gameplay, che è un po' bond movie e soprattutto non ci sono le maledette deus ex nanomachine.
Una bella operazione coraggiosa. Così coraggiosa che non si sogna nemmeno di ridoppiare, sarebbe troppo grave. Però i volti li rifacciamo, perché le donne devono sembrare tutte perfette e di porcellana, sia mai. E Ocelot per qualche motivo deve somigliare a Pulcinella.
Chi vuol essere lieto sia, di questo remake in Unreal Engine che si tiene ben lontano dall'aggiungere qualunque cosa di rilevante al gioco originale. Però c'è il graficone.
Io sinceramente di farmi truffare con la nostalgia mi sono stancato.
Ma come resto informatə? Come? COME??
Instagram e Tiktok. Molla un follow e ci sei. Se no ti perdi cose come il trailer #1 di B-HUMAN (sì, seguira anche un trailer #2):
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Don’t.
Se proprio devi, c’è il gruppone Telegram.
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A questo proposito venerdì ne è stato pubblicato uno a cura di Alteri (senza “e altri 1”, solo Alteri) dove si ciancia 10 minuti di carte. Nel senso di “trading card game”. Clicchino sulla grafichina per ascoltare i primi 5 minuti free o attivare la trial gratuita e sentire il resto. O uscire i soldi eh.
Spammini Tattici Nucleari™
World Tour: Never Alone e il mondo degli Iñupiat
la scorsa settimana ha lanciato una nuova rubrica FICA IN CULO DEVI LEGGERE ASSOLUTAMENTE.Credits, crunch, remaster e simili: lo stato dell’industria dei videogiochi del 2024
Luca D’Angelo non ha una sua identità e nella settimana in cui usciamo con B-Human fa il bignami del libro ma su Ilovevg. No, cazzate a parte, recap abbastanza puntuale del bordello incredibile che sta succedendo nell’industria dei giochini quest’anno.
Non so quanto sia interessante l’uscita di questa settimana ma oh, c’avevo bisogno di sfogarmi un po’. E di analizzarmi un bel po’. C’erano un altro paio di idee che invece penso siano incontrovertibilmente fiche e spero riescano a trovare spazio già dalla prossima settimana. Se non succede è perché sarà successo l’ennesimo drama di cui non si occupa nessunə e allora mi son convinto che me lo devo accollare io bla bla bla rileggi l’editoriale bla bla bla. Che palle.
Plus: sto giocando Neva. Ho fatto solo i primi 20 minuti. Sembra uno di quei giochi che qualcuno consiglierà a Briefcade a cui farà cacarissimo e poi sarà per qualche motivo colpa mia.
Io per ora non giudico perché anni e anni di giudizi dati di pancia mi hanno insegnato che la merda dà più soddisfazione se viene scaricata dopo una di quelle sessioni sulla tazza che ti riconcilia col mondo.
Quindi prima di defecare un giudizio voglio passare un po’ di tempo nel cesso. Però arriva.
Grazie per la condivisione di World Tour! B-Human è già pronto alla lettura sul Kindle 😊
Ma siamo proprio sicuri di poter chiamare i grandi portaloni italiani "critica" videoludica?
O meglio, siamo proprio sicuri che dietro pagine e pagine di informazioni ci si nasconda dietro del giornalismo?
Più andiamo avanti e più mi sembrano report di rumors riportati a cazzo di cane (senza scendere nel dettaglio, guai a inimicarsi i potenti), oppure recensioni che al giorno d'oggi non hanno molto senso, perlomeno non nella forma in cui sono oggi.
Quando leggo di videogiochi è raro che mi sento arricchito, piuttosto sento l'urgenza di avere ancor più vuoto il portafogli: con questo non intendo scaricare i miei problemi sulla stampa videoludica digitale, ma l'impressione che ho è che dopo wber letto una recensione, compro il gioco, magari.
Potrei prendere altro tempo e continuare il commento, ma devo farmi la barba e andare a lavorare.
Il problema è grosso, comunque, anche perché quando il pubblico si incazza per la critica alle aziende ho la netta sensazione che il videogioco rimanga semplicemente un giochino perché è così che si vuole, altro che arte.