La lista di cose improbabili che Nintendo ha provato a venderci
Perché no, Alarmo non è manco nella top 10 di scammate che fanno la Nintendo Difference
Questa settimana Nintendo ha annunciato una sveglia e la gente non l’ha presa benissimo. Stranamente non perché commercializzare una sveglia è una cosa woke, ma perché stiamo tutti con i genitali in mano aspettando Switch 2 Super Nintendo Switch (che LOL mettiti l’animo in pace, la vediamo a gennaio ed esce a marzo. Come Switch 1).
In ogni caso Alarmo non è nulla di nuovo per Nintendo. E non solo perché non è il primo aggeggio/app rilasciato dall’azienda di Kyoto che si occupa di sonno (l’anno scorso per dire è uscito Pokémon Scarlatt… Sleep, volevo dire Sleep!) o in generale di salute, ma perché Nintendo la fisima di venderci puttanate c’è l’ha praticamente dalla sua fondazione. Gunpei Yokoi ce lo ricordiamo per aver inventato il D-Pad, ma in realtà il suo primo successo commerciale in Nintendo è stata l’Ultra Hand nel 1966.
Prima di immergerci in un viaggio fatto di prodotti improbabili e idee di merda però bisogna advertizzare un’altra idea di merda, ovvero l’ultima puntata del podcast videoludicamente scorretto.
Kentucky Route Zero è UNA CAGATA PAZZESCA!
Ma è vero che il videogioco è ostaggio di una certa critica elitista che vuole imporre il suo gusto su quello del popolino trasformando i giochini nell’ennesimo strumento di una lotta di classe che abbiamo già perso? Spoiler: no, in realtà nei videogiochi ce ne siamo sempre battuti i coglioni di quello che diceva la critica e semmai si è ostaggio non tanto del popolo, che alla fine non decide un cazzo, quanto di quello che gli executive delle aziende decidono essere il gusto del popolo quando mettono lì sui loro fogli di calcolo tutte quelle idee di design che stan dietro ai giochi che ce l’han fatta.
E quindi ti giochi l’ennesimo RPG Open World story-driven, il clonazzo di Slay The Spire, il GaaS che prova a fare i big money e 9 su 10 fa la fine di Concord.
Solo che per fortuna i videogiochi, per quanto ormai estremamente capitalizzati, sono ancora una roba tutto sommato punk. Fatta da gente punk, che sicuramente non rientra nei canoni che la società ha stabilito essere quelli per definirsi “normale”, e quindi ogni tanto il genio creativo trova modo di sfogarsi.
Succede sempre più di rado e sempre più nell’indie (nel senso di auto-pubblicato, progetti a la Vampire Survivors che esplodono post-rilascio e durante lo sviluppo non ricevono pressioni da nessuno). Però succede ancora.
Me ne Labo le mani
Non ho mai creduto alla stronzata della Nintendo Difference, che alla fin fine è solo una buzzword del marketing di Kyoto a cui abbiamo creduto perché a Kyoto sono rimasti dei giocattolai sempre.
Però bisogna riconoscere una cosa: in Nintendo è connaturata una certa locura, una tendenza a cercare e proporre soluzioni audacemente fuori dagli schemi. Spesso e volentieri finisce malissimo, eh, e ti ritrovi a proporre la versione 2D della tua portatile 3D perché devi convincere le mamme che così allora non si brasano le retine ai pupi e si possono spendere 130€. Altre volte, quasi per caso e con la stessa nonchalanche, finisci per fare la storia del medium.
I kanji che formano la scritta “nin-ten-do” si possono tradurre come “lasciare la sorte al cielo”. Non si può dire che non siano stati onorati.
Emiglio era Meglio
Questa grande tradizione di stronzate a marchio Nintendo messe sugli scaffali inizia nel 1985. Due anni dopo quella Crisi dell’83 che ti dico sempre aver riguardato soprattutto il mercato nord-americano, che non a caso è il mercato dove debutta R.O.B. (Robotic Operating Buddy).
