Col senno di poi mi rendo conto che in quello che scrivo il tema dell’essere millennial è una presenza fissa.
A volte è il main event, si prende il palco centrale quando sento il bisogno di rinfacciare alla generazione di mio padre che c’ha messə su un binario inevitabilmente diretto verso la fine del mondo votando la gente sbagliata, corcandoci di mazzate ad ogni manifestazione, non considerandoci mai nella complicata equazione che chiamiamo futuro e adesso pretende pure che risolviamo noi.
Altre volte si limita ad aleggiare sui discorsi, facendo da sfondo alla guerra contro la trappola della retrofilia e all’inevitabile considerazione che, anche se avevi giurato non l’avresti mai fatto, ad un certo punto pure tu sei cresciuto.
Oggi si cade in entrambi gli scenari. La segamentale della settimana affronta proprio direttamente la cosa, laddove invece il podcastino ad un certo punto finisce a parlare proprio del fatto che ad una certa cresci. Che tu lo voglia o no.
Perché qualcuno dovrà pur fare l’adulto, in un mondo dove gli adulti-più-adulti fanno le sponsorizzate per Nintendo.
[podcast] New Game Plus Journalism: il futuro dello scrivere di videogiochi
Il “giornalismo videoludico” è arrivato ai titoli di coda, però adesso possiamo giocare il New Game+.
Possiamo ricominciare da zero portando sul nuovo salvataggio tutta l’esperienza accumulata fino ad ora. Possiamo ammettere i nostri errori e non rifarli più, o quantomeno provarci. Possiamo scegliere di essere il disco e non chi lo canta, rimettendo al centro del discorso il contenuto più che il personaggio da cui il contenuto si emana.
Possiamo. Sempre se siamo davvero pronti a farlo.
Sempre se al pubblico di tutto questo frega ancora qualcosa.
[patreon] un’ora di Randomancer
Abitualmente quando registriamo un episodio “principale” ci prendiamo 10-15 minuti per parlare di altro in esclusiva per chi paga la tier da 10€ del Patreon.
Questa volta abbiamo parlato per oltre un’ora toccando un sacco di argomenti: siamo partiti da Monster Hunter Wilds che sta performando una merda, poi per qualche motivo siamo diventati passati alla pubblicità di American Eagle con Sydney Sweeney e da lì è degenerata. Ah, e in mezzo c’è pure una nuova hit che fa impallidire “e Scibetta non ha l’acqua”.
Ma perché dico tutto questo? Perché visto che si parla di un pre-puntata corposo abbiamo deciso che fosse il caso di renderlo un Gameromancer col Rolex™ stand ualone, e quindi puoi ascoltartelo anche pagando 5€ o attivando la trial gratuita di una settimana.
Chi esce il deca ha accesso anche alla puntata uncut (quindi 2 ore di registrazione senza tagli) e al solito formato video con nuove incredibili gags visive.
Non c’hai 5€ da buttare? La tier più fica rimane comunque quella da 1€ e basta, che ti permette di accedere al gruppo Telegram privato con tutte le persone che pagano. E soprattutto senza Alteri che ha disertato.
[segamentale] Generazione Burnout
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Non siamo mai stati la "lazy generation", ma quella del burnout.
Se nel 2004 avevi una quindicina di anni ed eri bravissimo a sprecare il tuo tempo su quel gioco di macchinine che causavano incidenti spettacolari, beh, Criterion ti stava semplicemente spoilerando quella che sarebbe stata la tua vita da adulto.
Sacrifici sempre più folli per vivere in case sempre più piccole che non ti puoi manco permettere di possedere. Il meglio che la tua laurea magistrale può pagare è l'affitto di questo bilocale che può accompagnare solo la casa che i tuoi hanno comprato per crescertici dentro.
Ah, e tutto con una terza media pure scarsa.
Siamo la generazione che non sarà mai abbastanza, quella che non ha voglia di fare un cazzo perché osa rifiutarsi di chiamare "vita" 600€ al mese in nero per farsi il culo 12 ore, perché l’unica cosa che ci avete insegnato è la vergogna di preferire la PlayStation al caporalato.
