How long to Piss
Cioè "quanto ci metto a scocciarmi del giochino a cui sto giocando se lo stipano di content inutile"
Questa settimana è successo che io, Rich e Fra stiam giocando tutti e tre lo stesso giochino e… Ma un attimo, che te lo dico a fa? Ne parla per bene Richard nell’editorialino (che questa settimana ho bellamente appaltato a lui per concentrarmi sul resto del content™). Mi limito a fare la bassa manovalanza, mettere il boxino per iscriverti/far iscrivere unə tuə amicə e spammarmi i podcastini.
Belli i podcastini di questa settimana peraltro, è tornato a trovarci Andrea Porta ed è venuto fuori un puntatone proprio da piani nobili. Un conte. Il content di Montecristo.
Com’era la vita nel 1998?
E chi stracazzo se lo ricorda, c’avevo 7 anni e l’unico ricordo decente che ho dell’epoca è che da IP col pieno di benza (c’era ancora la rossa) regalava le figurine della nazionale. Credo di aver fatto a botte con mio cugino per chi doveva tenersi Baggio.
A parte questo però il ‘98 è uno di quegli anni che ha ridefinito pesante il videogioco: Metal Gear Solid, Half Life, Lula The Sexy Empire... L’ultimo forse non è così rilevante, però insomma di roba ne è uscita e si potevano tirare fuori altre 2 puntate facili facili. Però intanto ti becchi questa, featuring il più forte di tutti aka Andrea Porta di Storie di Videogame.
Storie di Videogame è tipo IL podcast quando si parla di giochini. Già che il ‘98 è anche l’anno del primo Unreal (e la cosa ci ha portato a parlare pesante di Quake) sponsorizzo la puntata su DOOM. Merita una madonna.
Le mie tre dimensioni: Tempo, Spazio e scazzo
di Richard “Amaterasu” Sintoni
Ed eccoci qui. Per fornire un po’ di contesto a questa mia comparsata si sappia che ‘sta settimana Pietro c’aveva judo, e siccome da brava merda io c’avevo i cazzi miei mi sono appropriato di questo spazio per abbaiare un po’.
Incidentalmente succede che io, Fra e Pietro stiamo tutti e tre dietro a un giochino del quale non possiamo parlare fino alle dieci di stamattina (“restate sintonizzatə” direbbero i very giornalisty) e per il quale tutti e tre abbiamo sentito la stessa identica nota stonata.
Ovvero: cazzo se dura troppo.
E sempre incidentalmente io mentre sto scrivendo questo papiro sto affrontando una delle mie crisi di mezza età a 33 anni, quindi probabilmente deraglierò male su certe cose, ma tant’è. Ormai siete qui, accollatevela.
È da un tot che prima di imbarcarmi in qualsiasi titolo vado a sbirciarne la durata un po’ a destra e a manca, vuoi perché oramai lo sapete c’ho ‘sto cazzo di feticcio per i platini (un po’ mi sta passando eh) ma soprattutto perché prima di iniziare qualcosa ho bisogno di sapere quanto tempo ci investirò sopra, prima ancora di sapere se ne vale la pena. No, ok, questa è una cazzata. Perché al di là di quello che può essere il mio personale giudizio finale il tempo sui giochini, in un modo o nell’altro, è sempre ben speso. Almeno finché è razionalmente giusto.
Cazzo vuol dire “giusto” poi sta a chi tiene il pad in mano ovviamente, non esiste un metro di giudizio “oggettivo” per la qualità del tempo che si spende – e questo invalida per me qualsiasi nota recensiva riguardante la longevità di un titolo –, però di mio ho mezzo capito che se un titolo dopo le trenta ore mi sta scartavetrando i coglioni con una storia-campagna-salcazzochevolete della quale ancora non se ne vede la fine beh, sento il bisogno di accelerare il passo per arrivare sulla cima del Golgota per terminare il mio personale calvario.
Non voglio scrivere della mia esperienza con Elden Ring perché dopo due settimane anche basta, perciò vorrei chiamare in causa quella che me per me è stata la monumentale rottura di cazzo del 2023: God of War Ragnarok.
Premesse ottime, l’inizio è stata una montagna russa di botte e testosterone di quelle che davvero mi hanno fatto salire un sacco di adrenalina in corpo. Poi appena aperto l’open world è scesa di colpo, lesa da quell’eterna checklist di roba da fare in ogni mappa per raccattare tutto il raccattabile.
