Lies of D.(ark Souls II)
Quella volta che Gameromancer s'è accorto che Lies of P. non è la sottomarca Lidl di Bloodborne, ma il fratellino dell'unico Souls dove Miyazaki s'è fatto i cazzi suoi
La vera bugia è che io Lies of P. l’ho solo giochicchiato rompendomi il cazzo tutto sommato presto – dalle parti del primo boss. Ma non è davvero una bugia, visto che questa settimana l’editorialino della newsletter lo firma Celens, che invece quando si tratta di Soulslike, Soulslite, Soulsclone o come cazzo vuoi chiamarli è una fogna. E infatti s’è giocato pure quella merda di Dark Souls II – che altra bugia, non ho manco mai toccato, però ultimamente ha in effetti questa nomea di Souls brutto.
Quando questa newsletter si sarà materializzata nella tua casella di posta – se usi l’app di Substack invece ammolla un commento qua sotto, solo per il meme – dovrei essere uscito da un periodo dove ho lavorato ad una roba abbastanza grossa. Come tutte le cose abbastanza grosse che faccio dal 2019 a questa parte, ci ho lavorato con Fra. Non c’entra Gameromancer, ma senza Gameromancer non sarebbe stato possibile. Se ne parla a breve, questo è solo un teaser per generare aspettative che come da 32 anni a questa parte farò il possibile per deludere, perché questa cosa che la gente ha delle aspettative su altra gente deve finire, è un gioco al massacro in cui ci arroghiamo il diritto di dire alle persone come dovrebbero vivere le loro vite. E anche no.
Però chi sa già si merita un ringraziamento enorme per esserci stato in questi mesi di tour de force. Ce l’abbiamo fatta. Mo so cazzi dell’editoria di settore. Via con lo spammino del podcast e poi si parla male di Lies of P.
Il silenzio nei videogiochi è la cosa più assordante che si possa sentire.
E questa è una delle frasi più banali che si possa digitare, per cui... Cazzate a parte la cosa interessante di questa puntata non è tanto il concetto di silenzio nei videogiochi in sé e per sé, quanto il significato che diamo all'espressione. Non effettiva assenza totale di suono, ma qualcosa che manca e con la sua assenza sottolinea sé stesso, per poi erompere quando ricompare.
Un modo efficace di creare atmosfere, ricordi, momenti di gioco rimasti tatuati nelle nostre anime.
Lies of P(D): quando le animazioni legnose sono giustificate dalla trama
di Davide “Celens” Celentano
Lies of P ha avuto un’accoglienza estremamente positiva. Specialmente se si considera quello che è, ossia l’ennesima reinterpretazione (clonazzo?) dei videogiochi di From Software che non fa altro che copiare spudoratamente lo stile della software house giapponese, remixando giusto un po’ la base e aggiungendo praticamente un cazzo, se non un paio di meccaniche proprietarie qua e là che non sembrano fare mai realmente una differenza degna di nota.
Ovviamente la percezione del suo successo presso il pubblico è per forza di cose filtrata dagli occhi di chi scrive, dai commenti della gente che si leggono/sentono nell’ambito dei contesti che si frequentano. L’opinione della “stampa specializzata” però (scrivere queste parole sugli spazi di GR fa sempre effetto LOL) è oggettiva e può essere letta nero su bianco nella forma dei lusinghieri voti elargiti al titolo (i testi “argomentativi”, per dirla alla Franchino, leggeteveli voi) e delle opinioni generalmente positive espresse dallə influencer che trattano abitualmente di soulslike.
Noi ne abbiamo parlato praticamente zero, se non con un post social di qualche settimana fa, visto che l’unico del gruppo ad averlo giocato abbastanza da farsi un’opinione relativamente completa sono io, che pur sto procedendo con passo assai lento avendo da poco superato la metà della storia.
E già qui casca il primo asino (il secondo se consideriamo il miniboss di Viale Elisio).
L’avanzamento è forzatamente lineare, non c’è mai scelta su cosa affrontare prima o dopo, non c’è mai libertà su dove andare prima o dopo e praticamente non esistono contenuti opzionali che non siano qualche bivio secondario di pochi metri che ti porterebbe a un oggetto (o un nemico che te ne droppa uno).
Ovviamente reinterpretare una formula significa poter fare il cazzo che si vuole, questo è sacrosanto, quindi descrivere questa scelta di design come un difetto oggettivo risulta un po’ al limite.