Nintendo aveva paura che dopo il floppone di Atari sarebbe stato difficile penetrare il mercato dei videogiochi vendendo videogiochi – quanto è controintuitivo? – e quindi s’era inventata questo robottino venduto in bundle con NES per spacciare tutta l’operazione come un giocattolo vero e proprio, più che come console per videogiochi. La cosa stronza è che la mossa ha pure funzionato: nonostante siano stati prodotti solo due giochi compatibili con R.O.B. i bimbi dell’epoca erano impazziti per il robottino, e di conseguenza scassavano pesantemente la minchia e/o le ovaie ai genitori per farselo comprare. Comprando di conseguenza pure NES. Negli anni ‘80 la gente evidentemente iniziava a drogarsi già in tenera età, oppure in America non c’avevano Emiglio il meglio e ripiegavano su quello che capitava.
Metti sempre il Guanto
R.O.B però aveva mostrato ai produttori di giocattoli che si potevano fare un frego di soldi coi balocchi elettronici, e pochi anni dopo R.O.B. è Mattel che prova ad exploitare NES con il suo Power Glove. Per l’occasione il marketing si fa particolarmente molesto, facendo debuttare l’accrocchio ad Hollywood prima ancora della sua uscita nei negozi inserendolo di prepotenza ne Il piccolo grande mago dei videogames – che poi è un film dove in generale Nintendo c’è andata pesante col product placement, advertizzandoci pure Super Mario Bros. 3.
Nel film chiaramente Power Glove pareva una ficata pazzesca capace di renderti il più grande pro-player che avesse mai messo le mani su un videogioco (circa, perché in realtà lo usa “il cattivo” del film che poi viene sconfitto male dal protagonista che è il solito sfigato con un background di profonda povertà in Lucania). Nella pratica era ovviamente una merda, perché se già funzionavano male i Wiimote nel 2006 figurati quanto poteva essere efficace una periferica de facto di terze parti con 17 anni di tecnologia in meno addosso.
Print ma senza “Hello world”
Ad un certo punto la locura nintendiana ebbe un’idea rivoluzionaria. Aveva funzionato così bene ‘sta cosa di usare i giocattoli come cavalli di Troia per vendere i videogiochi, no? Pensa allora cosa potremmo fare applicando la stessa idea a… Prodotti per l’ufficio.
Ora, io posso anche capire Game Boy Camera. E capisco che nel ‘98 venisse scomoda la possibilità di esportare le foto da Game Boy verso qualche altro supporto di memoria tipo i floppy disk, visto che poi magari le foto manco ci stavano su quel mega e 44 di spazio. Che poi all’epoca ognuno c’aveva il suo formato e non si capiva un cazzo, ok. Però dicevo, la Camera posso capirla, è una mezza gimmick per entrare nel Guinnes dei Primati per la fotocamera più portatile del mondo, è un accessorio tutto sommato carino e i selfie mica se li è inventati Instagram, ci facciamo autoscatti da che esiste la fotografia (o così diceva il prof pedo in Life is Strange). Quella che non capisco davvero è la stampante portatile, perché davvero, quale cazzo è il senso di Game Boy Printer? Le uniche applicazioni pratiche riguardano i cazzo di Pokémon per stamparsi il diploma come miglior allenatore o pagine a cazzo del Pokédex – che sono sicuro che negli stessi anni Nintendo vendesse sia come giocattolo stand alone che in libreria, da qualche parte credo pure di avere l’edizione di Oro/Argento.
Dual-shock
Al netto della sua serie di accessori utili più o meno come una redazione di videogiochi nel 2024 (o una redazione di videogiochi nel 2003. O una redazione di videogiochi nel 1998. O una redazione di videogiochi e basta) Game Boy in quegli anni viaggiava una spada. E anzi forse uscivano accessori del cazzo proprio per cercare di monetizzarne il successo il più possibile. Nel mercato home le cose erano un po’ diverse.
Nintendo 64 non se l’è mai passata benissimo. Sopratutto per colpa della locura di Nintendo che durante la quinta generazione di videogiochi aveva colpito fortissimo con le sue scelte scellerate. Prima mandare in culo Sony e la sua Play Station preferendo una partership con Philips culminata in quella colata di diarrea nota come CD-i, poi la scelta di insistere sui cartuccioni “perché i dischi sennò ce li piratano” col risultato che tutte le terze parti (Squaresoft in testa) cambiano residenza accasandosi su PlayStation, che nel frattempo ha perso lo spazio tra le due parole.