Siamo quelli che mentre giocavano a Burnout 3 non vedevano l'ora di poter votare per mandare a casa Berlusconi e che adesso non votano più perché “tanto che vuoi che cambi?”. Quelli che anche quando provano a cambiare le cose non ce lo lasciate fare perché “alla tua età cosa ne vuoi sapere”.
Ne sappiamo pure troppo. Siamo overqualificati per questa merda, eppure ci tocca mandarla giù con il cucchiaio.
Sappiamo cosa vuol dire dover lavorare fino a 71 anni per pagare le vostre baby pensioni. Sappiamo cosa vuol dire essere quelli che devono zigzagare tra le ZTL mentre continuate a eleggere negazionisti del clima. Sappiamo quanto costa al chilo la dignità che abbiamo dovuto svendere per partecipare ad un gioco di cui avete scritto voi le regole e servono tutte a non farci vincere mai. Sarà per quello, forse, che ci attacchiamo così disperatamente ai videogiochi.
Non siamo mai stati la lazy generation. E adesso che EA ci ha pure tolto Burnout, ci resta solo l'esaurimento nervoso.
Il presente dello scrivere di videogiochi
Le major del videogioco li vogliono uccidere.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Il movimento Stop Killing Games è diventata una cosa troppo grande per fare finta di nulla, e infatti le varie multinazionali del videogioco hanno risposto. Con una nota distribuita attraverso Video Games Europe (che si definisce come "la rappresentante degli interessi dei publisher e degli sviluppatori più creativi d'Europa") che dice in buona sostanza "grazie ma no grazie", usando come giustificazione il fatto che i server privati per i giochi online non possano sempre essere un'alternativa percorribile.
È chiaramente una supercazzola smentita dai fatti, visto quel mezzo miliardo di esempi di server privati di videogiochi attivi negli ultimi 30 anni.
La motivazione, più prosaicamente, è che se dei privati (pagando, eh) tengono su dei server di un videogioco poi diventa più difficile spostare la playerbase su un eventuale sequel. Chissà quanta gente giocherebbe ancora ad Overwatch 2 se si potesse ancora giocare al primo, per esempio. Cioè, ammesso e non concesso che qualcuno giochi ancora ad Overwatch 2.
Va segnalato anche che tra i membri di Video Games Europe figura anche IIDEA, l'associazione di categoria degli sviluppatori italiani.
IIDEA non ha preso le distanze dalla dichiarazione di Video Games Europe e sui suoi social sta ignorando di rispondere a domande sulla questione. Il che non vuol dire che l'associazione sia ufficialmente contraria a Stop Killing Games, chiaro, ma vedere un'associazione di categoria stare dalla parte dei padroni non è il massimo.
Perché adesso parliamo dei server e ok. Quando toccherà parlare di crunch o di diritti dei lavoratori?
Salvate Monster Hunter Wilds dalle mani di Capcom.
di Richard “Amaterasu” Sintoni
Salvatelo perchè oramai è chiaro che questa gente non abbia idea di cosa stia facendo col titolo che doveva essere il rilancio perfetto della serie.
Ed è un gran peccato vedere Wilds che dopo un lancio più che ottimo da dieci milioni di copie mo' è ridotto a prendersi sui denti un review bombing atroce. Un po' perché sì, i contenuti mancano e arrivano col contagocce, ma la maggior parte perché il gioco gira uno schifo su Pc.
Che ok, già al lancio c'aveva rogne su cui passavi sopra perché cazzo è Monster Hunter e ne avevamo bisogno, ma mo' pare davvero che per sistemare una cosa ne abbiano spaccate altre quattro.
Salvate Monster Hunter dalle mani di Capcom perché questo è il titolo che doveva e poteva portare una nuova generazione di cacciatorə nelle lande desolate, e invece la sta allontanando. Ha fatto 10 milioni di copie si, ma ne avrebbe potute fare 30.
Salvate Monster Hunter perché tra tutte le IP che davvero ci servono a questo mondo MH è una di quelle che non ci si può rinunciare. E chi la gestisce dovrebbe saperlo molto bene.