“Vabbè, coglione tu che vuoi prenderti i collezionabili” si, ma fino ad un certo punto. Perché al di là del contenuto opzionale che non finisce mai quello che mi ha buttato a terra è stata proprio la trama principale, che ho trovato diluita allo stremo per raccontarmi il viaggio di Kratos e Atreus fino ad un Ragnarok sbrigativo e liquidato in pochissimo tempo se paragonato alle premesse.
Voleva essere la guerra per la fine del mondo, invece mi è parso un pallido Blitzkrieg.
E sì, mi sono sentito derubato del mio tempo mentre scorrevano i titoli di coda, sia per come avevo liquidato il fronte Aesir sia per il viaggio che era stato fin troppo sfiancante.
E qui l’atroce dubbio: ma è colpa mia?
Perché si, vien da chiedersi se il problema non sia io che fondamentalmente non c’ho più scazzo né voglia di chiudermi a riccio su qualcosa. Forse è così, non fosse per quei contaore su Helldivers 2 e Slay the Spire che non fanno altro che salire e che hanno entrambi abbondantemente superato le 100 ore ciascuno.
E allora sì, sono io che non reggo certe cose. O almeno, non le reggo più.
Perché giuro, quelle 120 ore su Final Fantasy X Remastered me le rifarei pure adesso, ma non fatemi più sfiorare 7 Rebirth che nonostante abbia un combat system della madonna mi viene male a pensare di rifarmi il capitolo di Costa del Sol. Ma di questo ne potremmo riparlare in settimana sui canali social (oh, belle ‘ste mosse. Potrei quasi portare il curriculum ai very giornalisty).
Ma torniamo un attimo sul pezzo. Alla fine che cazzo s’è rotto in questi anni?
Perché davvero mi viene da ripensare pure a GTA: Vice City che su PS2 avevo consumato per trovare tutti i collezionabili (senza riuscirci mannaggia a tutto) e al mal de vivre che ho accusato nel quinto capitolo che sì, c’aveva mille cose in più da fare – e pure molto più divertenti – ma che in certi momenti m’ha dato la nausea per quante ce n’erano. Proprio perché s’era un po’ perso l’effetto sandbox in favore di quello open world, che ti mette a disposizione praterie sconfinate da esplorare ma con meno tempo libero rispetto a quello che avevo nel 2002.
E anche questa è una mezza supercazzola, perché alla fine il tempo libero per accendere la console se lo voglio me lo ritaglio. E cazzo quanto sento il bisogno in questo periodo.
Perché sì, giocare per me è un bisogno di evadere dalla cazzo di monotonia delle giornate, di scappare da tutto e tuttə e sentirmi libero da ‘ste catene che la società ha deciso sia normale portare pur di esserne considerato un individuo funzionale. E se pure i mondi di gioco diventano un peso da esplorare beh, l’unica cosa che posso dire è che mi dispiace veramente tanto per tutte lə stronzə che lavorano in questo settore, con le spade di Damocle delle scadenze, delle review da pubblicare con copie inviate sotto data di embargo, col crunch, con le vessazioni di chi vuole farci più soldi possibili spendendo il minimo. E soprattutto mi dispiace per chi s’è visto diventare una passione un peso da portare, pur di sperare di vedere il proprio nome nei titoli di coda di un giochino mentre nello stesso magari altrə c’avevano il cameo da qualche parte, chissà poi con quale merito.
Scusatemi, sto deragliando ancora. Ma forse ne sentivo il bisogno.
Tornando ai mondi grossi e soldi mi viene di nuovo da pensare a Hellblade 2, venduto a 50 sacchi e giudicato “troppo caro” per la sua longevità di “sole” otto ore. Ve la giro in un’altra ottica: Hellblade 2 ha coinvolto un team di 80 persone per quattro anni. E quel cinquantello è quanto si è deciso valga il frutto del lavoro di queste persone, che ha creato qualcosa di unico nel suo genere e ha provato a rivoluzionare il modo di fare videogiochi. Se non è abbastanza questo non so cosa potrebbe esserlo.
In questi giorni mi è capitato di pensare a una persona con la quale non parlo più da diversi anni, ma che a suo tempo era veramente importante per me.
Siamo cresciutə insieme, abbiamo percorso insieme la stessa strada per prendere il pullman e andare a scuola per anni. Ci volevamo un gran bene.
Un giorno tornammo su dove eravamo cresciutə e quasi per gioco abbiamo ripercorso quella strada, dalla casa dove sono cresciuto fino alla fermata, poi fino a casa sua.
Lei disse “Ti ricordi? Una volta sembrava tutto più grande”.
Sì, lo sembrava. E con gli occhi di due bambinə sembrava pure più bello.
Chissà, forse il problema sono davvero io. Che crescendo mi sono perso qualcosa per strada.