In più ok, il primo controller di Sony era nammerda, ma ad una certa esce DualShock e beh, c’è un motivo se poi ne sono usciti altri tre. E DualSense non è il quinto solo per una questione di branding. Ecco, parallelamente a quello che era lo stato dell’arte dei controller su N64 oltre ad avere uno dei pad più scomodi in culo della storia dei giochini se volevi la vibrazione dovevi comprare il DLC. Perché sì, senza collegare Rumble Pak alla porta posteriore del joystick non c’era possibilità di avere feedback aptico. Ah, e funzionava pure con le pile. Come il pad Xbox.
Per qualche motivo anni dopo s’è pensato che fosse una buona idea fare la stessa cosa anche su Nintendo DS e DS Lite, ma non su DSi perché in questo caso il Rumble Pak aveva la forma di una cartuccia per Game Boy Advance e andava infilato nel relativo slot, che sull’ultima revisione di DS era stato rimosso.
Nintendo Walkman
A proposito di Nintendo DS, quanto era stupido che non ci potevi ascoltare la musica mentre su PSP si poteva fare senza problemi (e potevi addirittura guardarci i video volendo?). Circa con lo stesso sistema con cui s’era portato il rumble su DS nel 2005 arriva anche Nintendo MP3 Player, una cartuccia stile Game Boy Advance dotata di uno slot per una scheda SD e di un’uscita aux a cui collegare le proprie cuffie per aggiungere (a pagamento, ovviamente) la feature alla portatile.
Ufficialmente la compatibilità era solo per DS, DS Lite e GBA Micro, e la scatola indicava chiaramente che Game Boy Advance e Advance SP non avrebbero fatto funzionare il tutto. In realtà in rete ci sono diversi video di Nintendo MP3 Player che gira anche su GBA e SP, anche se chiaramente il chip audio delle due macchine stocazzo che garantisce una fruizione Hi-Fi dei tuoi mp3 preferiti. Però questo mi dà il gancio per un altro simpatico momento trivia che mi permette di dirti che l’audio su GBA e GBA SP era ottenuto anche grazie ad un co-processore compatibile con lo Zilog Z-80, uno dei processori più famosi della storia e rivendicabile come prodotto italiano visto che è stato inventato da Federico Faggin. Quel co-processore era stato inserito in GBA per permettere la retrocompatibilità con Game Boy e Game Boy Color, ma appunto nell’esecuzione della libreria nativa per la macchina veniva impiegato soprattutto per gestire il sonoro.
Un altro DLC hardware
La fisima degli add-on comunque mica si esauriva su DS in quegli anni, eh. Anzi, ad una certa – leggi: nel 2009 – Nintendo s’è inventata un nuovo capitolo di Wii Sports – Wii Sports Resort – e uno degli episodi più brutti al culo di The Legend of Zelda – Skyward Sword, che come al solito ricordo avere come iniziali SS, coincidenze? – per piazzare Wii Motion Plus.
Che era ‘sta roba? Un rettangolino di plastica con dei sensori di movimento più precisi da collegare alla porta sotto Wiimote (quella dove si inseriva il cavo del Nunchuck) per rendere il riconoscimento dei movimenti più precisi. Una roba di cui non si sentiva assolutamente nessun bisogno, ma che visto che Wii stava vendendo le madonne e vuoi non provare a spremere il più possibile la piattaforma?
Sensor senza senso
Bisogna dare un contesto a cos’era Wii (e quindi di riflesso Nintendo) in quegli anni. Sono gli anni di Reggie Fils Aime usato come cavia sul palco dell’E3 per mostrare come funziona Wii Balance Board al grido di “my body is ready” e in cui un sacco di casalinghe di Voghera, tra cui mia madre – anche se a Voghera non abbiamo mai vissuto – andavano a comprare in massa qualunque stronzata vagamente relativa al fitness proposta da Kyoto. Senza manco sapere ndo cazzo fosse Kyoto molto spesso.
