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Red Damn Redemption
Ovvero: quanto ci piace prenderlo in culo dalle aziende giustificandole pure
Se è Annaporno tolgo. Però dai, i giochini Annapurna sono tendenzialmente sogni perfetti per queste notti di mezza estate dove lì fuori fa la neve ma oh tutto a posto col clima. Robe chill in cui chiudersi giusto il tempo di qualche ora, come se fossero l’equivalente del romanzo breve applicato al videoludo. Esperienze strane e stranianti come un gioco musicale sullo skateboard a tema tarocchi, abbastanza semplice da girare anche su iOS, abbastanza interessante da rimanerti nel cuore per sempre.
Sul podcastino clickbait [citazione necessaria] di oggi non c’è tantissimo altro da dire. E anzi, se mi è concesso visto che il mostro della settimana è particolarmente simile ad un Idra con mezzo miliardo di teste, sparerei subito qualche considerazione prima di procedere con l’anteprima dei post che usciranno su Facebook e Instagram prossimamente.
Il mostro è chiaramente il port di Red Dead Redemption su PS4 e Switch. Xbox rimane fuori perché la versione per 360 è retrocompatibile sia su One che su Series X|S. Peraltro, acquistare Red Dead Redemption sul marketplace ti costa 30€, a cui devi aggiungere un deca per Undead Nightmare – l’espansione a tema zombie uscita del giochino Rockstar.
Totale: €10 in meno di questa operazione commerciale difesa da un sacco di stronzə.
Pure all’interno della critica, perché chiaramente è molto più comodo calare le brache davanti all’azienda di turno che fare quello che nominalmente dovrebbe essere il tuo lavoro, cioè essere l’argine che tiene il cazzo delle zaibatsu a debita distanza dai nostri culi. Questa settimana si è parlato in modo molto fantasioso di preservazione, di valore dell’opera, di un pubblico viziato ormai abituato a svilire il videogioco. Queste parole arrivano dalle stesse persone che ogni giorno caricano sui loro portali le offerte di Amazon e di eBay e di salcazzo per comprare i giochini al prezzo più conveniente possibile. Capirai che c’ho il dente avvelenato. E quindi ho bisogno di iniziare a sfogarmi già da subito in apertura…
I videogiochi invecchiano?
Un’argomentazione a favore di un port a prezzo praticamente pieno a 13 anni dalla sua release originale è che appunto questi 13 anni non dovrebbero aver influenzato il valore dell’opera. La Commedia è ritenuta ancora quanto di meglio prodotto dalla letteratura italiana a 703 anni dalla sua stesura, no?
Qui però è opportuno ricordare una cosa: i videogiochi sono videogiochi. Non Cinema, non letteratura, non arte pittorica. Sono un altro medium con un linguaggio specifico suo. E sì, i videogiochi invecchiano.
I videogiochi invecchiano soprattutto per un motivo: sono stati un medium giovane. Sì, ok, tutti i media ad un certo punto della loro storia sono stati giovani, è logico. Ma quello ludico è il medium che è stato giovane “per ultimo”, e anzi, lo abbiamo visto invecchiare, lo abbiamo visto inventare e abbandonare linguaggi, approcci, stili. Lo abbiamo visto scoprire la terza dimensione in modo mainstream durante la sua quinta generazione (l’epoca della prima PlayStation, per capirci), ma riuscire a codificarla davvero solo un ciclo dopo. Prendi Tomb Raider 2 e mettilo di fianco a Resident Evil 4: è evidente quale dei due abbia codificato quello che è il linguaggio dello sparatutto in terza persona e facendolo, inevitabilmente, ha fatto invecchiare Lara Croft di colpo.
