Marvel vs. TikTok
Storie di come siamo diventati ostaggi in una Crisi dei Missili che c'entra poco con Cuba e tanto coi giochini
Venerdì scorso è successo che l’America ha bannato un po’ di app cinesi.
TikTok ha chiaramente rubato la scena a tutte le altre, ma come vi raccontavo nella prima newsletter di quest’anno (l’Anno del Serpente, non a caso) ByteDance ha diversi investimenti anche nei giochini, col risultato che anche Marvel Snap è stato snappato.
Mentre stavamo cercando di capire come coprire la cosa Trump è arrivato e ha risolto la situa revocando l’embargo. Per questo è stato salutato come un eroe, tanto dai creator USA di TikTok – a cui Arancioman deve un pezzo della sua elezione – quanto dalla piattaforma stessa, che ha mostrato fieramente un bannerino a tutta l’utenza americana ringraziando il Presidente per i suoi sforzi.
Solo che tutta questa manfrina era iniziata proprio durante il precedente mandato Trump, anche se nessuno pare ricordarselo.
Solo che non è un cazzo normale che nella terra dei liberi (per citare il loro marketing inno) in una nottata si possano far fuori videogiochi e app di montaggio tipo CapCut solo perché si vuole obbligare ByteDance a vendere. Magari all’amico tuo che s’è già comprato X o all’altro amico tuo che possiede il resto dei social network rilevanti.
Solo che tutto il resto del videoludo è troppo occupato a parlare di Elon Musk che usa i cheat su Diablo 4.
A proposito della pericolosa normalizzazione che si sta facendo della figura di quell’altro, si è sentita l’esigenza di spendere due parole.
SCIBETTA DISSA I PLAYERINSIDE (POTREBBE ESSERE CLICKBAIT)
Non tanto in risposta ai vari Raiden del videoludo che sostengono “ad avercene di gente come LVI” (forse quel “LVI” lo leggo solo io così), quanto per cercare di opporsi al tentativo di imporci una narrativa da parte di quelli che poi frignano che il woke vuole imporci una narrativa.
Per produrre questi 6 minuti di video abbiamo investito tipo un paio d’ore di lavoro. Che non ci paga nessunə al netto di chi esce i soldi su Patreon, a cui va tutto il mio cuore – ma magari non col gesto che ha fatto Musk.
Sono due ore tolte alle nostre vite IRL perché non facciamo i creator per professione e i creator per professione, beh, se ne strafottono di questi discorsi e quando ne parlano fanno pure un sacco di danni. Per cui sono qui a chiederti una roba che odio chiedere perché mi mette al loro stesso livello, ma è importante: guarda quella merda di video, iscriviti, condividilo.
Da soli non riusciamo manco a fare 500 visual perché siamo degli incapaci. Insieme, forse, possiamo fare un po’ di differenza.
I sei minuti di questo video valgono più dell’oretta di podcast di questa settimana, dove s’è parlato un po’ di come il costo dei giochini potrebbe raggiungere i 100€ a copia. Io te lo embeddo lo stesso, però se devi scegliere premi play qui sopra, piuttosto che qui sotto.
Ah sì, in tutto questo già che si parla di Marvel Snap e che mi ero già reclamato fin troppo spazio l’editoriale di questa settimana è a cura del francese. Anche perché tra poco gli invadono il Canada.
The new American Gods
di Richard “Amaterasu” Sintoni
È la sera di sabato 18 gennaio negli Stati Uniti d’America, e di punto in bianco (ma non troppo) milioni di persone scoprono di esser state private di TikTok.
Questo è l’aftermath di una battaglia iniziata già diversi anni fa, le cui basi erano già state gettate dall’allora 45esimo presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che il 6 agosto 2020 firmò un ordine esecutivo che di fatto bandiva WeChat e TikTok dal suolo a stelle e strisce, in quanto considerate un rischio per la sicurezza nazionale e sospettate di raccogliere dati dalla sua utenza per poi fornirli al governo cinese, oltre che un metodo per attrarre lǝ giovanǝ.
Accuse nemmeno così infondate eh, basti vedere Tencent e NetEase. Ordine poi impugnato qualche giorno dopo dalla stessa TikTok per fare causa all’amministrazione, usando come motivazione il fatto che fosse più un regolamento di conti personale (per via dell’opposizione che trovava posto nei vari shorts della piattaforma) che un affare di stato.