Nello stesso anno in cui viene cagato sul mercato Wii Motion Plus il mai troppo compianto Satoru Iwata annuncia Wii Vitality Sensor, un’altra periferica per Wii che in teoria connettendosi a Wiimote (sempre usando la porta usata anche per collegare i Nunchuck) doveva essere in grado di dare informazioni sul corpo dell’utente, tipo la frequenza cardiaca e robe così. Nel 2013 lo sviluppo viene ufficialmente cancellato (il che rende questa voce della lista una banfata, visto che Nintendo non ha mai tecnicamente provato a venderci Vitality Sensor) perché, sempre stando alle parole di Iwata, non c’era verso di realizzare con la tecnologia dell’epoca una roba del genere che funzionasse col 100% dei possibili utilizzatori. Oggi abbiamo sensori di questo tipo su smart watch e smart ring, e il mercato dei wearable per tenere sotto controllo questi parametri corporei qua (o roba come appunto la qualità del sonno) è in rapida espansione. Perché oh, tutto quello che vuoi, ma c’è del metodo nella follia di Nintendo…
It’s the Circle of Pad
…O almeno, a volte sembrerebbe esserci. Altre volte li vedi lanciare la loro console di punta pensandola con un solo stick analogico per poi rilasciare l’ennesimo accrocchio hardware per aggiungerne un secondo in bundle con Monster Hunter 3 Ultimate (o con Resident Evil: Revelations in Europa). E non paghi della mossa Circle Pad Pro comunicare pure alla loro fanbase che no, non è assolutamente in previsione un modello di 3DS col secondo analogico integrato, e infatti il nostro nuovo (all’epoca, era il 2011) 3DS XL non ce l’ha mica, abbiamo solo ingrandito la console per mettere una batteria più grossa.
Ovviamente con “non è assolutamente in previsione” Nintendo intendeva che da lì a tre anni, nel 2014, avrebbero tirato fuori New Nintendo 3DS inserendo quello che a conti fatti è un secondo analogico (più piccolo) chiamato C-Stick.
Che oh, intendiamoci, non era una sorpresa che sarebbe uscito a ridosso della fine del ciclo vitale di 3DS un nuovo modello di 3DS. Game Boy ha avuto Game Boy Color, GBA ha avuto SP e poi Micro, DS ha avuto DSi, Switch ha avuto Switch OLED (e c’è anzi andata bene che non siano usciti dei giochi in esclusiva solo per questo modello). Quello che fa incazzare è dover spendere 20€ per risolvere un problema di progettazione di quello che è il tuo hardware di punta e vedertelo rifare paro paro al primo refresh hardware della macchina, solo perché così dopo 3DS XL magari mi vendi pure il modello New.
Guarda mamma, come lo scudetto dell’Inter!
Dai, è la title-shit di questa lista. Era prevedibile che ci fosse uno spazio tutto dedicato a Nintendo Labo, in quanto probabilmente uno dei più grossi nonsensi proposti da Nintendo – e stiamo parlando di quelli che han pensato fosse una buona idea un visore pseudo-VR con uno schermo completamente rosso.
Nintendo Labo era la pretesa di Nintendo di vendere a 60€ del cazzo di cartone.
Possiamo ammantarla come ci pare, parlare del fatto che no ma mica paghi solo il cartone, in realtà è il software per usarlo e poi non ci vuoi mettere i costi di ricerca & sviluppo e altre cagate del genere, ma la sostanza rimane questa: Nintendo voleva vendere al prezzo di un loro gioco di prima fascia questi kit per realizzare giocattoli di cartone sfruttando i Joy-Con e poi boh, immagino dovessi tenerti il risultato assemblato da qualche parte in casa e sperare che non marcisse.
Sul sito di Labo in realtà c’è una scrittina “ti servono delle parti di ricambio?” con un link appiccicato sopra, peccato che ad oggi porti a una pagina 404. Chissà quanti bambini in lacrime perché non possono recuperare i ricambi del robot (te lo dico io: due. Tutti e due figli di nintendroni, per cui il fatto che stiamo soffrendo è karma).
Vuoi ridere ancora di più? Sulla pagina del kit Toy-Con 1 (il kit assortito) c’è un’altra meravigliosa scritta. “Nintendo Switch – Modello OLED non è compatibile con il piano Toy-Con e la moto Toy-Con di Nintendo Labo: Kit assortito.”
