Filippo Turetta lavorava per Activision
"Eh ma che c'entra coi videogiochi?". C'entra TUTTO.
Qual è lo spirito del tempo quando si parla di videogiochi?
Viviamo un medium che viaggia pedal-to-the-metal in direzione futuro, e non c’è nessun modo per arrestarlo. Nemmeno sparandogli, nemmeno relegandolo ai margini della Res Publica a botte di headline sui quotidiani e interrogazioni parlamentari si è riusciti a impedire al videogioco di diventare la cosa più fica che sia mai stata concepita dall’essere umano. La summa di tutte le arti, delle nostre culture, di tutto quello che siamo mai riusciti a inventarci e inventeremo.
Eppure, il videogioco attraversa le epoche, anche se le comprime nel tempo rendendo 5 anni l’equivalente di un secolo. E ogni epoca ha il suo spirito, il suo zeitgeist.
DOOM è lo spirito degli anni ‘90, un fenomeno culturale che ha permesso a John Romero di renderci tuttə le sue puttane molto più di quanto Daikatana potesse mai sperare di fare. The Witcher 3 è quello degli ultimi anni ‘10 e dei primi nuovi anni ‘20, perché il segno che ha lasciato nel videogioco di oggi è molto più evidente di quello tracciato da Breath of the Wild, e paradossalmente è più vicino di lui a Ocarina of Time (lo zeitgeist di N64 che spesso e volentieri ancora aleggia sul medium come un fantasma infestante).
Tra vent’anni mi piacerebbe poter dire che lo zeitgest di questa epoca sia stato la decostruzione. Che ci abbia spaventato perché d’altronde è uno spirito e dagli spiriti ci si aspetta anche quello, ma che questa paura sia stata il propulsore per una società migliore, per un videogioco più cruelty free.
È orribile pensare che una cosa che mi ha dato così tanto e fatto crescere come persona l’abbia fatto sulla pelle di altrə stronzə come me. Ma l’alternativa è peggio, perché se mettiamo a tacere quella vocina che ci fa sentire a disagio davanti a certe tematiche vuol dire che sono le tematiche ad aver vinto. Che in fondo ci va bene che il mondo lì fuori faccia schifo a patto di riuscire a trovare un minimo di conforto escapista finanziando la macchina dell’intrattenimento, che spiace per le persone trans ma io a Harry Potter non posso proprio rinunciare e se mi giudichi sei tu in realtà che semini odio, non J. K. Rowling.
Che tutto sommato Filippo Turetta ci va anche bene, finché ci sviluppa Diablo IV.
Andiamo con gli spammini. Poi ci torniamo su.
Insieme, perché non sono meglio di te e anche io mi devo decostruire. E tante volte il pretesto per farlo sei proprio tu che stai leggendo.
Ma come cazzo fate a giocare agli accessi anticipati, che a me danno fastidio pure le patch post-rilascio?
Di Davide “Celens” Celentano
Qualche tempo fa scrissi un post sui giochi investigativi e in mezzo miliardo mi avete consigliato (in maniera più o meno educata) di provare Shadows of Doubt.
Si tratta di un sandbox, alla Minecraft per capirci, in cui ogni partita è generata proceduralmente e in maniera randomica. Per di più ancora in beta.
In pratica l’incubo peggiore dei maniaci del controllo e della cura per i dettagli come me. Io che ancora rosico perché ho ucciso un Radahn diverso da quello dei miei amici, che a sua volta era diverso da quello di buona parte dei 12 milioni di giocatorə che lo hanno affrontato.
Non fraintendetemi, le patch correttive sono la salvezza, anche se fanno sempre un po' l'effetto “ma l'avete testato sto coso prima di venderlo oppure no?”
Mi fa solo strano che esista un intero mercato che sfrutti il continuo cambiamento del contenuto come una feature, e che ci sia gente che lo apprezzi.
Un po' come preferire il fast fashion a un abito di sartoria. E a me piace sentire i videogiochi cuciti su misura addosso a me.
Ho capito di non aver più bisogno degli happy ending quando ho realizzato che di seghe me ne sono fatte troppe.
Di Richard “Amaterasu” Sintoni
Che me ne faccio di tutti quei "e vissero felici e contenti" quando mi ritrovo davanti a giochini come Gris, come Arise e tanti altri che ho evitato come la peste nera perché non volevo sentirmi come uno straccio per i pavimenti durante i credits?