Immagino converrete però che buona parte del fascino dei videogiochi From (che d’ora in poi per semplicità chiameremo Souls, ma famo a capisse) è la libertà di avere a disposizione sin da subito quasi tutta la mappa e di potersi infilare un po’ dove cazzo si vuole (nda fa sempre discorso un po’ a parte Sekiro, ma famo a capisse anche qui). Questo, oltre a rendere infinitamente di più quanto a immersività, rende possibile divertirsi a fare cose eccentriche quando si conosce bene il gioco e, perché no, anche a “romperlo” volutamente.
Ci sta voler rendere ogni fase del gioco equilibrata a livello di difficoltà, ma “castrare” fino a questo punto l’esperienza dellə giocatorə per paura che possa essere overlivellatə o overequipaggiatə per un’area o un boss è uno scambio che non vale la pena fare. Oltre che apparire una scelta di design estremamente pigra e/o paraculo.
Anche sciogliere un boss spammando R1 è divertente, se me lo sono guadagnato vincendo una sfida o affrontando un’area complicata prima del tempo.
Pigro, paraculo e forse un po’ cacasotto anche non avere il coraggio di rendere opzionale o segreta nemmeno un’area e solo qualche boss intermedio (che puoi skippare ma che comunque trovi sempre sulla strada principale quindi non puoi non sapere che è lì). Comprensibile il desiderio che lə giocatorə trovi tutto quello su cui hai lavorato, ma i mondi dei Souls si percepiscono così vivi anche e soprattutto per la quantità incredibile di contenuto opzionale (spesso di qualità anche superiore a quello obbligatorio, nonché fondamentale per capire alcune parti della lore) che puoi completamente missare se li affronti in maniera superficiale.
Sicuramente ci saranno tipologie di giocatorə a cui questa di formula fa semplicemente rodere il culo e basta e potrei anche concordare con la possibile obiezione secondo cui il modello Miyazaki sarebbe troppo sbilanciato in questa direzione, ma tra i due estremi sarà sempre preferibile quello che osa di più. Solo chi osa sbaglia, chi sceglie di non osare non avrà nessuna possibilità di superare l’ordinario aggiungendoci il prefisso stra-.
È un po’ questo il leitmotiv del titolo. Risulta sufficiente, una buona base di partenza in ogni sua componente, a parte probabilmente quella artistica che in alcuni punti tocca dei picchi importanti e risulta abbastanza ispirata (negli interni molto più che negli esterni, di cui eviteremo di parlare per non fare le punte al cazzo anche su questo).
Il level design è piatto, senza alcuna complessità, con decine di muri invisibili (no, non quelli che scompaiono se ci rolli dentro) e ostacoli ambientali in ogni cazzo di mappa. Buona parte delle shortcut che sblocchi risulta completamente inutile perché non converrà utilizzarla o perché verrà sostituita da un'altra migliore che si trova dopo pochi passi.
Il combat system è lento e lo senti macchinoso tra le mani. Ogni volta che premi un tasto per eseguire un’azione, sia essa un attacco, una cura, una schivata o l’utilizzo di un consumabile, perdi il controllo sul personaggio per interminabili secondi. Inspiegabile la decisione di renderti staggerabile da qualsiasi colpo e al contempo non dare un minimo di hyper armor a praticamente nessuna arma pesante. Tutto questo, dopo aver imparato a volare con Bloodborne, Dark Souls III, Sekiro e Elden Ring, fa tanto l’effetto di agganciarsi una palla da una tonnellata ai piedi.
Tutto ciò è completamente giustificabile, trattandosi della prima esperienza dello studio con un progetto così ambizioso (e non del loro primo gioco, visto che esistono da tipo 20 anni) e con un genere così particolare, in cui praticamente tutti quelli che vi ci sono buttati ne sono usciti con le ossa rotte.
Il problema è, come al solito, come ce lo siamo raccontato.
Lies of P è stato presentato come “Bloodborne ma con Pinocchio” però giocandolo è subito chiaro come in realtà non lo sia. Di Bloodborne ha il mood, l’estetica e il rally dopo che hai sbagliato una parata. Stop. Il resto è un mix di meccaniche prese da tutti gli altri Souls (ma quando le ordini da Wish).