Mario Kart IRL
La chiuderei in bellezza con una roba che alla fine se settiamo l’asticella su Labo è pure più che giustificabile, ma continua a non avere un cazzo di senso. Nintendo ad un certo punto del ciclo vitale di Switch tira fuori Mario Kart Live Home Circuit. Il gioco di per sè è gratuito su eShop, ma per poter giocare richiede che venga acquistato almeno un modellino di kart (Mario o Luigi) ad un modico centone. Il perché? Facile, sul modellino c’è anche una telecamera e sono inclusi anche dei gate per creare dei circuiti a casa propria, dove poi si può far correre il kart sfidando la CPU in Realtà Aumentata o altra gente che ha speso malissimo i suoi soldi.
Io personalmente non ne capisco il senso visto che da praticamente il lancio di Switch c’è Mario Kart 8 Deluxe e c’ha un attach rate quasi del 50% (tradotto: quasi unə acquirente su due di Switch s’è compratə il giochino), però la cosa potrebbe pure stare in piedi. Certo, se non fosse possibile barare ammerda uscendo dal tracciato tagliando la pista, visto che l’unico controllo che il gioco fa è che il goal venga attraversato dal lato giusto.
Ecco che ti sei perso nell’ultima settimana di videogiochi
“Ubisoft sta assumendo solo donne”. Ma ancora credi a ‘ste cazzate?
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Sta facendo scandalizzare i soliti idioti il programma di tutoraggio di Ubisoft rivolto a persone che vogliono lavorare nei videogiochi, stanno studiando per quello o sono laureate da meno di due anni e si identificano come donne o non-binarie.
La cosa che sta sul cazzo è ovviamente l’ultima. Nessuno si è sognato di tacciare il bando come discriminatorio verso i vecchi, per dire, ma se invece provi ad assumere donne apriti cielo. Serve a poco star lì a spiegare che la ratio è quella di combattere l’eteronormatizzazione delle materie STEM (leggasi: fare in modo che in un ITI in una classe di 20 persone 19 siano maschi). No, questa roba fa schifo perché impedisce a me maschio etero di fare un tirocinio in Ubisoft.
Peccato che sul sito dell’azienda ci siano 263 posizioni aperte rivolte ambosessi. E non siano tirocini.
Il programma di tutoraggio lanciato da Ubisoft serve semplicemente a fare un po’ di pinkwashing dopo che è venuto fuori che 3/4 della dirigenza era formata da maniaci sessuali, e qualcuno di loro è pure finito al gabbio. Non c’è nessun complotto woke, l’unica dittatura rimane quella dell’economicamente corretto e del valore azionario, a Ubisoft non frega un cazzo nemmeno del discorso sull’accesso alle STEM, è solo pubblicità.
Tu stronzo che te stai lamentando sei stronzo due volte: primo perché non ti rendi conto che esiste un problema di accesso alle materie scientifiche se non sei maschio, e secondo perché come al solito te la prendi con le persone invece che con le aziende.
Perché è inutile che ti indigni per le cazzate e poi hai già preordinato il prossimo Assassin’s Creed.
Non taglieremmo mai il cazzo al David di Donatello, ma la nebbia da Silent Hill sì.
di Richard “Amaterasu” Sintoni
Sono bastati un paio di giorni ai modders per tirare fuori la versione "Sunny" del remake del mostro sacro del Team Silent, allo scopo di rimuovere la nebbia dal viaggio di James Sutherland. A riprova del fatto che spesso e volentieri le mod, e soprattutto chi le fa, se ne sciacquano i coglioni delle volontà autoriali.
Quella che nel '99 fu un'idea geniale per mascherare i caricamenti del gioco ed evitarne interruzioni è diventata una costante nei titoli della serie, una compagna nei nostri viaggi attraverso gli incubi di chi per un motivo o per l'altro giungeva nella maledetta cittadina di Silent Hill. Ma per qualcuno questa doveva essere rimossa, per dare spazio e visibilità delle strade, che così si mostrano tanto piene di luce quanto svuotate del loro significato.
Privare Silent Hill della sua nebbia è privarlo di una sua meccanica di gameplay, perché senza di essa tutto il cazzo di titolo viene privato della sua firma autoriale oltre che di una parte enorme del messaggio che vuole trasmettere.
