Il miglior finale di Clair Obscur: Expedition 33
Ci sono degli spoiler (duh), ma sono tutti in fondo alla newsletter così che tu possa comunque leggere il resto.
Ad un certo punto di questa newsletter leggerai in maiuscolo grassetto e grandissimo le parole “Corinne Cléry”. Da lì in poi ci sono spoiler su Clair Obscur, ma soprattutto una riflessione vagamente ispirata al finale del giochino che in realtà parla dei cazzi miei.
Gioco tendenzialmente per questo. Perché costa meno di andare dallo psicologo e scrivere è la cosa che mi fa elaborare.
L’editoriale di questa settimana quindi è spostato in fondo, oltre le colonne d’Ercole di Corinne Cléry. Se non vuoi spoiler puoi leggere fino a lì e troverai comunque i podcastini, i post e gli spammini.
[podcast] More of the Scemi: la differenza tra sequel e more of the same
La polemichetta del gotha della critica videoludica è che Death Stranding 2 è troppo uguale al primo. Al di là del fatto che è una fregnaccia (è semmai troppo uguale a The Phantom Pain, fottendosene di ogni velleità autoriale del primo), che cazzo ti aspetti da un sequel?
Dov’è il limite tra oltre il quale la smetti di avere quel retropensiero per cui “poteva essere tutto sommato solo un DLC”?
Sta nella quantità dei contenuti? Nel numero di gimmick che cercano di differenziare l’esperienza senza stravolgerla? Nelle stronzate che ci sono in più e nella Quality of Life che si spera che con altri 5 anni di sviluppo + il feedback del pubblico sia stata migliorata?
Ci abbiamo fatto una puntata del podcast più stronzo del videoludo. Che in realtà è il more of the same di una puntata di due anni fa, ma con un take un po’ diverso.
Che è quello che dovrebbero fare i cazzo di sequel, per la cronaca.
Le cose di cui ci andava di parlare questa settimana
Più che il sequel di Death Stranding mi sembra quello di The Phantom Pain
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Death Stranding 2 in queste prime 25 ore di gioco mi è sembrato un grosso dito medio di Kojima Production a chi all'uscita del primo capitolo si lamentava del gameplay. Kojima è sempre stato uno che i giocattoli, quando vuole farli, li sa fare eccome, e non a caso Metal Gear Solid V (che quest'anno compie pure 10 anni) è ancora uno degli esempi di sandbox più puro e libero che si possano giocare.
Death Stranding 2 è praticamente quella roba lì su cui poi c'è incollato tutto il discorso delle consegne.
Vorrei capire cosa voleva chi sta già parlando di "qualcosa che poteva tranquillamente essere un DLC del primo gioco" (che poi trovamelo un DLC che dura 55 ore, e magari lo volevi pure pagare massimo 20€). È un gioco che ha rinunciato a tutte le sue grezzure e le complessità che ti costringevano a camminare per fare "il videogioco quello vero", dove si corre e si salta e si spara. C'è molto di più, perché in tutto questo KojiPro ha pure aggiunto i terremoti, le alluvioni, le tempeste di fuoco.
È infinitamente meno d'autore, vero, ma all'autore avete stracciato i coglioni ogni volta che si è comportato come tale.
Ancora oggi siete lì che vi fate i seghini su Metal Gear Solid 3 perché è più gioco del 2 anche se vale molto meno come esperienza.
Quando è uscito Death Stranding ci si lamentava che su disco mancava tutto quello che adesso Kojima ci ha voluto mettere. Ora nonostante sia un gioco completamente opposto – chirale, ecco – è "un more of the same". Per una volta quantomeno non ce la stiamo prendendo con un capolavoro, ma "solo" con un bel gioco.
Però è questo l'unico more of the same: noi sempre più insoddisfatti di quello che giochiamo perché abbiamo delle aspettative ridicole.
Noi che in un mercato che ha reso normale venderci la merda riteniamo tale tutto quello che non è capolavoro.
Ma quanto è bello 'sto 1984 di Orwell con Nintendo nel ruolo del Grande Fratello?
di Richard “Amaterasu” Sintoni
Che la grande N c'abbia il ban facile è cosa nota, e la lista di cose da NON fare assolutamente per evitare che la Switch 2 si trasformi dall'oggi al domani in un costoso soprammobile è bella lunga. Tra queste voci mo' salta pure fuori lo username.
Qualche giorno fa viene fuori la storia di unə utente, che a causa dello username impostato dalla sorella sulla console condivisa in famiglia s'è ritrovatə con questa lockata offline, permabannata dai servizi online di Nintendo.
E questi servizi non sono solo lo E-shop o il poter giocare online, ma banalmente pure gli aggiornamenti dei giochi e della stessa console.
Lo username incriminato? Twink Link (Twink è lo slang con cui si indica un giovane uomo gay).
Stando a quanto raccontato dall'utente la cosa ha regalato non poche risate al customer service durante la chiamata per cercare di sbloccare l'account, che però è rimasto bannato.
