Quanto cazzo sono cambiati i videogiochi?
Dai tie-in di Hollywood ai tie-in a Hollywood. In mezzo: chi il videogioco lo vive per lucro.
Basta così poco nei videogiochi perché il paradigma cambi completamente. È un battito di ciglia, passi da PS4 a PS5 – da Xbox One a Series X – e lo zeitgeist è completamente diverso. E la società pure, in realtà, perché alla fine i videogiochi sono semplicemente uno dei tanti specchi in cui si riflette l’oggi.
8 anni fa Hollywood si stava accorgendo dei giochini, portando in sala Angry Birds (che oggi è una serie lontanissima dai suoi fasti) e Assassin’s Creed nel pieno della sua parabola discendente. L’altro giorno Amazon invece annunciava la serie tv live action di Yakuza Like a Dragon, una roba che per anni non ci siamo cacati manco di pezza salvo l’occasionale dicitura “GTA con la mafia giapponese” in qualche recensione ignorante del cazzo e che oggi è invece tipo la Proprietà Intellettuale più importante di SEGA in culo a Sonic. Ecco quanto cazzo sono cambiati i videogiochi. Ecco quanto cazzo è cambiata la società.
Ma prima di inserire il meme del Joker (l’ennesima cosa di cui si è appropriata la destra) andiamo coi podcastini della settimana.
Canzone a meta
E io che speravo di fare un cestone di giochini che fanno cose fiche con la quarta parete. Non avevo considerato il DAMS, e soprattutto non avevo considerato che Alteri ha studiato proprio il medium da cui nasce l’espressione quarta parete (che non è l’edilizia ma il teatro).
Quindi è diventato un discorso quasi storiografico e mediologico sulla quarta parete nei videogiochi, dall’Egg di Warren Robinett passando ai tutorial extra-diegetici tipici degli anni ‘90 dove Lara Croft ti suggeriva di “premere il tasto Azione”. È abbastanza interessante, tutto sommato. E giuro che abbiamo sparato ad Alteri nei primi 10 minuti quindi i pistolotti DAMS sono centellinati.
I videogiochi costano troppo poco? Embracer dice di sì…
… E in realtà ci sono pure altre simpatiche notizie di attualità tipo Star Citizen che ha alzato 900 milioni durante il suo ciclo vitale di schema Ponzi e PSVR2 che arriva su PC sancendo quella che probabilmente è la morte della periferica. E forse di tutta la bolla della Realtà Virtuale.
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Anche se gli U2 ci stanno sul cazzo;
E a proposito di Gameromancer col Rolex™, questa settimana il menu propone Richard a caldo dopo aver finito Metal Gear Solid 2. Seguirà anche della roba dove approfondiamo per bene il gioco nella solita orgia del podcast tradizionale, ma il ragazzo aveva bisogno di sfogarsi.
— grafica rolex —
Bilancio di una generazione di mezza estate
8 anni fa al cinema uscivano il primo film di Angry Birds (perché sì, ne sono usciti addirittura due) e quello di Assassin’s Creed. E se andiamo ancora più indietro è facile constatare come la travagliata liaison tra giochini e filmini abbia confezionato un sacco di merda per il grande e il piccolo schermo.
Ad una certa però alla specie umana è successo Netflix.
Ed è successo che Netflix diventasse una cosa talmente pop da normalizzare abitudini che fino a quel momento erano tipiche “dei nerd” tipo sfondarsi di serie tv guardando tutta una stagione di fila – che se lo chiami “binge watching” sembra quasi una roba fica. A Netflix sono seguiti una madonna e mezzo di servizi identici ma posseduti da altre major, al punto che oggi sostanzialmente qualunque etichetta c’ha il suo (e se non c’è l’ha, ha dei deal con chi invece ha la sua piattaforma). Per nutrire questa bestia si attinge a qualunque storia possa essere serializzata o adattata in pellicola. Potevano i videogiochi fare eccezione?
Spoiler: no, anche perché è venuto fuori che il film o la serie tv tratta dal giochino spinge fortissimo le vendite del giochino. E non serve nemmeno che la serie sia un prodotto incredibile: il The Witcher di Netflix è praticamente Fantaghirò con più spade, eppure ha aumentato lo stesso le vendite di The Witcher 3 e ad ogni nuova stagione lo riporta comodo comodo nella top 10 dei più venduti di Steam. A dirla tutta non serve nemmeno che il gioco sia buono, perché qualche mese fa la serie di Fallout messa on air su Prime Video ha riportato in auge Fallout 4. Quello che conta è che la serie funzioni, nel senso che per un motivo o per l’altro generi buzz: il resto è consequenziale. Se pensi che negli anni ‘90 dovevamo giocarci il tie-in brutto de Il Quinto Elemento su PS1 questo dà molto le proporzioni di come sia cambiata la percezione del videogioco nell’intrattenimento mainstream.