Un esempio che mi piace fare sempre in questi casi è quello di Ocarina of Time. Nel 1998 è stata una rivoluzione, anche più grossa di quella che ha portato sugli scaffali Breath of the Wild (adesso possiam dirlo, sono passati 6 anni e c’è stato giusto un clone). Assieme a Super Mario 64 ha iniziato a codificare l’uso del 3D nei videogiochi, ha inventato il lock-on – che Miyamoto chiamava Z-Targeting, visto che si eseguiva pigiando il tasto Z del controller di N64 –, ha introdotto le routine comportamentali dei vari NPC legandole all’orologio in-game. È un compendio del videogioco 3D. Non lo dico io, lo dice Hidetaka Miyazaki di From Software, secondo cui “The Legend of Zelda è diventato una sorta di libro di testo per i giochi d’azione 3D”.
Ocarina of Time ha fatto un sacco di cose. Un sacco di cose che oggi sono la normalità.
Prova a rigiocarlo oggi senza gli occhiali della nostalgia. Prova a rigiocarlo oggi se non l’hai giocato all’epoca, ignorando l’anno dell’uscita originale e guardandolo con gli occhi di unə giocatorə del 2023, di una persona che conosce la lingua che i videogiochi parlano oggi. Ocarina of Time ne esce come un videogioco che giocoforza risulta vecchio. Questo non vuol dire che la sua importanza per la Storia dei Videogiochi vada rivista al ribasso. Semmai anzi ne certifica l’importanza culturale.
E proprio per questo Ocarina of Time dovrebbe essere giocabile gratuitamente. Esattamente come puoi leggere gratis la Commedia di Dante.
Le remastered si comprano per nostalgia, i remake per amore, ma di relazioni tossiche anche basta.
Di Richard “Amaterasu” Sintoni
Ho perso il conto delle remastered che in questi anni ho bramato ed acquistato per mettere a bada la mia nostalgia ed i miei rimpianti, per colmare le mie lacune e cercare di rivivere i bei momenti andati.
Ho calato soldi (di nuovo) per titoli che avevo già giocato e mai dimenticato per rivivere le emozioni che avevo provato anni fa e fare quello che all'epoca non ero riuscito a fare, per riscattare il mio ego ferito dalle derapate del fantasma di Oxide e da quegli sghignazzanti bastardi ladri di uova col turbante.
Ho alzato gli occhi al cielo ed ho urlato al miracolo quando ho visto gemme perdute come Crash, Spyro e Klonoa tornare sul mio schermo.
Ma anche se mi avete avuto, sappiate che non dimentico.
Non ho scordato i file audio perduti della remastered di Silent Hill 2, le hitbox fatte col culo di quello di Shadow of the Colossus e Final Fantasy 7 Remake Nomura Edition.
Ed ora che mi state rimettendo sul piatto Metal Gear Solid a puntate io ho paura.
Ho paura che darvi ancora una volta fiducia sarà l'ennesimo colpo al mio nostalgico cuore che ancora si attacca ai ricordi ed alle speranze.
E sinceramente di darvi altre chance mi sono un attimo rotto i coglioni.
Venba è un giochino del cazzo e l'ho odiato con tutto me stesso.
Di Davide “Celens” Celentano
Dura giusto due ore ed è stato comunque difficilissimo finirlo.
Per me che sono ormai alla soglia dei 30, è stata una coltellata alle spalle che non ho minimamente visto arrivare. Una storia che mi ha toccato corde così nascoste, camuffata da cooking game colorato.
Venba mi ha ricordato quante volte da piccolo ho trattato come una pezza i miei genitori, che nonostante tutti i loro errori mi hanno sempre amato alla follia e mi continuano a dare ogni cazzo di parte di loro stessi.
Mi ha ricordato quante volte li ho snobbati per partito preso senza mai riuscire a filtrare le cose giuste da quello con cui effettivamente non ero d'accordo.
Mi ha ricordato di quante volte ho pensato di poter bastare a me stesso e di quante volte puntualmente mi sono reso conto di non essere pronto. E di avere una fottuta paura di non diventarlo mai.