La cosa divertente è che a guardarsi intorno ci sono diversi casi nei quali gli account con parole offensive vengono bannati o censurati, ma difficilmente senza un warn o almeno la possibilità di cambiarlo. Con tutto che se proprio è mi banni l'account, non tutta la cazzo di console per la quale magari ci ho smenato non pochi soldi e della quale a sto punto non sarò mai veramente proprietario.
Toh, forse affittuario. Ma di sti tempi che a Milano ti chiedono un mille e mezzo per uno sgabuzzino c'è ancora da fidarsi dei palazzinari?
Ghost of Tsushima è quel viaggio che non mi aspettavo di fare.
di Richard “ammazzazio” Sintoni
È quel giochino che da fuori mi sembrava tanto "generic samurai story" con l'open world alla Ubisoft, ma che poi mi ha rapito totalmente.
Che mi ha mandato sotto a cercare ogni segreto, spinto dal vento che funge da bussola ma senza avere una bussola a schermo. Anzi, senza avere quasi nulla a schermo e che si fa ammirare come una fotografia.
E che mi ha anche fatto ruolare ad una certa, perché si figo essere il samurai sopravvissuto al massacro di Kodama, ma vuoi mettere con l'essere lo Spettro di Tsushima che incute terrore ai suoi avversari?
Ma soprattutto che nelle battute finali mi ha fatto pure chiedere chi ero diventato in quel viaggio per salvare la mia terra, se sarei stato in grado di forgiare il mio destino o se, ancora una volta, avrei preso la strada che la mia famiglia si aspettava scegliessi.
E non è un cazzo scontata la risposta, perché qui una scelta l'ho avuta a differenza di, che ne so, The Last of Us parte due.
Ghost of Tsushima è stato pure un viaggio dentro di me ad un certo punto, che mi ha pure fatto mettere in discussione quanto in passato abbia dato retta a dogmi che reputavo sbagliati "solo perché lo dovevo fare".
E mi ha ricordato che a volte il seguire "l'onore e i principi assoluti" rischi solo di separare le persone.
Ganzo. Ma fuori da Substack?
Ci trovi principalmente su Instagram, Tiktok e/o YouTube.
E su Spotify ma vabbè, ti ho già spammato il podcast, qui ti ricordo solo che se metti il follow e droppi una recensione a 5 stelle ci rendi più facile competere con il resto degli show della sezione giochini. Ormai siamo l’ultimo podcast al 100% indie lì sopra, senza il pubblico siamo morti male.
[spammini] Sentirsi potenti nei videogiochi
Sono un uomo semplice, vedo un video di LevelArt e premo play. Questa volta, per coincidenza (perché no non ci siamo messi d’accordo) è pure a tema con l’editorialino della newsletter che trovi più sotto.
La riflessione spoilerosa che stai per leggere nasce per colpa delle merde che seguono Gameromancer.
Per colpa di Filo, che è arrivato lungo a finire il gioco ma proprio per questo ci ha fatto tornare con la testa su Clair Osbur perché voleva parlarne. Per colpa di Jacopo e di Mattia, che hanno amato abbastanza il gioco da decidere che valeva la pena restituirgli un paio di ore ad approfondirlo su Discord.
A queste merde posso dire solo una cosa. Grazie. Quando dico che la cosa che davvero non ha un prezzo di Gameromancer sono le persone che ci stanno attorno, è per queste stronzate qui.
Poi in realtà un prezzo c’è, ma è vergognosamente basso. Basta un euro per entrare nel gruppo Telegram dei Patreon.
CORINNE CLÉRY: da qui in avanti spoiler di Clair Obscur
Dio ha diritto all’eutanasia?
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Dentro i confini del computer, sei tu il creatore. Controlli – almeno potenzialmente – tutto ciò che vi succede. Se sei abbastanza bravo, puoi essere un dio. Su piccola scala.
– Linus Torvalds, creatore del Kernel Linux
Torvalds ha ragione. Se sei abbastanza skillato, se ci sai fare abbastanza, puoi essere un Dio su piccola scala. Non riguarda solo l'informatica e i computer: è l'atto stesso di creare qualcosa a renderti Dio. Hai un potere praticamente assoluto su quello che crei, sei tu a stabilire le regole, come prosegue quella storia, di che colore è quell'insieme di pixel che poi l'occhio di chi guarda interpreterà come arte, come deve suonare quella linea di basso che hai deciso essere fondamentale per diffondere il tuo Verbo. Probabilmente è per questo che sono davvero io solo quando creo. L'ho imparato quando ho imparato a parlare con i computer, forse addirittura prima. Ci ho solo messo un po' a capire che funzionava anche fuori dai confini del computer, perché il punto non sta nella capacità di calcolo, ma nei confini che scegli. Come nei videogiochi.