Il discorso sul ban della piattaforma social si ferma, per poi arenarsi male durante i fatti del 6 gennaio 2021, data dell’assalto al Campidoglio da parte di chi voleva, a conti fatti, il golpe per rovesciare i risultati delle ultime elezioni che avevano favorito Joe Biden.
Trump fu bandito da Twitter e da diverse altre piattaforme social, mossa che si rivelerà poi estremamente utile per “il carotone “ e per ciò che ci aspetta dopo.
Nonostante questo la guerra commerciale tra Washington e Pechino oramai era iniziata, e TikTok viene comunque proibito in campi universitari e luoghi di lavoro governativi in quanto considerata non sicura per i dati personali, e culmina poi nella legge del 2024 (a firma dell’uscente Biden quindi) che da tempo 90 giorni all’app per farsi comprare da una società che non sia cinese, possibilità già accennata nel 2020 ma mai presa in considerazione. Accompagnata però dalla seconda vittoria di Trump alla corsa alla Casa Bianca, ottenuta soprattutto grazie a Elon Musk che s’è accattato Twitter e lo ha trasformato nel megafono della voce repubblicana. Una volta assicurate le elezioni, Trump chiede alla Corte Suprema di sospendere il ban a TikTok (per il quale lui stesso aveva avviato gli iter burocratici) fino al giorno del suo insediamento, in modo tale che la sua amministrazione possa trovare quella che lui definisce una “soluzione politica”.
I tempi sono stretti e tutto si traduce in un nulla di fatto, fino ad arrivare al 19 gennaio 2025, data di scadenza dell’ultimatum e vigilia del nuovo insediamento di Trump in Casa Bianca.
TikTok viene ufficialmente messo offline, e con lui tutta una serie di applicazioni e giochini di proprietà di ByteDance o comunque affiliati ad essa, tra cui Capcut, Lark, Mobile Legends: Bang Bang e Marvel Snap. A memoria non ho ricordi simili, che un social che nel 2023 contava un miliardo e 677 milioni di utenza globale (della quale 150 milioni solo negli Stati Uniti) venga bannato da quello che dovrebbe essere un esempio di democrazia.
E qui bisognerebbe pure fare un discorso su quanto siamo davvero sicurǝ che i videogiochi se li paghiamo li possediamo, visto che basta così poco per privarci di un intrattenimento per il quale abbiamo calato il grano e al quale abbiamo dedicato del tempo, ma alla luce di tutto questo penso non ci siano dubbi sul quanto sia fragile la cosa.
Tornando al discorso, arriva la sera del 18 gennaio e il ban scuote il mondo, iniziando a far riflettere la gente, che si trova di punto in bianco senza qualcosa che tutto il resto del globo terracqueo ha e ne usufruisce.
È il cazzo di capitalismo 101, funziona così. Perché è chiaro e cristallino che se Bezos, Musk o perfino WallMart (che in cordata con Microsoft aveva già lanciato l’amo nel 2020) avessero messo le loro mani sul TikTok tutto questo non sarebbe avvenuto. E di tutto questo viene incolpata la firma che era sui documenti, ovvero quella di Biden.
Ma è anche la vigilia del nuovo insediamento dell’amministrazione Trump, con lo stesso che non perde tempo e vede l’occasione d’oro per accaparrarsi i consensi di una Gen Z orfana di uno dei suoi social. La macchina burocratica si mette in moto e in poche ore TikTok torna online, seguito anche da Marvel Snap e da Mobile Legends, e Trump se ne prende tutti i meriti.
E se in quelle ore vi è capitato di aprire X beh, se Luigi Mangione era stato associato a Breelom li c’erano davvero un sacco di Lickitung.
Tantissimi messaggi a celebrazione del nuovo presidente eletto degli Stati Uniti, che arrivano dopo già diverse settimane di fuggi-fuggi generale dalle politiche DEI da parte delle aziende che avevano snasato già da tempo che aria avrebbe tirato. Lo stesso Zuckenberg qualche tempo fa ha rivisto le politiche dei suoi social, allentandone le maglie delle restrizioni e, de facto, permettendo all’utenza di scrivere cose aberranti come associazioni tra l’omosessualità e le malattie mentali. A riprova del fatto che non si è mai trattato di politicamente corretto, quello che contano sono sempre stati i soldi e il washing.