E, come se non bastasse, mi ha ricordato che anche realizzare i propri errori non sempre basta. Che a volte è troppo tardi per davvero e non puoi fare altro che conviverci.
Quindi, a maggior ragione, non dovremmo buttare il nostro tempo a giocare a roba come Venba.
Voglio dire, mi ha fatto pure piangere.
Gameromancer col Rolex è su Spotify!
La scorsa settimana Patreon e Spotify hanno rilasciato una funzione congiunta per cui i post audio di Patreon potevano essere trasformati in podcast di Spotify – ascoltabili poi da chi è abbonatə. Non ci abbiamo pensato due volte e quindi ecco che Gameromancer Col Rolex è anche su Spotify.
Nel feed ci sono i mini-podcast dietro paywall per chi paga la tier da 5€, le puntate senza censura e in anteprima per chi paga quella da 10€ e anche diversi episodi free to listen. Tipo? Tipo l’ultimo in cui si parla di 30XX e Yomi 2.
Per me che adoro fare podcast questa possibilità è roba. Il player web di Patreon era un grosso limite alla visibilità di certi discorsi, specie quelli che si decide di fare senza paywall o a prezzi più popolari – tipo, con 1€ puoi ascoltare 20 minuti di Tears of the Critic, ma chissà quanta gente l’ha visto.
Detto questo, ringrazio i Patron che si sono già fiondati a dare 5 stelline allo show. Siete il motivo per cui ha senso insistere con queste puttanate. E se vuoi anche tu sei ad un click dal diventarlo:
Quel maledetto guilty pleasure.
Di Maura “Mewra” Saccà
Avete presente quando aprite la home di Twitch? E nei canali consigliati (o nei seguiti peggio ancora) vi appare quel bravissimo intrattenitore? Quello che gioca il giochino che stai giocando anche tu.
Magari un Marvel Snap, oppure un Pokémon competitivo. Che tu segui perché cazzo se ti piacciono questi giochini – nota: ricordiamo che le microtransazioni fanno comunque cacare. E continui a seguirlo perché ti insegna strategie nuove, ti spiega le nuove patch, ti fa navigare nel nuovo meta. Ti aiuta a migliorare, insomma, a quel cazzo di giochino competitivo con cui ti sei fissata.
E continui a seguirlo anche quando fa battute transfobiche, omofobe, razziste, sessiste.
E tu ti senti una frode.
Ti senti una falza di merda, un'ipocrita.
Quindi scrivi sto cazzo di post un po' per discolparti, un po' per urlare che: "Abbiamo bisogno di persone diverse che portano gli stessi contenuti dei grandi content creatorTM ma che non normalizzino battute sessiste, omofobe e razziste! Grazie per l'attenzione!"
Spammini Tattici Nucleari™
Il piatto piange. Più del solito. Però meno male che esiste Jacob Geller che tira fuori delle cose incredibili tipo questa:
Venendo alle cosine scritte invece:
Amaterasu sul Sacro Blog™ ha scritto una cosa tendenzialmente in tema con il mostro della settimana, quindi pure lì si parla di remake, remastered
e re:coded;Questa settimana è uscito Videoverse. Sembrava uno di quei giochini a rischio nostalgia che volesse raccontare di come si stava meglio quando si stava peggio quando c’erano i forum e Zuckerberg non aveva ancora il monopolio di tutti i social occidentali. È venuto fuori che invece Videoverse è una discreta mina. Giocare per credere;
Per me non è facile fare recensioni su The Games Machine. Vuoi o non vuoi c’è sempre quel mezzo compromesso per cui almeno un po’ del gioco devi parlare, perché sono recensioni, non rece. Però d’altra parte qualcuno di Venba doveva pur parlare alla platea normie che legge ancora le riviste, no?
Io e Giulia Martino abbiamo un’ossessione comune: id Software. Quella dei due John, ovviamente. Questa settimana anche lei s’è trovata a fare la causa del bene sul sito del male, e nello specifico ha parlato di Doom Guy. Life in First Person, ovvero un’autobiografia di John “Il Chirurgo” Romero. E che fai, te la perdi?