A conti fatti la cosa che più ricorda Lies of P è in realtà Dark Souls II. Il Souls “apocrifo”, quello che ci va vicino ma non riesce a cogliere fino in fondo lo spirito che c’è alla base. Quello che nel prologo ti prende per il culo per quante volte morirai e che durante l’avventura si assicurerà costantemente di far avverare la profezia in ogni modo possibile. Fino a dimenticarsi di essere un videogioco.
D’altronde, da dove cazzo è uscito il concept di quel lampadario davanti al Re dei Burattini, se non dritto dritto da Dark Souls II?
Da grande voglio essere The Last of Us Parte 2.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Voglio riuscire a rompere un loop che ha zero a che fare con quello di gameplay e tutto con la vita vera, quella che inizia quando spegni la console e che se davvero stessimo attenti a quello che giochiamo quand'è accesa forse non farebbe così schifo alla merda.
Voglio mettere da parte tutte le vendette idiote, tutte le divisioni del cazzo. Voglio spezzare finalmente questo ciclo.
Voglio riuscire a parlare con te, te che sei così diversə da quanto possa mai essere io eppure dividiamo lo stesso cielo, lo diceva anche Meowth in quel film del '98.
Se solo avessimo mai ascoltato l'intrattenimento che ci ha reso chi siamo. Anche solo per sbaglio.
E invece siamo in grado solo di ascoltare quei politicanti che puntano il dito sempre più a sud convicendoci che sono gli altri a rubarci il futuro. Prima si invocava il Vesuvio per lavarli col fuoco, oggi li aiutiamo a casa loro tenendoli ostaggi nei porti.
Siamo in grado solo di fare del male, di farci del male. Convintə come siamo di essere diversə per stronzate così irrilevanti che potrebbero essere un disco uscito su Wii U.
E allora da grande voglio essere come quel gioco per PS4 che ci stanno riproponendo in tutte le salse. Chissà che giocato col graficone il messaggio non penetri meglio.
Chissà che la prossima partita non sia finalmente quella dove possiamo spegnere la console per non riaccenderla più. Perché non ci servirà più un posto dove evadere.
Dovremmo smetterla di parlare di giochi "per tutti" dandogli un'accezione positiva.
di Davide “Celens” Celentano
Innanzitutto perché i produttori mettono su questo tipo di progetti semplicemente per vendere a più persone possibile e non per il nobile scopo di diffondere cultura nel mondo.
In secondo luogo perché anche raggiungere momentaneamente un pubblico “generalista” serve a un gran cazzo se poi quel pubblico non lo coltivi in qualche modo.
Vendere le madonne con Hogwarts Legacy allə milioni di sottonə della Rowling non porterà la gente ad appassionarsi ai videogiochi perché l'esperienza Hogwarts Legacy è talmente pensata “per tuttə” che alla fine non è realmente per nessunə.
Né per lə appassionatə di lunga data, che si trovano in mano un prodotto piatto e senza alcuna personalità, né per lə “outsider” che si faranno due gag per qualche ora ma non capiranno il potenziale del medium e non avranno motivo di ripetere l'esperienza con nient'altro su cui non ci sia il nome di un franchise altrettanto importante.
Il videogioco è una roba a sé e deve avere il coraggio di essere videogioco perché può fare cose che nient'altro può.
E chi vi si vuole avvicinare deve essere consapevole di partire da zero e sapere che come in tutte le cose c'è bisogno di apertura mentale e impegno, perché il bello nella vita non è mai aggratis.
Perché mi pare che nessuno sia mai entrato al Louvre con la pretesa di capire la Gioconda senza aver mai aperto un libro.
Ma se gioco ad Helldivers 2 assecondando la narrativa proto-fascia del gioco, sono proto-fascio?
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
No. Sto semplicemente giocando di ruolo, o “recitando una parte” se per caso devi spiegare a tua mamma com’è che ti è arrivata una notifica su Whatsapp che ti dice “oh alle 9 esportiamo la democrazia”. Succede perché Harrowhead ha creato un immaginario pazzesco e lo sta raccontando di Cristo, e attorno a tutto questo stiamo costruendo momenti di condivisione bellissimi e dai, sai benissimo anche tu che ci serviva qualcosa per tirare a campare.
La generazione dei nostri vecchi ha prosperato fottendo irrimediabilmente l’ambiente. Noi ci dobbiamo accontentare di sparare ai Terminidi.