Quanto è difficile per un game designer trovare il giusto equilibrio tra il farti vincere e il farti sentire figə.
di Davide “Celens” Celentano
Negli ultimi anni sto lentamente recuperando i titoli della serie Ace Attorney e devo dire che nei suoi momenti migliori la sensazione che dà capire chi è il colpevole e come incastrarlo è veramente soddisfacente.
Il problema è che i momenti migliori sono abbastanza rari, senza contare la soggettività delle proprie abilità e delle proprie conoscenze pregresse. Per due persone diverse arrivare alla stessa conclusione potrebbe essere una cosa quasi impossibile oppure talmente ovvia da risultare noiosa.
Senza contare il fatto che se vuoi allargare il tuo target a più fasce d'età, com'è palese che ci si prefigga a Capcom, sei ancora più vincolato a non poter fare robe troppo complesse o trattare tematiche davvero adulte.
Il risultato è un gioco che parla veramente la tua lingua solo a tratti e sta a te decidere se valga la pena continuare ogni volta fino ad arrivarci, a quei tratti.
Immagino che molte persone potrebbero spazientirsi molto in fretta.
Però vuoi mettere l'adrenalina di urlare ancora una volta “Objection”?
Chants of Sennaar è sostanzialmente Death Stranding coi puzzle.
di Andrea “Emigratis” Scibetta
Sennaar è il nome di una regione della Mesopotamia dove si presume si trovasse la torre di Babele. Prima di costruirla gli uomini parlavano tutti allo stesso modo, ma Dio punì la loro superbia con la confusione: no, non parlo di Everyeye, intendevo le lingue.
In Chants of Sennaar ogni popolo parla in modo diverso e ha un'idea diversa di divinità: il dovere, la bellezza, la scienza. Ma alla fine l'unico vero dio è l'Esilio, la separazione, la proibizione, l'incomunicabilità. Che dio stronzo.
Parte che sembra un quadratissimo puzzle game linguistico sulla deduzione per simbolismi e immagini e finisce per essere politico come poche cose.
Parla di oppressi e oppressori e dice che in fondo basta comunicare, mostra la religione per ciò che è - divisiva, racconta la paura atavica delle culture diverse e tutta una serie di cose incredibili che non riusciamo mai a superare come specie.
Chants of Sennaar è davvero Death Stranding coi puzzle e con le barriere linguistiche al posto della rete chirale.
E mentre i videogiochi rompono le barriere e riconnettono le persone i governi fanno l'autonomia territoriale. Però hey, famo il ponte!
Strand of Sennaar
Se vuoi approfondire il discorso che il post qui sopra accenna – perché oh, ‘ste cose devono finire su TikketeTokkete e durare al massimo 90 secondi, non i 20+ minuti che abbiamo a disposizione in podcast – Scibetta c’ha pure fatto uno dei nostri pregiatissimi Gameromancer col Rolex™.
L’episodio è disponibile per chiunque si iscriva a Patreon con l’omonima tier, quella da 5€ due canne dai. C’è come sempre la possibilità di attivare la trial gratuita e fruire di questo e degli altri 167 Rolex™ (che sarebbero i mini-podcast manco tanto mini ormai che pubblichiamo su Patreon) per 7 giorni. Poi se vuoi paghi, se no ti inculi.
I primi 5 minuti dell’episodio sono pure disponibili in chiaro. Che vuoi di più?
Approfitto di questo spazio per ringraziare un po’ tuttə lə stronzə che mese dopo mese scuciono l’obolo. Sossoldi, anche se sembra di no.
Aspetto le remastered dei Final Fantasy perché dei remake c'ho davvero una paura fottuta.
di Richard “Amaterasu” Sintoni
E no, questo non vuole essere un discorso da purista nostalgico dei vecchi Final Fantasy perché "coi turni e l'ATB era meglio". Una delle poche cose che ho sempre difeso dell'operazione remake del 7 è proprio il combat system, che in culo a tutte le rogne che si porta addosso funziona benissimo e mi ha dato quel senso di action che all'epoca mi mancava come l'aria.
Eppure non riesco a togliermelo dalla testa: preferirei rifarmi 120 ore su Spira piuttosto che altre 10 sulla "nuova e vastissima" Midgar di Rebirth.
Forse il motivo è che quelle ore le affronterei con la consapevolezza di sapere a cosa sto giocando, perché avrei la certezza di rivivere un gioco per come me lo ricordo senza sorprese, gradite o sgradite che siano.
O forse perché almeno saprei di concludere un viaggio senza aspettare delle decadi tra un episodio e l'altro, ma questo è un'altro discorso.