È 15 anni che ci ripetiamo di essere l’industria col cazzo più grosso al mondo e di fare più soldi di Cinema e Musica sommate. Ed è vero, quindi il naturale passo successivo è che Hollywood ne voglia approfittare. Soprattutto questa Hollywood che sta cercando disperatamente il prossimo fenomeno che porti la gente in sala adesso che il Marvel Cinematic Universe è in flessione pesante.
Il primo grande cambiamento rispetto ad una generazione fa è questo: adesso il videogioco ha capito come raccontare sé stesso a chi non gioca sfruttando il Netflix & Chill.
Su questa Terra siamo 8 miliardi. 3 di questi giocano (una buona metà su mobile, che è il responsabile da solo del 49% dei ricavi del settore). Ci sono 5 miliardi di potenziali clienti che The Witcher 3 non l’hanno ancora giocato, e che grazie a Henry Cavill Liam Hemsworth magari nei prossimi anni lo faranno. Difficile dire oggi se questo sia un cambiamento per il bene o per il male. Più gente che gioca è assolutamente positivo, ma il videogioco oggi ha alcune barriere di ingresso che lo caratterizzano e lo rendono significativo. Non sto parlando della necessità di tirare fuori 600€ per una console o una millata per un buon PC, ma di tutto quel linguaggio che noi diamo per assodato ma che per un pubblico nuovo non lo è. Prova a far giocare un gioco in terza persona a tua mamma: muovere la telecamera con la levetta destra non è per nulla intuitivo per chi si approccia al 3D per la prima volta oggi. Di contro invece il touchscreen è un sistema di controllo con cui probabilmente ha già familiarità, e a dirla tutta una delle prime cose che ha fatto il mondo mobile quando ha provato ad importare alcuni generi dal “gaming tradizionale” (che è un’espressione del cazzo, sappilo) è stato automatizzare i movimenti. Perfino Super Mario su telefono è diventato un endless runner – venduto a 10€ perché Nintendo being Nintendo, ma è una storia per un’altra volta. E di contro il “gaming tradizionale” sta importando alcuni degli approcci tipici del mondo mobile per quanto riguada la monetizzazione. Un paio di mesate fa succedeva che Dragon’s Dogma 2 ricorresse in modo abbastanza molesto alle microtransazioni. Un anno fa lo faceva Resident Evil 4. Prima ci cadeva anche Gran Turismo 7 (peraltro post-uscita delle recensioni).
Il CEO di Embracer ipotizzava un RPG Open World da miliardi di ore venduto a più di 80€. A me fa paura l’idea che domani Red Dead Redemption 3 possa essere distribuito gratuitamente/ad un prezzo friendly e riempito di scorciatoie e semplificazioni per cui è necessario scegliere tra pagare e grindare. Non serve manco andare troppo lontano, voglio dire, Genshin Impact non me lo sono sognato, esiste ed è disponibile trasversalmente dappertutto per poter potenzialmente raggiungere tutti.
Ma c’è stato anche un altro grosso cambiamento nell’ultima generazione. Un cambiamento con cui chiunque c’ha rotto le palle con contenuti post-mortem che rievocavano i bei tempi in cui si prendeva un aereo per andare a Los Angeles e fare una full-immersion di 7 giorni nel videogioco* mancando clamorosamente il punto.
*evito battute perché l’ultima volta che ho scherzato su questa cosa è successo un casino con conseguente tentata Cancel Culture e oh, non me lo accollo un round due.
Perché il punto non è che “è morto l’E3” e ormai le aziende si fanno la comunicazione per i cazzi loro. Il punto è che il videogioco ha deciso che l’evento di punta del settore dovevano essere i suoi Oscar, facendoli diventare una cosa che con gli Oscar non c’entra manco pe gnente. Che la comunicazione si facesse più persistente e mirata alle uscite del momento della singola azienda era inevitabile. Dopo che Nintendo s’è inventata i Direct il resto dell’industria non poteva rimanere a guardare. Se ogni anno fai uscire 3 o 4 Tripla-A non può bastarti un unico evento (peraltro con tempo limitato e attenzione mediatica condivisa con gli altri player del mercato) per comunicarli.