Ho passato ore della mia vita a cercare sempre di accontentare tutto il party di Mass Effect pur di fare l'amicone di tuttə pur di salvarlə tuttə, quando avrei potuto tranquillamente sbattermene le palle e giocare e basta e vedere cosa succedeva.
E forse sarei stato più soddisfatto.
Con Arise, con Gris, con Rime e con tanti altri questa possibilità non l'ho avuta. Avevo una strada da percorrere. E per quanto male mi abbia fatto ogni passo percorso (spesso con le lacrime agli occhi) avevo la consapevolezza che il mio finale fosse già stato scritto da qualcunə che non ero io.
Potevo staccare, potevo disinstallare, potevo uscire a toccare l'erba del mio giardino. Invece no, sono rimasto lì, a piangere e a ricordare a me stesso che la vita certe scelte non te le dà. Puoi solo affrontarla.
E sento che forse questi giochini che di "ini" hanno solo il numero di persone dei team che li hanno prodotti, in un qualche modo mi hanno aiutato a prepararmi alla vita, alla merda che mi aspetta dietro l'angolo e che si avvicina ogni anno che passa e che mi fa una paura fottuta.
Alla vita non c'è un happy ending, possiamo solo rendere il viaggio più piacevole.
E sperare che coi nostri passi lasceremo un segno da qualche parte.
Che sia un segno nei cuori di qualcunə o che sia un giochino da far giocare a chi, in un momento o nell'altro del suo cammino, ne avrà bisogno.
Anche questa settimana su Patreon in realtà s’è prodotto un cazzo. Ma stiamo organizzando il Calendario dell’Avvento della Ribellione: un rolex al giorno dal 1 al 25 dicembre. Sarà interessante. E sarà interattivo (circa). Per cui save pure questa date, va.
Ma a furia di dire "Fuori la politica da" si può sapere dove cazzo se ne dovrebbe parlare?
Di Richard “Amaterasu” Sintoni
Davvero, io ho perso il conto delle volte che ho sentito qualcunə dirmi "si, seguivo questo fumetto/autorə, ma poi è diventato troppo politicə". Stessa roba per serie, film, manga e salcazzo che si vuole, diventano "troppo politici".
Ma se un qualcosa serve, oltre che per intrattenere, anche per veicolare un messaggio si può sapere perché si schifa così tanto quello politico? Eppure non mi pare che il mondo abbia levato grida e bestemmie contro Game of Thrones che è SOLO politica. Semplicemente era sul genere fantasy.
E ce n'è un disperato bisogno oggi di 'sta roba, visti i catastrofici dati sull'assenteismo alle urne in generale e a cosa ci sta portando l'ignavia degli aventi diritto al voto che s'incazzano perché chi sta nelle stanze dei bottoni ci piscia in testa dicendoci che piove, ma di domenica il culo dal divano mica lo alzano per andare a mettere una X.
"Fuori la politica dalle fiere" è diventata una scusa per pulirsi la coscienza, "dalla musica" per evitare agli artisti di perdere vendite schierandosi e "dai giochini" per non renderci più conto che il senatore Armstrong di Metal Gear Rising e Donald Trump sono praticamente la stessa faccia della medaglia, con la sola differenza che il primo lo abbiamo accoppato prima del Gamergate.
Resta la musica dei vecchi tempi, come Gaber che cantava "il cesso è sempre in fondo a destra" e che oggi lo ascolteremmo in venti al massimo compresi i suoi parenti visto l'andazzo.
E a furia di convincerci che "la politica deve restare fuori" la stiamo chiudendo nei palazzoni, dove pare che a nessunə freghi un cazzo di noi.
PALINSESTO SAN GIOVANNI DELLA SETTIMANA
In modo assolutamente procedurale potrebbbe arrivare una live dove spieghiamo per bene ‘sto cazzo di #Shojogate. Segui i social o il gruppone per capire se e quando. O metti il follow su Twitch insomma.
Inizia in ogni caso a tenerti prontə con le mani sullə pipə per gli Indiependenza Award. Save the date per il 13 dicembre, persone indiecate già invitate e pronte a stupire con le loro categorie e tanta ignoranza. Seguiranno dettagli.
Ah, e ricordati che se c’ammolli la sub puoi entrare nel gruppo Telegram privato Adotta un DAMS a distanza. Se hai Amazon Prime, ti costa un cazzo.