Rimuovere la nebbia da Silent Hill è cercare di rendere quella città una località turistica. Dimenticandosi che a Silent Hill per le vacanze ci andrebbe solo Charles Manson.
A proposito di Silent Hill 2, il Gameromancer col Rolex™ disponibile per chi caccia i 5€ su Patreon (o acquistabile stand-ualone per 3€) è proprio di Richard che parla del gioco e del perché abbia attorno a sè quest’aura sacrale. Puoi ascoltarlo cliccando sulla grafichina o pigiando qui. I primi 5 minuti, come sempre, sono free to listen.
Già che stiam parlando di Patreon ricordo che:
Non è che se non paghi cambia qualcosa. I soldi li gradiamo, ma facessimo questa roba in loro nome ci saremmo piegati da mo a pratiche del cazzo tipo boh, piangere perché i leak ti rovinano gli hype train su Twitch;
Ti basta solo 1€ per la ricompensa migliore che possiamo offrire, cioè l’accesso al gruppo Telegram privato Adotta un DAMS a distanza. Che per qualche motivo è pieno di gente veramente enorme e nel tempo è diventato uno dei posti dell’Internet dove sto meglio;
Con 5€ sblocchi tutti e 176 i Gameromancer col Rolex™, ovvero i podcast che registriamo per la community pagante. C’è un po’ di tutto, dall’approfondimento ai cazzi nostri. Alcuni in realtà sono fruibili pure col livello da 1€;
Con 10€, se proprio sei pazzə, puoi sentire ogni domenica (tendenzialmente ogni domenica va, per essere precisi) le puntate uncut che poi escono sperabilmente censurate il lunedì pubblicamente. E c’è anche la versione video del podcast con delle gag fisiche tranquillamente perdibili;
Come al solito, grazie a chi ha pagato/sta pagando per ‘ste stronzate. Non lo facciamo per voi, lo facciamo perché è giusto. Ma il fatto che dall’altra parte ci siate voi è la cosa che dà senso allo sforzo.
Anche allo sforzo di
che continua a revisionare la newsletter e a triggerarsi ogni volta che scrivo o dico “letteralmente”.Ho bisogno di credere al finale di Nier Automata.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Ho bisogno di crederci ogni cazzo di volta che mi rendo conto di quanto facciamo schifo gli uni con gli altri. Ogni volta che mandiamo a fare in culo rapporti importanti per principi che 10 minuti dopo svendiamo per mille lire, che inventiamo una nuova guerra tra poveri continuando a farci del male come se fossero gli Hunger Games, e come agli Hunger Games intanto i veri cattivi ci guardano dagli spalti.
Ho bisogno di credere al finale di Nier Automata perché nemmeno io in fondo faccio eccezione.
Ogni volta che giudico senza sapere un cazzo. Ogni volta che per colpa mia paga qualcun altro. Ogni volta che leggo un libro, guardo una serie, gioco a un videogioco e mi convinco che mi sia rimasto dentro e che l'abbia capito e poi mi dimostro il solito analfabeta funzionale che non ha capito un cazzo, perché quelle lezioni restano lì dove pensavo di averle colte.
Ho bisogno ci credere al finale di Nier Automata perché altrimenti tutta la merda che mangiamo ogni giorno non ha un cazzo di senso.
La vita, non ha un cazzo di senso, se non possiamo essere così almeno a sprazzi, se a furia di raccontare di quella volta che abbiamo costruito tutti quell'autostrada in Death Stranding prima o poi ci ricorderemo di averlo fatto in un giochino e capiremo di poterlo fare anche IRL.
Ho bisogno di credere al finale di Nier Automata perché siamo come dei pesci rossi. Dimentichiamo tutto quello che c'è successo ogni 10 minuti, e allora abbiamo bisogno di cicatrici che ce lo ricordino.
E allora anche io che ho sempre ritenuto "Dio" e "fede" parolacce ho bisogno di crederci.
Come rimango aggiornatə?
Ammollando un follow su Instagram o su TikTok. Quello che leggi qui di solito diventa un Amanda Reel là in settimana (o a volte quella dopo in caso di cambi dell’ultimo minuto), ma c’è anche del content™ che esce esclusivamente lì, vuoi perché c’è l’urgenza di crearlo, vuoi perché per qualche motivo è meglio in video.