Non sei obbligatə a innamorarti di un gioco sai?
di Richard “Amaterasu” Sintoni
Non sei nemmeno obbligatə a fartelo piacere, anche se tutto il mondo attorno ti dice che quel titolo è un capolavoro monumentale e imprescindibile, che se non lo giochi non sai quello che ti perdi.
I videogiochi sono arte, ognunə la interpreta come può o come riesce. Non hanno un linguaggio che si può codificare, lo so può solo ascoltare e capire.
È un po' come innamorarsi in fondo. Non lo si fa a comando. Succede e basta, e se provi a forzarlo beh, finisce che prendi per il culo non solo te stessə, ma pure chi ha deciso di condividere una parte del suo sentiero con te.
Non sei obbligatə a innamorarti di un videogioco o dei videogiochi in generale, e nemmeno dovrebbe pesarti il fatto di non riuscire a farlo anche se il mondo ti dice il contrario.
Cazzo, puoi pure concederti di prenderti una pausa dai videogiochi se senti che nessuno di questi è il tuo. Non stai dicendo che vuoi restare solə per tutta la vita, che hai chiuso per sempre e che vuoi appendere il pad al chiodo.
Semplicemente devi trovare quel titolo che ti faccia dire ancora una volta "ecco perché mi sono innamorato per la prima volta dei videogiochi".
Fico, ma se ne volessi ancora?
Fatti un giro sui nostri profili Instagram, Tiktok e YouTube. Dal lunedì al venerdì ci sono ottime probabilità che esca un contenuto al giorno dove si parla di queste cose cercando di dare ai giochini la dignità che meritano.
[spammini] I videogiochi non ti insegnano niente
Questa settimana lo spammino viene direttamente dal Sacro Blog™ di Gameromancer.
Sul blog di tanto intanto permettiamo a chi senta la necessità di scrivere qualcosa di farlo in crowdsourcing: è una cosa che secondo me è molto fica perché ti permette di scrivere quel cazzo ti pare come cazzo ti pare, senza curarti di SEO, intenti di ricerca e di piacere all’algoritmo.
Alcuni vecchi lupetti di mare di questo freddo oceano che chiamiamo “Game Critique” ne han fatto una questione di sfruttamento della manodopera gratuita per fare soldi – su un blog che non c’ha mezzo banner pubblicitario, poi mi chiedi perché quando interagisco con questə stronzə divento Hulk.
Dei soldi, sinceramente, non me ne frega un cazzo. Mi frega invece che persone come Mattia possano scrivere quando sentono il bisogno di farlo.
Se questo fa incazzare qualche parruccone, dimostra solo per l’ennesima volta la loro disumanità.
E se sei disumano, non puoi capire questo pezzo →
Aggiornamenti sulla questione Censura & Giochini per colpa di Mastercard: Mastercard si sta dissociando. Nel senso che ha pubblicato una nota sul suo sito dove tiene a specificare che “al contrario di quanto riportato sui media” non hanno mai richiesto restrizioni o valutato giochini.
Se da qui a poco (un po’ come successo un paio d’anni fa con Onlyfans) il dietrofront sarà totale avremmo un ottimo case study di cosa l’informazione, quando è fatta bene, può fare. E di come possiamo protestare colpendo i veri colpevoli, senza disperdere l’odio come troppo spesso abbiam fatto negli ultimi anni.
Se vogliamo crescere, e secondo me a una certa chi non vuole farlo sta rivendicando un privilegio non più sostenibile, questo è uno dei punti fondamentali da cui partire per ridiscutere non tanto quello che facciamo, ma i modi che utilizziamo per farlo.
I modi che scegliamo hanno delle conseguenze di cui poi dobbiamo assumerci le responsabilità. Bisogna esserne consapevoli, bisogna sentire questo peso, deve essere una roba difficile.
Se no tanto vale che vai a fare il Playmaker per Sony.
, detto Pulciaro, è una ragazza neolaureata in cerca di lavoro, appena arrivata a New York. Vorrebbe fare la correttrice di bozze e il talento non le manca: così decide di presentarsi ad un colloquio per l'ambito ruolo di seconda assistente di Miranda Priestly, l'influente e tirannica direttrice della rivista di moda Runway.
Addirittura nella sezione spammini™️