All men. Stacce.
È tutta la settimana che ci ripetiamo Not All Men. È tutta la settimana che urliamo a gente che ha tutto il diritto di aver finito la pazienza per ascoltarci che non ci sentiamo in colpa per il comportamento di una sola mela marcia, poco importa se poi apri le statistiche sui femminicidi quest’anno e solo in Italia le “mele marce” sono 106 (and counting).
È tutta la settimana che, soprattutto, quando parliamo di queste cose arriva puntuale una domanda: “cosa c’entra coi videogiochi?”. E la risposta è ”fottutamente tutto”.
Filippo Turetta poteva lavorare tranquillamente per Activision, o Ubisoft, o addirittura per Moon Studios, lə sviluppatorə dei due Ori (The Blind Forest and The Will of the Wisps). Perché manco le realtà più piccole si salvano, non ci resta più nemmeno l’indie che “doveva salvarci tuttə” e invece è finito a farsi pubblicare sotto l’etichetta di questa o quell’altra major. E alle major non gliene frega un gran cazzo dello stato di salute delle persone dietro al videogioco, se perfino il publisher dei buoni sentimenti — cioè Annapurna Interactive — davanti a reiterate segnalazioni di episodi di tossicità da parte di Ken Wong (Monument Valley, Florence) preferisce dirgli “licenzia tutti e riapri lo studio da un’altra parte assumendo neo-laureati che non hanno idea di cosa sia un ambiente di lavoro sano”.
Filippo Turetta sarebbe andato un sacco d’accordo con Chris Avellone, semmai avessero lavorato assieme sarebbe stato normale trovare nelle loro chat sul Messenger di Facebook commenti su quanto e come avrebbero volentieri mangiato la fregna di quella loro collega con la frangetta. Sarebbe stato un habitué della Cosby Suite e il terrore di tutte le addette ai lavori del videogioco ad ogni evento fieristico di settore, perché se sei donna fare networking alla GDC è safe quanto andarsene in giro per la città con la minigonna. Gli eventi in cui si incontra la gente giusta che può farti svoltare a livello di carriera si fanno tutti aperitivo alla mano e oh, lo sai che devi evitare di ubriacarti sennò poi il lupo lo trovi [citazione necessaria].
Filippo Turetta da ragazzino avrebbe fuso la sua PS2 a furia di scopare puttane per poi ammazzarle in GTA Vice City. Avrebbe scassato il tasto cerchio di DualShock col minigioco di God of War 3 in cui dovevi violentare Afrodite. Avrebbe spaccato di insulti Zoë Quinn nel 2014 quando questa troia l’ha data in giro in cambio di recensioni positive del suo giochino sulla depre, anche se di queste recensioni positive non s’è mai trovata traccia. Che poi è quello che sperava succedesse al cadavere di Giulia Cecchettin.
Filippo Turetta potenzialmente ha vissuto le stesse esperienze che ho vissuto io nella cultura pop. Il sospetto che domani potrei essere come lui dovrebbe quantomeno sfiorarmi.
Non sto dicendo che è colpa dei videogiochi. DOOM non è il mandante della Columbine e di certo non è che giocando a The Witcher 3 abbiamo imparato a oggettificare le donne. Tutto questo succedeva prima dei videogiochi e, semmai falliremo nel cambiare le cose, succederà anche dopo. I videogiochi sono semplicemente uno specchio in cui si riflette tutta la nostra società. E la nostra società è una società in cui chi prende le decisioni è Filippo Turetta.
Se queste parole ti stanno causando rabbia, chiediti perché.
Io me lo chiedo ogni volta che questa rabbia la subisco, quando provo a portare certe tematiche alla popolazione videogiocante. Sono un privilegiato, e le cose peggiori che mi sono state dette me le hanno dette dei videogiocatori su Internet. Mi sono beccato al massimo una marea di insulti, un po’ di DM in cui mi davano del simp e dello sfigato che scriveva certe cose nella speranza di riuscire a chiavarsi qualche femminista con la frangetta. Perché appunto ruota tutto attorno al sesso in questa cazzo di società, per cui se non hai la stessa attività sessuale di Geralt di Rivia sei un perdente. E me l’accollo pure, perché se passassi il mio tempo a scopare tra 20 anni poi mi rimarrebbero solo un sacco di rimpianti e un po’ di materiale per farsi le seghe. E su PornHub c’avrei l’imbarazzo della scelta, per cui perché?