L’invito è sempre il solito. Se hai scritto/montato/registrato o anche solo fruito qualcosa di fico, faccelo vedè, faccelo toccà. Non deve necessariamente essere roba recente. Deve essere fica.
E adesso seconda tranche dell’editoriale incazzatino sulla questione Red Dead Redemption.
Smettiamo di chiamarla critica quando è palese non sia altro che pubblicità.
Di Davide “Celens” Celentano
"Che palle" dirà qualcuno "sempre i soliti discorsi, ormai è un concetto scontato".
Ma scontato per chi? Per lo "zero virgola" che legge questa newsletter? A me sembra che certe personalità abbiano ancora un'importanza e un'influenza decisamente significative e il fatto che chi produce videogiochi ci investa così tanto ne è la prova.
E allora ribadiamolo fino alla noia, sì. Chi guadagna parlando di videogiochi quasi sempre vuole venderti il prodotto, ha convenienza che tu lo acquisti. E quindi ogni aspetto positivo viene magnificato a dismisura (la parola "monumentale" vi è familiare?) mentre ogni difetto viene sminuito, relegato a comprensibile e trascurabile.
Viene di conseguenza che qualsiasi ragionamento o argomento proposto da queste persone (giornalisti o influencer che siano, ormai è la stessa cosa) non ha nessuna credibilità. Troverebbero il modo di difendere qualsiasi operazione commerciale, tanto la voce che si ascolta e a cui si dà credito è solo la loro.
Pensaci, quando è l'ultima volta che hai sentito una "personalità del settore" essere apertamente e aspramente critico senza mezze misure verso qualcosa? È sempre tutto bello e splendido, mi sembra.
Praticamente un monopolio dell'informazione. Almeno fino a quando non gli si toglie l'unica loro fonte di guadagno: la nostra attenzione.
Allora ignorali, ma confido che se sei qui tu lo faccia già. Quindi ti dico ignora e fai ignorare, fai capire ai tuoi amici e a quanta più gente possibile che c'è bisogno di togliere potere a chi non se lo merita e a chi non sa usarlo.
Se il mercato convenzionale non ti dà quello che ti serve, bisogna rivolgersi al mercato nero. Bisogna unirsi alla ribellione.
I giochini li raccontiamo sempre nel modo più servile possibile
Di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Prova a pensare come ti è stato raccontato Tears of the Kingdom. Si è parlato di quanto la mappa fosse grande, di quanti contenuti ci fossero su cartuccia. Si è parlato della sua longevità, senza entrare mai nel dettaglio di cos’era successo in quelle ore a chiunque stesse raccontando l’ultimo capitolo di Zelda. Magari qualcuno ha buttato lì il concetto di “gameplay emergente” per fare un po’ il fenomeno, ma quanto di quel gameplay emergente è stato davvero raccontato?
Nota: con “gameplay emergente” si intende quell’insieme di dinamiche che non dipendono dalla volontà dellə sviluppatorə, ma si manifestano comunque durante l’esperienza di gioco. In TotK per esempio è gameplay emergente tutta la parte legata alla costruzione di veicoli e strutture.
Adesso pensa a come t’è stato raccontato The Last of Us Parte 1. Le recensioni si sono concentrate sull’aspetto emotivo di poter rivivere 10 anni dopo un’esperienza che per chi stava dall’altra parte della penna è stata un gamechanger, l’entry point che l’ha iniziato all’idea che i videogiochi non dovessero essere necessariamente “giochi”. Si è parlato dell’esperienza, senza andare ad indagare cosa volesse dire riproporre 1:1 degli stilemi invecchiati – te l’ho spiegato prima – di una decade. Stilemi abbandonati dalla stessa Naughty Dog e più in generale dai PlayStation Studios, che adesso non sono più alla ricerca dell’esperienza cinematografica a scapito del resto come in epoca PS3 ma raccontano le loro storie in modo fondamentalmente diverso, molto più influenzato da The Witcher 3 che da The Last of Us. Si può fare lo stesso discorso tornando indietro per quasi qualunque remake, remastered o riproposizione.