E tutto sommato la beffa è che poteva pure andarci peggio.
Fa schifo che ci dobbiamo accontentare di questo, fa schifo anche che magari ci possiamo permettere il meme dell’apologia di fascismo nonostante il nonno partigiano che si sta rivoltando nella tomba ma tanto non abbiamo i soldi per poterla convertire in energia eolica.
Fa schifo sapere che il messaggio di fondo di Helldivers 2 può essere interpretato da qualche stronzo di Casapound come apologia nonostante sia satira.
Però ci hanno già tolto Tolkien, Capitan Harlock e il futuro, ‘sti proto-fasci. Almeno Helldivers ce lo lasciate per 10 minuti?
Spammini Tattici Nucleari™
Su
è da qualche settimana che vanno online questi diari di bordo della Normandy scritti da . Meritano veramente un sacco. Soprattutto se è anni che un caro amico ti stressa perché dovresti assolutamente recuperare Mass Effect e stai per cedere e dargliela finalmente vinta.Camminare nei videogiochi: per una fenomenologia delle 'soglie di contatto' virtuali
Su Lo Specchio Scuro il solito Stefano Caselli ha tirato fuori qualche settimana fa questa riflessione molto fica sul camminare nei videogiochi. Che in un certo senso si collega molto bene pure al tema del silenzio trattato questa settimana in podcast, perché abbiamo legato tanto l’assenza di suono al camminare. E a Death Stranding.
Leggi, ascolta e tutt cos sul sito webbe →
Lies of P, Collodi, Asimov, Urasawa e la ricerca dell’umanità
Già che Davide parlava di Lies of P. mi sembra interessante proporre questa riflessione (che dà una visione molto diversa del giochino) di Marco Bortoluzzi su PoteriArcani La Rivista Ufficiale™. Perché al solito, si può essere in disaccordo pure senza far volare gli stracci. Anche se sull’Internet ce lo dimentichiamo.
Fila su The Games Machine →
Quando il Silenzio diventa Game Design
Anche LevelArt aveva parlato di silenzio nei giochini tipo un annetto fa. Si ripropone stravolentieri il contributo.
Questa è la 55esima settimana consecutiva de La Voce della Ribellione. Non ne abbiamo saltata una da che l’appuntamento esiste. Il podcast invece non salta un lunedì dall’estate del 2020. Quasi 4 anni. Se mi riguardo indietro mi chiedo come cazzo sia stato possibile, soprattutto perché negli ultimi 365 giorni di merda ce ne è capitata. O forse il quantitativo di merda è lo stesso che ci capita ogni anno da che Gameromancer ha iniziato ad avere un significato e semplicemente sono io che devo fare i conti col fatto che non ho più 26-27 anni.
Ho quasi l’età di Cristo e nell’ultimo anno mi sono chiesto diverse volte “ma perché devo finirci pure io su quella cazzo di croce?”
Che a pensarci è comunque un pensiero abbastanza blasfemo, riesco ad essere sbagliato anche quando mi chiedo se sto facendo la cosa giusta. È un dono. O una maledizione. Dipende dalla persona a cui lo chiedi.
Tutta questa merda in ogni caso è possibile grazie a chi se l’accolla. A Fra coi suoi momenti di Up e quelli di Down. A Davide e Richard che ogni settimana in questa stronzata ormai finiscono sempre (e un paio di newsletter le hanno scritte direttamente loro). A Filo che è una persona molto più forte di quanto possa mai essere io e anche ad Ale che je l’ammolla in modi insospettabili – anche se è #TeamTifa e trovo la cosa inconcepibile.
Ma è possibile soprattutto a chi se l’accolla dall’altra parte. A chi sceglie di provare ad essere migliore giorno dopo giorno in mezzo a quella gente che l’Internet del Videoludo ha deciso essere la peggiore e adesso non ha altrə alleatə al di fuori di sé stessa. Un po’ alla volta si torna a bomba su tutto. Promesso.
Vi ringrazio per tutto il lavoro che fate, spero davvero che riusciate nel vostro intento; altrimenti chi porterebbe avanti la ribellione?
Il problema più grande di Helldivers 2, ma in realtà di qualsiasi cosa sia una sferzante satira contro la destra è che la maggior parte del popolo non riesce a percepire il layer di ironia: forse perché certe posizioni un po' ridicole effettivamente lo sono