Un po’ dei soliti dati che quando tiro fuori mi dici che faccio cherry picking.
Il 59% delle giocatrici nasconde il proprio genere. Il 70% di loro è stata giudicata, il 65% ha subito gatekeeping e il 50% ha subito commenti patronizzanti. Ah, e al 44% di loro vengono fatte domande sul loro status sentimentale giocando.
Davanti a queste statistiche, semplicemente, sragioniamo. Il primo impatto è quello di minimizzare il problema e negare l’evidenza dei fatti.
Potrei citare un miliardo di esempi diretti e indiretti di questi comportamenti tossici. Linkare post sui social, screenshottare commenti, sentirmi dire per l’ennesima volta che “però te la vai a cercare se ti poni così” o che ormai ho un’immagine da Bad Boy della Game Critic™ per cui è un po’ come i cori razzisti allo stadio: non è razzismo vero, sono sfottò normalissimi. Eppure succede anche quando la tematica viene trattata con tutti i canoni di quella che nella bolla del videoludo è riconosciuta come professionalità. Un paio di anni fa sulla pagina Facebook di Horizon Psytech era stata postata un’infografica — basata su dati IIDEA — che parlava di come nonostante le donne siano il 47% della popolazione videogiocante in Italia solo il 21% giochi effettivamente online. E, soprattutto, di come da videogiocatrice il rischio di ricevere attacchi, minacce di stupro e condivisione non consensuale di materiale sessuale sia triplo rispetto ad un videogiocatore. Ecco una selezione dei commenti più da calci nelle palle sotto a quel post (che trovi qui, se vuoi fact-checkare):
Maura ha parlato un sacco di volte in live, sul blog e qui in newsletter di tutte queste cose portando la sua testimonianza diretta. Qualche mese fa succedeva ad una penna di Multiplayer.it, la cui unica colpa era avere un parere più idilliaco di quello di un altro Content Creator su Sea of Stars. Se andiamo indietro troveremo facilmente una marea di altri casi. Sia qui in Italia che all’estero, tipo quella volta che Liana Ruppert ha segnalato su Game Informer che le Braindance di Cyberpunk 2077 potevano causare epilessia fotosensibile (di cui anche lei è affetta) e per tutta risposta un sacco di gente ha iniziato a intasarle i DM di immagini sparaflashanti. Anche qua, non mi devi credere sulla parola, è tutto documentato.
Se andiamo indietro troveremo una marea di altri casi. Se andiamo avanti ne succederanno altrettanti.
Dobbiamo fare qualcosa, e farlo adesso. Il momento in cui auto-assolversi è finito da un pezzo. Bisogna accettare il fatto che siamo tutti parte di un problema più grande e iniziare a decostruirlo in single player, organizzando spazi e contributi multigiocatore dove farlo assieme. Non ti dirò che la prossima volta potrebbe toccare a tua sorella. A tua sorella è sicuramente già successo. Se non nei videogiochi nel fumetto, nel Cinema, al supermercato.
Siamo già fottutamente in ritardo. Ci muoviamo?
Spammini Tattici Nuclerari Decostruiti™
Per questa settimana negli spammini ci sono solo contenuti che parlano di tutti i problemi sfiorati qui sopra. Buona parte probabilmente sono miei o di amicə. Non ci posso far nulla se di queste tematiche si occupano sempre le stesse voci. Inizia a farlo, se e dove puoi. Ma fallo ascoltando chi ne sa di più. L’alternativa è che lo faccia Frequenza Critica, forse per una volta ‘sto gatekeeping me lo rivendico.
Maurarcato - L'8 m'arzo anche se la vita fa schifo
Live dell’8 marzo sul tema con ospiti Letizia Vaccarella, Ilaria Celli e Marco Spelgatti.
In replica su YouTube →
Gameromancer DLC #58: l’amore omosessuale ai tempi del col(l)era
DLC del podcast videoludicamente scorretto sulla pluralità nel videogioco e su come il medium rappresenta le diverse istanze. Guest: Marco Baldini.
Ascolta su Spotify →
Ma quanto cazzo è bello giocare con gli amici?
Immagina essere donna e giocare a League of Legends. LOL. Il pezzo con cui Maura è entrata nella Ribellione.