Nel 2019 usciva su Nintendo Switch Mario 3D All-Stars, raccolta in edizione limitata (sia fisica che digitale, ma di Nintendo parliamo male dopo) di Super Mario 64, Super Mario Sunshine e Super Mario Galaxy. Indovina un po’? Ci si è concentrati sul raccontare su quanto Super Mario 64 sia stato un titolo seminale per il videogioco a tre dimensioni, nonostante sia un argomento su cui la letteratura di certo non manca. Nessuno si è preso la briga di puntualizzare che il porting su Switch è orripilante e piuttosto che dare 50 carte a Padron ‘Ntendo sarebbe stato molto meglio tirare giù un emulatore e farlo girare da qualche parte. Con tutte le migliorie che ormai i vari Dolphin e co. includono, tipo i texture pack aggiornati, laddove su Switch in docked l’immagine è tutta smarmellata sullo schermo.
Questo succede per due motivi: mancano le competenze e manca il coraggio.
Per poterti raccontare com’è cambiato The Last of Us in 10 anni è fondamentale aver capito una cosa che Neil Druckmann e i suoi hanno dimostrato di aver compreso con Parte 2: i videogiochi hanno un loro linguaggio e una loro identità. Non cerchiamo più il successo andando disperatamente in mimesi con Hollywood. Abbiamo avuto Hellblade, Nier Automata, Death Stranding e un sacco di cose che hanno comunicato usando l’interazione. C’è una scena in The Last of Us Parte 2, dopo il primo atto, che è tutta basata su questo concetto. È spoiler (duh), quindi non ne posso parlare per bene qui. Ma l’ho fatto qualche settimana fa in un rolex, ti interessasse.
Se la critica è rimasta a The Last of Us come picco mai raggiungo dall’industria, il gioco che ha inventato la narrativa nei giochini e tutte le altre bestialità che si sono sentite dire in giro, come speriamo si possa raccontare bene Parte 1? Stiamo chiedendo a gente rimasta al primo dopoguerra di parlarci della società di oggi. È chiaro che ti diranno che la leva militare è una ficata pazzesca. Non sanno capire l’oggi. In più manca anche il coraggio di prendersi il rischio di parlare male di qualcosa di così pop. The Last of Us è un oggetto sacro per un sacco di gente. Posso testimoniare per esperienza diretta che parlarne “male” (dove per “male” si intende non in termini estatici) comporta aver a che fare con un sacco di odio. E io posso farlo. In una redazione cui PlayStation Italia s’è rivolta per il lancio del suo remake evento immagina quanto sarebbe facile dargli un 5 senza che il caporedattore della situa metta mano al voto alzandolo.
Il paradosso della romanza attorno ai videogiochi è che percepiamo solo l’aspetto tecnico quando si parla delle produzioni odierne, senza lasciar spazio ad una critica dei sentimenti e delle suggestioni. E quando invece sarebbe importante pesare anche gli aspetti oggettivabili della questione – dalla resa tecnica fino al design – si va invece di amarcord.
Col risultato che poi si scambiano come “preservazione” palesi operazioni commerciali e si attacca chi scrive rece e si rifiuta di scrivere recensioni quando prova a leggere Red Dead Redemption su PS4 e Switch dal punto di vista merceologico.
Non ho parlato tanto del discorso preservazione. Abbiamo avuto il piacere di fare questo discorso diverse volte con gente decisamente più intitolata di noi, tipo Andrea Dresseno di IVIPRO (che per anni è stato il curato dell’Archivio Videoludico) e l’immancabile
che ormai taggo una newsletter sì e l’altra pure.Mi permetto di riassumere i discorsi fatti con tutti e due con una semplice considerazione. Se vuoi davvero preservare un videogioco a 10-15-20 anni dalla sua release ne rilasci il codice sorgente. Come hanno fatto i due John per Doom.