Quando scegli di creare, quando scegli di essere Dio, la cosa però non si esaurisce con il potere e con la libertà. Per certi versi ad un certo punto la libertà viene anche meno, deve venir meno, perché il software che scrivi e la canzone che suoni prima o poi diventano pubbliche. E se sei fortunato qualcuno se ne accorgerà. Puoi essere sordo alle preghiere come Dio-quello-vero o esaudirle tutte come Jim Carrey in quel film, ma a prescindere dal tipo di Dio che scegli di essere quelle preghiere esistono. Hai delle responsabilità, sta a te decidere quali sono i confini, se sei disposto a morire sulla croce per i peccati degli altri o se tuo figlio vale più della massa che continua imperterrita a scegliere Barabba ogni venerdì santo.
Verso vuole morire. No, Verso, il Verso-nel-quadro, dipinto a immagine e somiglianza del Verso-che-non-può-più-fare-un-verso, vuole che quel frammento di Dio che è rimasto nel quadro smetta di dipingere. Quell'inchiostro sta diventando il sangue dei Dessendre.
Aline ha scelto quei confini perché al loro interno ha potuto creare il Verso-nel-quadro e contrattare altro tempo con lui, anche se non è lui. Renoir sta perdendo una moglie e due figlie, perché non riesce a salvare Aline come Aline ha salvato lui anni prima e allo stesso tempo non riesce ad arrendersi all'arroganza tipica della giovinezza di Alicia. Sono stato anche io Alicia, ho rivendicato pure io lo stesso diritto che vuole lei: quello di commettere i suoi sbagli, non quelli che sceglie Renoir per lei. Sono dovuto finire in ospedale per riuscire a capire Renoir, per accorgermi di aver sentito dentro le stesse cose che sente lui davanti all'impossibilità di costringere gli altri a fare la scelta che sai essere quella giusta.
Clea nel gioco c'è per due minuti, perché ormai è quello il tempo che dedica ai Dessendre. L'unico modo che ha trovato per fare i conti con la rabbia è la vendetta. Il Verso-nel-quadro sa tutto questo e sa pure di essere morto. E sa che non gli basta morire, è l'unico che può salvare la sua famiglia. Perché è quello che avrebbe fatto il Verso-che-non-può-più-fare-un-verso. E morto Verso, il suo surrogato di chroma è la cosa che più gli si avvicina, l'unico ad avere davvero la responsabilità della sua creazione.
Immagina che Dio esista. Immagina che ad un certo punto decida che la cosa giusta è morire. A costo di uccidere anche noi. Dio ha il diritto di farla finita?
Sono stato Dio. Su piccola scala, meno ancora di piccola. Ma sono stato Dio, lo sono ogni volta che scrivo una newsletter, che registro un podcast, che monto un reel. C'è gente – pochissima gente, ma so che c'è, li ho visti, è qualcosa che va al di là degli insight di Instagram – che se decidessi di smettere di essere Dio starebbe un po' peggio. Non è la stessa cosa di morire, e quindi non è la stessa responsabilità che si sta arrogando il Verso-nel-quadro. Se non su piccola scala.
Su piccola scala ho già ucciso. C'è chi ha smesso di ascoltare Gameromancer quando è diventato videoludicamente scorretto. C'è chi preferiva che parlassi solo dei giochini perché della politica non gliene frega un cazzo, c'è chi ha tolto le donazioni da Patreon quando ho deciso – perché è una decisione mia, la rivendico, con tutte le conseguenze – che non volevo più combattere le battaglie di altrə perché il costo era diventato troppo alto. Ho ucciso ogni volta che mi sono sentito una geisha, pagato per compiacere chi spesso e volentieri nemmeno stava pagando, eppure pretendeva che suonassi la musica che voleva sentire lui invece di quella che sento dentro io.
Chi sono io per dire al Verso-nel-quadro che deve continuare a vivere per i peccati degli altri, per i compromessi di Aline, per l'escapismo di noi che vogliamo il New Game + e magari pure qualche bel DLC?
Il generale dei Carabinieri è vedovo con una figlia di 15 anni, Lorella, che sogna di diventare una "letterina" e sposare un calciatore. Il militare, assolutamente contrario, decide di portarla a trascorrere il Natale in Egitto, accompagnato dal fidato collega Typolaquaglia, che da tempo cerca di far fidanzare il generale con sua sorella Teresa, che definisce "quasi revisionata".
Io mi ricordo, su non ricordo quale gioco (mi sembra però Nintendo), che bloccasse in anticipo le parolacce o le bestemmie.
A me fa spaccare dalle risate (Tristi risate però) il fatto che non si sia messo un controllo o bloccato delle parole non considerate safe.
La soluzione di bannare le console anche per questo è assurdo.
Passando alla parte di Pietro: c'è un po' di dio dentro ognuno di noi, ma qualcuno è più dio degli altri.
Stavo cercando di approfondire la roba nel commento, ma sinceramente stava venendo fuori una roba socio politica veramente troppo ampia (Noi siamo dio, ma c'è qualcuno che è più dio di noi. Noi giochiamo con la scrittura, sperando che qualcuno ne rimanga "ammaliato". Altri con la scrittura pongono le basi su cui vertono le nazioni. Insomma, un discorso complicato che sinceramente ora è un casino da approfondire)
Sempre disponibile a chiacchere costruttive e a sentire più opinioni, anche in contrasto con le proprie.
Bella NL