L’E3 parlava ad un pubblico che non esiste più. E diciamoci la verità, spesso e volentieri era una rottura di cazzo pure per noi che eravamo quel pubblico, visto che ho ancora un sacco di ricordi vividi di conferenze di Square Enix con le slide dove l’executive di turno mostrava risultati finanziari di cui non me ne fregava una ciolla di minchia, ero lì per vedere se davvero sarebbe uscito Final Fantasy Versus XIII. Spoiler: è uscito davvero, ed era meglio si facessero i cazzi loro. Il problema non sta lì, è perfettamente capibile che in un mondo abituato ai 90 secondi della durata di un reel quel format fosse un dinosauro, e dal punto di vista “sociale” possiamo tranquillamente costruirci i nostri momenti di aggregazione anche con i Nintendo Direct e li State of Play. No, il problema sta nel fatto che s’è fatto convergere il palco di Los Angeles con quello dei The Game Awards – altro spoiler: il Summer Game Fest esiste solo perché siamo abituati alle conferenze in questo periodo e Geoff può arrotondarci facile facile qualche milione di dollari in pubblicità, ma la portata principale è quella dei TGA.
Ora, di quanto i TGA siano un inganno a tutti i livelli ho detto e scritto una marea. Non ti linko l’ennesimo podcast perché mi rendo conto che è meno accessibile di un testo scritto, però tanto ho riciclato lo stesso discorso anche su The Games Machine e te lo puoi leggere da là. La problematicità nello specifico sta nel fatto che volevamo i nostri Oscar e li abbiamo consegnati nelle mani del volto del DoritosGate, che guarda un po’ li ha trasformati nell’equivalente per nerd del Carosello dove un minuto del segmento viene venduto a 250mila dollari. Però oh, “qualche” slot viene dato agli indie (chissà in che accezione di indie), quindi ‘ttapost. L’ho già scritto “indiewashing” qualche newsletter fa, vero?
Questo non è necessariamente problematico, se devo dire la verità. Cioè, fa schifo sicuramente che una sola persona abbia tutto questo potere e si arricchisca così tanto a cazzo di cane, ma cosa implica per il videogioco? Se questo atteggiamento è il calcio nel culo che serve a chi viaggia tra l’essere indie e l’essere AAA e porta a contro-iniziative tipo Triple-I, personalmente ci sto. Sempre Nintendo (che strano da dire ma anticipa i trend comunicativi da un bel po’ di tempo) nel 2014 si era inventato il format del Treehouse. Non c’è stata una conferenza tradizionale stile E3 (ma solo appunto un direct), e per il resto del tempo il focus era tutto sullo showfloor dove i giochi erano provabili – complice l’apertura dell’E3 anche al pubblico previo acquisto del biglietto – e soprattutto trasmessi in rete. La pubblicità sicuramente non fa male ad un videogioco quando viene annunciato, ma alla fin fine i videogiochi sono giochi, le cose importanti sono nel gameplay. È questo il motivo per cui stringi stringi si sta scappando da questi cluster a meno di non aver bisogno di fare un po’ di hype mostrando solo la title-card del gioco in sviluppo (vero Metroid Prime 4?). Da questo punto di vista, forse, il videogioco sta effettivamente cambiando, perché lo sta finalmente capendo.
Oppure forse va così perché stiamo vivendo una generazione con poche hype bomb. Ma anche questa è un’altra storia.
Ma se Hellblade non è un videogioco allora non lo è manco The Last of Us?
di Davide “Celens” Celentano
No, perché sinceramente nessunə si è mai sognato di esporre giudizi del genere sul tanto amato titolo di Naughty Dog, eppure non mi sembra che abbia un gameplay molto più profondo di quello di Ninja Theory.
Sparare e nascondersi forse vale più punti che dare spadate e schivare? Anzi, con Senua c'avete pure il vostro tanto amato cazzo di parry.
Allora qual è la discriminante? Le ore di gioco? Il numero, la durata delle sezioni di gameplay "classico"?
Se proprio vogliamo dirla tutta, tra i due chi usa il linguaggio del videogioco è proprio Hellblade, che non potrebbe esistere con lo stesso incredibile impatto in nessun'altra versione, mentre The Last of Us non fa altro che dire guarda mamma, come il cinema!
A me sembra semplicemente che come al solito vinca sempre il pregiudizio o, forse peggio ancora, il postgiudizio per accodarsi a ciò che dice la maggioranza.
Ma, soprattutto in periodo di elezioni, io della maggioranza non mi fido manco per il cazzo.
Un minuto durante il Summer Game Fest costa quanto la RAL di 10 dipendenti.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Mi accollo che sia una considerazione un po' populista, ma è inevitabile quando nell'ultimo anno e mezzo le aziende del videogioco hanno lasciato a casa più di 20mila persone. È più importante comparire in quello spazio che ha preso l'E3 e lo ha trasformato in Carosello (ma per i nerd) che il videogioco di per sé.
Prima vendiamolo, poi vediamo come viene fuori. Un po' come con Cyberpunk 2077.
Il grosso problema di tutta questa faccenda è che dovremmo sentirci un po' complici e invece non vediamo l'ora di spararcelo tutto in faccia 'sto Summer Game Fest. E anzi quasi quasi lo re-streammiamo pure sui nostri canali Twitch perché le visualizzazioni piacciono a tutti, e poco importa se per la prossima settimana faremo tutti lo stesso cazzo di contenuto uno uguale all'altro. Un po' come quando escono le recensioni di un videogioco.