Il punto è che alla fine sì, un po' di nostalgia me la porto sempre addosso quando si parla di pezzi della mia adolescenza. Vuoi per i ricordi che ci sono dentro, o per le persone con le quali li ho condivisi.
O vuoi perché possiamo raccontarcela quanto cazzo vogliamo, ma alla fine si torna sempre dove si è statə bene. Indipendentemente dalla risoluzione grafica e il contenuto opzionale.
E su Rebirth nonostante il graficone non si sta così bene.
Come si diceva più su, ormai spesso ‘sta roba è un anticipo di quello che poi esce su TikTok o su Instagram come Amanda Reel. Ci siam presi bene con questo format, per quanto non abbia lo spazio che abbiamo a disposizione nei long form e/o le riflessioni fiche dei podcast è la naturale evoluzione del formato “post di Facebook” che c’ha reso famigerati.
Sponsorizzo un TikTok riciclone a caso dall’archivio. Te followa che si sa mai:

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Spammini Tattici Nucleari™
Tre mesi fa Gekigemu si chiedeva se andare avanti o no lanciando una call to action al suo pubblico. In settimana è uscito questo video, che penso implichi che quantomeno per ora il progetto vada avanti. Endorso molto volentieri.
Fare un bel videogioco non basta più
Questa settimana mi toccava l’ingrato compito di scrivere l’editoriale su Poteri Arcani La Rivista Ufficiale™, al secolo TGM. Ho reiterato la dose di dissing e ragionamenti sulla discoverability fatta parlando di BOTSU Ridicolous Robots in podcast. Più un altro tot di considerazioni usando i numerini e citazioni di Borges procedurali.
Non leggere, mi basta che clicchi così il sistema è convinto che sia una penna che smuove i numeri e non mi sfancula alla prossima uscita problematica →
È ridicolo che non stiamo parlando di BOTSU (rece?)
Per l’appunto con Alteri s’è giocato e s’è parlato di questo giochino qui che potrebbe essere il nuovo Fall Guys (esagerando e facendo paragoni a cazzissimo), ma non lo ha scoperto nessuno e quindi no.
La storia di The Hollywood Reporter Roma ricostruita, dal lancio alle dimissioni in massa: cos’è successo
Non c’entra coi giochini, ma. Tra l’altro la situazione sta evolvendo in modo preoccupante e in buona sostanza nel silenzio se non perché chi s’è dimesso ne sta parlando. Il pezzo linkato qui sopra non è eccezionale, ha diversi refusi, è senza le maiuscole senza i punti, ma questo c’è.
Leggilo lo stesso, perché è meglio sapere →
E a proposito di cosa dicevo letteralmente (ciao
) due righe più su stan succedendo diverse cose a cui bisognerebbe dar spazio. Però GR è uno solo e se ho capito qualcosa quest’anno è che non posso salvare tuttə, il massimo che posso fare è sbattermi per trovare gli spazi e i format più adatti per portare avanti certi discorsi e sperare che attecchiscano.Sei anche tu parte del processo, soprattutto tu che stai leggendo questa newsletter che probabilmente è il contenuto che gira di meno ma vuol dire di più di tutto quello che facciamo. Se tra un’uscita e l’altra de La Voce della Ribellione c’hai voglia, siamo anche su Telegram.
La verità Rich è che siamo invecchiati e più consapevoli della fatica che si fa per trovare il tempo....
Secondo me Rich, la questione "longevità" è influenzata dalla quantità di tempo libero e Mood che abbiamo in quel momento.
Le 80 ore per finire quasi al 100% (devo battere il demifiend) SMT V: Vengeance non mi sono pesate per nulla.
Accendevo la steamdeck ovunque ero e mi mettevo a giocare: un po' come se fossi negli anni 90 e SD fosse un Gameboy.
Discorso diverso è giocare a titoli sul televisore che per una miriade di motivi non ti prendono: siamo circondati da giochi e ognuno di noi ha un backlog, chi cazzo ce lo fa fare di giocare qualcosa che in fin dei conti non ci sta piacendo?
A margine: col cazzo che tornerei a Spira.
Più cresco, più penso che Final Fantasy X sia una merdata fotonica: personaggi spessi quanto un foglio di carta velina e un Tidus che odio più di Trump.
Gli ho sempre preferito il X-2, quantomeno aveva un BS e i vestiti che erano fighi.
Alla fine però, a ripensarci bene, crescendo ho proprio rivalutato i final fantasy.
Apparte un paio di titoli, forse ci troviamo a una delle serie più sopravvalutate di sempre.