Leggi sul blog di Gameromancer →
Dead Space: a imbruttirsi non sono le donne, ma i giocatori
L’editoriale che su TGM mi è costato un richiamo stile “ok, basta woke”. Me lo rivendico tutto. Me ne prenderei volentieri un altro.
Leggi su The Games Machine →
Horizon Forbidden West: grassə è bellə
Partendo dalla guerra memetica attorno ad Aloy ingrassata nel trailer di Forbidden West, ho unito un po’ di puntini su episodi di sessismo nei giochini successi tra il 2020 e il 2021.
Leggi su I Love Videogames →
Se in Stardew Valley ti dispiace per Clint, sei parte del problema
Sempre su I Love Videogames l’irreprensibile Matteo Pastori tira fuori un altro motivo (oltre al capitalismo) per dare addosso a Stardew Valley. #NotAllGestionali.
Leggi su I Love Videogames →
BOSSFIGHT: Donne e videogiochi
Per una trattazione più entry level dell’argomento c’è questa live sul canale di Giada Bessi con ospiti Maura, Giulia Martino e Azalona. Dice cose forse un po’ scontate, ma forse non per tuttɜ.
Recupera su Twitch →
È molto facile che per questa uscita della newsletter piova odio.
Critiche perché il senso è “all men” e invece come al solito vogliamo l’assoluzione piena. Critiche perché sono un maschio che parla di femmine e quindi per qualcuno sono un simp e per qualcun altro sto semplicemente fottendo spazio a chi invece dovrebbe parlarne. Ho voluto scrivere io questa newsletter consapevole di tutto questo proprio perché penso che il problema tocchi noi, siamo noi. E stia a noi risolverlo, non alle mamme a cui dire “educa tuo figlio”.
È palese che serva il contributo delle istituzioni. Va riformata la scuola, iniziata a fare educazione in senso sentimentale e digitale, perché una parte del problema è anche che sull’Internet vale tutto come se il virtuale valesse meno del reale. T'assicuro che fa male tanto quanto.
Il fatto che però serva l’intervento di chi sta nelle stanze dei bottoni — a cui probabilmente non frega una SEGA e manco una Nintendo — non vuol dire che possiamo permetterci di rimanere in attesa. È la fallacia del Nirvana: si aspetta la soluzione perfetta e si ostacolano quelle che non lo sono per il semplice fatto che non viviamo in un mondo idilliaco.
Viviamo in un mondo reale e la cosa più reale al mondo sono i compromessi. Soprattutto quando parti da 0 e per arrivare a 100 devi farlo un’unità alla volta.
Spesso racconto ‘ste stronzate dicendo che se succede a me fotte un cazzo. Ho le spalle grosse, me le aspetto e qualcuno direbbe appunto che me le merito pure. A volte effettivamente tutto questo non mi pesa e diventa benzina. A volte le critiche fanno malissimo, soprattutto se arrivano da persone che nominalmente dovrebbero condividere queste battaglie e invece le strumentalizzano per sfogare il loro odio o per mantenere il loro status di circolino.
Le cose peggiori mi sono state fatte da giocatori. Vale anche al di fuori dei commenti sull’Internet, arriva a toccare anche la vita vera. Tutto sommato poteva andarmi peggio. Non vuol dire che mi sia andata bene.
Io sul serio non capisco perché per il "not all man, but Always a man" la gente si incazza.
Io non capisco perché banalizzino la questione con un "nono ma io mica ammazzerei nessuno, mica sono Turetta" pisciando fuori dal vasino e non capendo il problema.
Se ci nascondiamo dietro a un dito, facciamo finta di non capire, tappiamo le orecchie per non ascoltare le proteste, allora un po' stronzi lo siamo.
Rimango sempre col beneficio del dubbio però: perché è anche vero che 3/4 di noi non sa leggere e interpretare.
Purtroppo penso che con i più grandi la battaglia sia persa: hanno il cervello pieno di merda, l'unica è opporsi con forza quando dicono stronzate. E anche li non capirebbero.
Coi giovani bisogna fare un discorso di educazione sessuale, ma non prendendo Alessandro Amadori per dare l'impronta al programma scolastico. (Leggetevi "La guerra dei sessi" poi magari ditemi se è giusto affrontare il discorso con una persona del genere dietro, oppure a sto punto è meglio niente finché sto mandato non finisca)