Difendi Internet Archive quando le multinazionali dell’intrattenimento vogliono farlo chiudere.
Eviti di schierarti dalla parte di Padron ‘Ntendo quando decide di cancellare la sua Memoria Storica “perché occupa spazio sui server”, salvo poi dumpare tutto l’archivio di EmuParadise, fargli causa e poi ridistribuire quelle ROM sulla sua Virtual Console.
Sì, legalmente Nintendo può fare quello che cazzo vuole, incluso mandare comunicati stampa gongolanti quando fa chiudere il negozio di uno stronzo di Vibo Valentia che smerciava R4 e lo costringe a risarcirli per la cifra monstre di 30 mila euro – a fronte del suo fatturato annuo di quasi 3 miliardi nella stessa valuta.
Dal punto di vista umano per me questo comportamento è disgustoso. E sono altrettanto legittimato a pensarlo e a ritenere etico piratare certe cose, pur di rivendicarcele.
Ocarina of Time è di tuttə. Dovrebbe essere così anche negli atti e nelle carte. Se non la vedi così siamo d’accordo sul non essere d’accordo, ma sappi che stai facendo del male a quello che professi essere il tuo hobby preferito. Non ci guadagni nulla a stare dalla parte del carnefice.
Red Damn Redemption
Per me una delle più interessanti newsletter. Analizzare bene singoli casi specifici mi permette di riflettere sull'operato di coloro che hanno più "voce e penna" più grande di voi.
Il caso di RDR a 50 euro mi ha fatto abbastanza pensare.
Sono giunto alla conclusione che per le software house è scomodo preservare i loro videogiochi.
Nintendo ripubblica solo giochi "innocui".
In un epoca in cui i remake GameCube tirano più di un pelo di fregna (citando un famoso proverbio, lungi da me dall'essere sessista), non vedremo mai uno Smash Bros.Melee.
Potrebbe distrarre le persone dal nuovo Smash su Switch profondamente diverso.
La cosa ha senso se poi si va a osservare il comportamento di Nintendo verso la community di Melee, che ha trovato pure il modo di giocarlo online.
Capcom e Konami cercano di capitalizzare con Remake e remastered sicuramente degne di nota, ma è evidente che ripubblicheranno il cazzo che gli pare a loro: come se non volessero fare sapere al pubblico giovane che magari anche i videogiochi vecchi siano ancora divertenti.
Il timore potrebbe anche essere quello di fare recuperare le console originali e avere un pubblico meno attaccato a una filosofia iper consumista che ci vede comprare e giustificare come necessarie nuove console (sarò io ma si ps5 e series x non ne sento minimamente il bisogno. Continuo a giocare col PC fatto nel 2018 a praticamente tutto).
È per questo che penso che dovremo agire noi, e che la pirateria sta facendo un grandissimo lavoro per quanto riguarda i videogiochi vecchio, rendendo possibili anche progetti come le fan translation che fanno sì che le persone possano giocare a giochi del passato rimasti soltanto in un mercato specifico.
Le aziende difficilmente pubblicheranno i loro codici sorgenti: quello è un tipo di preservazione "totale" fatta soltanto da pochi che amano vedere cosa tira fuori la community con parti di codice del proprio gioco.
Sarebbe bello avere i sorgenti di SM64, ma ahimè sarà difficile.
RDR1 mi ha fatto pensare: effettivamente il motivo per cui non è uscito su PC secondo me è perché lo avrebbero reso più facilmente preservabile, con tanto di possibilità di metterci mano e fare un lavoro di remastering che loro non hanno fatto.
Grazie per citarmi sempre ♥️ mi fa molto piacere!