Trump è diventato il cazzo di eroe che ha salvato TikTok, tutto quello che aveva fatto per farlo bannare durante il suo primo mandato è tabula rasa e ora la storia lo celebra come il paladino della libertà d’espressione, mentre da una scrivania inizia a mettere firme su documenti che ci riportano indietro di anni e anni su tutti i campi delle battaglie sociali.
Libertà d’espressione il cui significato è stato preso e usato come scusa per scrivere la peggio merda su Twitter da quando Elon Musk lo ha comprato, e che ora può andare solo in peggiorando. Anzi, lo sta già facendo.
In settimana infatti dei rappresentanti di Musk hanno avuto un incontro con degli amministratori di qualche canale social di natura indipendente.
Leggasi: quelli che, volenti o nolenti, vengono considerati come “la vera informazione slegata dai potery forty”.
Va da se che se questo dovesse andare in porto sarebbe l’ennesimo macrocanale social al servizio di Musk, di colui che de facto sta diventando il padrone dell’informazione su Internet a colpi di acquisti. Mentre noi stiamo qui a discutere sul se si è davvero bottato l’account di Path of Exile 2 o se quello era davvero un saluto romano (spoiler si, provate a farlo in Germania e ditemi come va a finire).
La risposta pubblica nostrana non è poi così diversa da quella di là, mi ricordo di una quantità immensa di “ad avercene di imprenditori così in Italia, gente che si fa da sola e che investe per il futuro” scritti e pronunciati un po’ ovunque, gente che fino a l’altroieri godeva nel vedere le auto elettriche prendere fuoco e oggi adora il dio-magnate di Tesla. Magari si lancia pure nelle cripto perché qualche stronzo gli ha detto che sono il futuro.
Quello che sta facendo il mondo è tornare indietro, ma non solo per il discorso del fascismo. Stiamo tornando indietro di molto più tempo. A quando non c’era democrazia, non c’era monarchia. Si adoravano gli dèi.
Mentre la democrazia muore, sotto si sentono gli applausi.
E temo non manchi molto prima che queste mani che battono rischino di trasformarsi in un “sieg heil”.
Cose agghiaccianti successe questa settimana
Nordio se la prende coi “giochi di ruolo” e per sbaglio c’azzecca pure.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Il ministro Nordio sostiene che i giochi di ruolo facciano del male sfruttando vuoti normativi. E c'ha ragione, ma non nel modo che pensa lui.
Andando sul canale YouTube del ministero della giustizia si può recuperare una clip dove ad un certo punto, per qualche motivo, Carlo Nordio paragona i giochi di ruolo alle sette (?) parlando di come in entrambi i casi esistano delle zone grigie della legge che permettono loro di provocare "tutta una serie di danni psicologici e anche di su1c1d1 tra i ragazzi e nessuno ne ha mai parlato".
È chiaramente la solita sparata da boomer, di per se. Ma se il Ministro della Giustizia volesse dire ad Electronic Arts che le lootbox sono gioco d'azzardo SAREBBE LA FOTTUTA ORA.
Perché sì, da questo punto di vista esiste davvero un vuoto normativo che permette ad EA (ma pure a Epic con Fortnite, a The Pokémon Company con Pocket e possiamo andare avanti tutto il giorno) di inserire quella che di fatto è istigazione alla ludopatia in giochi venduti senza fare una piega ai minori.
E il "ludo" in ludopatia non sta per "giochini di fantasia" , ma per "videopoker ma con il faccione di Cristiano Ronaldo".
Al di là del fatto che nessun gioco di ruolo mi ha causato i problemi psicologici di un governo Berlusconi a caso, se proprio Nordio avesse bisogno di un pretesto per prendersela con i (video)giochi di problemi ce ne sono una marea.
Non c'è bisogno di agitare lo spauracchio del su1c1d10. Basterebbe riformare il PEGI.
La teoria del complotto per cui Alanah Pearce non ha lavorato a GoW Ragnarok
di Richard “The Saboteur” Sintoni
Alanah Pearce ha davvero lavorato per Santa Monica nello sviluppo di God of War: Ragnarok.
E a dirlo non siamo noi, ma Santa Monica stessa che, a seguito dell'ennesimo colpo di genio del complottismo videoludico, ha scritto un post sul suo X dove ha dichiarato nuovamente il coinvolgimento di Pearce nel videogioco kolossal di Kratos.