Degli sviluppatori in fondo ce ne frega un gran cazzo. E anzi quasi che Geoff è un santo a lasciare qualche slot "agli indie" (qualunque cosa lui intenda per indie) e a chiedere i soldi alle multinazionali. Peccato che Sony Nintendo & Co. nel caso passino dalle parti del Summer Game Fest non pagano un cazzo, i soldi devi tirare fuori solo se non sei abbastanza VIP.
Solo che c'è un problema: senza sviluppatori i videogiochi non esisterebbero. E di questo passo lo capiremo quando non esisteranno più.
Grazie Konam-volevo dire grazie Kojima per avermi fatto rimpiangere il '98.
di Richard “Amaterasu” Sintoni
Grazie davvero, perché mai mi sarei aspettato di ritrovarmi ad invidiare chi ha giocato Metal Gear Solid nella sua forma più pura, senza spoiler e senza saperne un cazzo.
Purtroppo non ci si può fare nulla, internet viaggia e le cose si sanno in giro, vuoi per i meme o per i reel che girano sui social tante robe ce le spoileriamo senza farlo apposta, ma non posso che provare un'invidia fottuta per chi ha dovuto combattere Psycho Mantis senza sapere come farlo, o chi si è ritrovato davanti Liquid con le sue rivelazioni sul perche e il percome ci ha preso per il culo durante la nostra missione a Shadow Moses.
Poi oh, certe cose non le sapevo manco per sbaglio, e quando Hideo ha deciso di prendermi a pugni mi ha steso.
Ma davvero invidio chi lo ha giocato al tempo, cazzo quanto lə invidio.
E posso solo immaginare come vi siate sentiti voi stronzə durante l'E3 del 2000 quando Hideo vi ha mostrato il trailer di Sons of Liberty.
Che a me è bastato vederlo mezza volta per farmi entrare in testa la soundtrack e le seghe mentali.
Spammini Tattici Nucleari™
Non ho spottato grandissime cose da spammare. Però questo lascia più spazio al singolo linkino che sto per inserire: VGP Play è entrato nella sua fase di beta pubblica, e quindi adesso che è accessibile ha senso iniziare a parlarne.
Cos’è? È una piattaforma stile Netflix MA dedicata a interviste e documentari sui giochini. Si accede aggratis (con pubblicità) e pare che in futuro arriverà anche un abbonamento premium per rimuoverle. È roba che ha molto più valore dei vari documentari pagati dalle major per ripulirsi l’immagine, per cui direi che la segnalazione era d’obbligo.
Sono quelli che una volta erano “i giorni più caldi dell’anno videoludico”. Il climate change è arrivato anche qua e adesso le temperature si sono spalmate su tutti i 365 giorni. Non ho idea di se e cosa faremo per i vari eventi (a parte il sicuramente NON coprirli live), dipende da se viene fuori qualche considerazione interessante o esce qualche demo giocabile. Parlare di giochini dopo averli visti e basta per me è un big no, per cui non ti aspettare quello. Anche perché sinceramente le idee per le prossime issue non mancano.
In questo periodo sono arrivato alla conclusione che “il più pulito c’ha la rogna” è una massima di vita che è valida sempre. C’è poi chi la rogna prova a curarsela e chi invece preferisce continuare a nascondere le bolle con la cosmesi dei silenzi strategici quando sbagliano lə amicə suə e del far finta di nulla quando si razzola male dopo aver predicato. E manco così bene. Ci si può fidare solo di chi sta giocando a questo gioco a perdere e io, come Fantozzi, sono il più grande perditore di tutti i tempi.
Il problema è che per l'E3 il mondo era cambiato: era iniziato come fiera di settore per i giornalisti (e immagino) stakeholders, poi si è aperto al pubblico.
Le aziende però sta cosa non l'hanno mai capita fino in fondo, dunque giù di pistolotto di dati finanziari rassicuranti per gli investitori.
Nonostante tutto, perlomeno le edizioni fino al 2006/07 me le ricordo con sommo piacere: probabilmente perché le leggevo filtrate da qualcuno che sapeva scrivere e in grado di farmi sperare di andarci, prima o poi.
Comunque per me Geoff è un problema: come sempre, i monopoli non vanno bene.
E soprattutto con le dinamiche di potere in gioco e coi prezzi per gli slot per i trailer vedremo costantemente sempre gli stessi player/ roba scelta da lui.
Già c'è un problema di "sovrappopolazione" del medium, se ci mettiamo pure a manipolarlo sempre più gemme potrebbero sparire dai nostri radar.