Già che si parlava di mod, ripropongo dall’Antica Riserva Gameromancer® il seguente contenuto instagrammato:
Spammini Tattici Nucleari™
TIMELAPSE e la manipolazione del tempo durante la cura - Intervista a Federica Cavaletti
Stefano Calzati che fa qualcosa di pubblica utilità? Da quando?
Comunque vabbè, sul sito/rivista/progetto editoriale che tiene vivo il nostro essere in conflitto di interessi (cioè The Games Machine) è uscito questo pezzo dove Calzati ha intervistato Federica Cavaletti, che sta lavorando ad una di quelle cose che usano i giochini per aiutare la gente.
Perché sono solo videogiochi, finché lasciamo che lo siano. Vai a leggerti il pezzo →
ATTENZIONE!
B-Human: Vite di seconda classe nell'industria dei videogiochi, ovvero il libro che stiamo advertizzando da un po’ in podcast ha non solo una data di uscita (18 ottobre), ma è pure prenotabile su Amazon e sul sito di Ledizioni. E mi dicono pure in libreria.
Su Amazon era comparsa la copia fisica, è stata su una mezza giornata e adesso è sparita. Quelli bravi direbbero che è perché c’erano troppi preordini, io credo alla teoria del complotto dei poteri forti che non vuole farvi leggere il capitolo Italian Jobs sulla scena del game-dev italiana dove si sputtanano un po’ di grandi nomi.
Comunque. B-Human sta uscendo e qualche giorno fa ho tenuto in mano le prime copie fisiche stampate dall’editore. È stato un momento strano, perché B-Human ha avuto un paio di momenti in cui sembrava che non dovesse uscire perché l’universo aveva deciso di farci piovere addosso un sacco di roba che non penso si possa dire che alla fine ci meritavamo.
Avevo promesso dei patetici ringraziamenti smaltita la questione annuncio e oh, inizio a farli qua in newsletter. In ordine sparso:
Fiorenzo, che ascolta il podcast per qualche motivo da una vita e pur sapendo che personaggi siamo io e Fra si è messo in moto organizzando i contatti con Ledizioni che poi han portato il libro a diventare un bambino vero. Faccio schifo in queste cose e quindi non riesco a tradurre in parole quello che penso, ma per quanto mi riguarda Fiorenzo è una di quelle persone che tuttə dovremmo avere nella nostra vita;
Luigi, che è un’ispirazione dal 2018 e s’è accollato non solo lo sbattimento di scrivere la prefazione, ma anche a una certa di revisionare il tutto. Oltre a non sparire nel momento del bisogno, dote comune soltanto ai veri grandi. Luigi di cognome fa Marrone, e se non lo conoscete potete trovare molto di lui cercando Ludenz in giro per la rete (lascia sta B-Human e compra Ludenz la rivista);
Non so se posso fare i nomi qua in chiaro ma Vale, Mattia e Jacopo. Sapete perché;
Chi in questi mesi c’è stato anche quando era scomodo esserci, non si è defilato e mi ha ricordato il motivo per cui ho iniziato a riempire di schwa e di sborra tutti i copy di Gameromancer. E mi ha impedito di smettere. Con le schwa, la sborra e con Gameromancer;
Fra. Perché ormai è abbastanza chiaro che dal punto di vista performativo fare qualcosa senza Fra sarebbe come andare ad uno spettacolo di Ale dove Franz non sale mai sul palco;
Ah sì, dimenticavo Padre Maronno. Perchè e se poi te ne penti?
Presumo che seguirà del drama. Ma il drama, quando sei circondato da gente così, è una delle robe più gestibili che ti può capitare nella vita. A volte penso che il segreto per la felicità sia tremendamente banale: basta rimanere sé stessi, non firmare tutti i patti che il Diavolo ti propone e fare quello che farebbe un cazzo in un film porno, tenere duro.
Prima o poi passa tutto e se quando passa sei riuscito a non perderti, e a non perdere quelle persone là, c’è veramente poco da recriminare. È banale, te l’avevo detto.
Basta solo essere umani. Eppure spesso ci riesce così difficile.
Allora tutto bello, ma il credito per SuperNintendoSwitch™️ me lo merito