Ed è paradossale sta cosa a pensarci, siamo passatə da un mondo dove Warren Robinett ha dovuto creare una stanza nascosta in Adventure nel 1980 per pigliarsi i suoi cazzo di meriti (per di più poi rivendicata e monetizzata da Atari) a uno studio che deve fare uno statement pubblico per mettere a tacere dicerie e cazzate. Che potevano trovare spazio solo durante l'ennesima ondata dal profumo di gamergate. A che versione siamo già? 3.0 forse?
Ma sapete che c'è? Che magari Alanah Pearce non avesse lavorato a God of War: Ragnarok. Magari non lo avesse fatto, sarebbe l'ennesima stoccata a 'sti soggetti.
Che probabilmente sono proprio loro quelli che le mandavano DM pieni d'odio e foto dei loro cazzi quando chiedevano la data di lancio di Ragnarok e si lamentavano del ritardo dello stesso.
Almeno per una volta si potrebbero sentire per quello che sono: un branco di stronzi frustrati.
Gli sviluppatori di Lords of the Fallen non vogliono fare videogiochi woke. Purtroppo vogliono continuare a fare videogiochi.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Il direttore del marketing Ryan Hill parlando con gli investitori di CI Games ha detto che lo studio vuole concentrarsi su "esperienze utente eccellenti con tematiche avvicenti e personaggi creati specificatamente per l'utenza core". Che detto da chi in catalogo c'ha Sushi Academy per Nintendo DS fa abbastanza sorridere.
Hill continua dicendo che nell'ultimo anno diversi titoli di alto profilo hanno sotto-performato per colpa di quella che, secondo lui, è un'agenda politica. Un giro infinito di parole per dire "Go Woke Go Broke" portando in alto il vessillo di Concord, come se poi quello Stellar Blade che tutti considerano l'anti-woke avesse venduto più di un milione di copie.
"I nostri giochi saranno sempre sviluppati per massimizzare il gradimento dei giocatori e il successo commerciale, e di conseguenza non inseriremo nessuna agenda politica o sociale in queste esperienze, avendo osservato i grossi rischi che comporta".
Quello che dice Hill è abberrante non tanto perché vogliamo a tutti i costi l'inclusività nei giochini, ma perché con questo approccio si nega il fondamento stesso del videogioco riducendolo a prodotto.
Non opera o cultura, ma solo merce da vendere a chiunque nel 2025 non abbia ancora capito la differenza tra un buon soulslike e Lords of the Fallen.
Come mi aggiorno?
Seguendo Gameromancer, perché siam gli unici stronzi che ti daranno una lettura politicizzata dei giochini. Pure quando si limitano a giocare i giochini.
Escono 3-4 Amanda Reel alla settimana su Instagram e Tiktok. Sono pillole di 90 secondi con cui trattiamo le questioni più di attualità, che trovi anche come Short su YouTube. Lì ci finiscono anche altri long form, per cui vale la pena iscriversi.
Spammini Tattici Nucleari™
Non sto piangendo, mi è entrata una scheggia di osso di dino nell'occhio
ha scritto una roba gran bella su Outcast, dove sono odiatissimo perché 3/4 del roster sta su IGN e insomma vecchie storie. Tanto alla fine vince sempre Gameromancer e c’ascolta comunque più gente, tiè.Comunque a parte i dissing puoi leggerla qui →
Io direi che ti ho già stracciato abbondantemente le palle con l’intro oggi. Quindi ti becchi un’outro facile facile dove ti dico grazie di aver letto fin qui, se hai letto, e ti consiglio di prepararti mentalmente ad un sacco di merda.
La destra, come al solito, ci ha dettato l’agenda e ci ha costretti a combattere. Penso che però sia il caso di iniziare a farlo in modo più furbo.
Dobbiamo usare l’iperbole e nasconderci dietro il sisghé pure noi, laddove invece ci prendiamo (e quindi veniamo presi) troppo sul serio quando esageriamo tanto quanto loro.
Dobbiamo imparare a scendere da ‘sto cazzo di piedistallo dove come sinistra ci siamo messi, perché l’high ground morale ce lo diamo nel culo davanti alla gente che soffre e viene cancellata dal proprio Presidente.
Magari dovremmo ricordarci che non sono gli errori a definirci come essere umani, ma quello che facciamo dopo averli commessi. Le broken stairs si possono riparare.
Credere che tutte le persone siano oneste sarebbe follia. Credere che non lo sia nessuna però sarebbe peggio.
Queste parole non sono mie. Sono di John Quincy Adams, il sesto Presidente degli Stati Uniti d’America.
E preferisco ascoltare il sesto che il quarantasettesimo.