E se Valditara avesse ragione?
La cosa bella è che chi dirà "l'ennesimo clickbait di Gameromancer" prova la tesi del titolo
Da boh, tre anni a questa parte provo a non seguire i TGA.
Non guardo la diretta, non recupero i vincitori delle varie categorie il giorno dopo, non guardo manco tutti i trailer degli annunci, cedendo solo quando viene fuori qualcosa di interessante (è ovvio che se leggo “Pony Island 2” pigio play). Eppure dai TGA non si scappa, e alla fine in un modo o nell’altro finisco per inciampare su qualcosa a tema.
E invariabilmente se ci inciampo è perché dietro c’è una polemica, quelle stesse polemiche che è anni che mi si dice che “vanno ignorate per non dargli visibilità” col risultato che adesso i barbari sono arrivati alle porte di Roma.
E Roma assomiglia tantissimo al nostro culo.
Però prima di parlarne, i podcastini.
I podcast della settimana
Luigi’s Mangion
Luigi Mangione era un gamer, e giocava questo gioco pericolosissimo in cui devi ammazzare un sacco di gente senza farti scoprire sennò la partita finisce. Questo gioco pericolosissimo si chiama Among Us, e lo abbiamo giocato tutti durante gli anni della pandemia.
Eppure chi deve dare la notizia sui media generalisti, apparentemente, dal fenomeno Among Us non è mai stato sfiorato.
Mi sto rifugiando nel retrogame. Perché?
Ci sono ancora tre caselline dell’Avvento Col Rolex che si devono aprire su Patreon. Quella di venerdì scorso per un tiro di dadi è capitata essere gratuita (perché qualcunə si è iscrittə alla newsletter, e come sempre quindi il giorno dopo mini-podcast aggratis) ed essere una mia riflessione sul fatto che sto retro-giocando come mai prima d’ora quest’anno.
In ogni caso nel feed su Spotify puoi ascoltare anche le altre puntate gratuite, e uscendo 5€ potrai accedere a tutti e 206 (se ho fatto bene i conti) mini-episodi dedicati a chi scuce del danaro.
Con 1€ ebbasta invece puoi entrare nel gruppo Telegram riservato. Che secondo me è il vero valore aggiunto di tutto Gameromancer. E ogni tanto esce del content che poi resta lì tipo la minchiata for the meme che è già schedulata per la mattina di Natale.
Analfabetismo emozionale
Polemiche perché ha vinto Astrobot che è un giochino da bambini e non Wukong che è una roba da hardcore gamer, col risultato che gli hardcore gamer frignano come a voler dimostrare che in realtà i bambini sono loro.
Polemiche perché anche Naughty Dog è diventata woke. Come se Jordan A. Mun fosse una novità nel curriculum di Neil Druckmann dopo Ellie, Abby e finanche l’arco di crescita di quella Chloe Frazer che nasce come femme fatale un po’ stereotipica in Uncharted 2 e finisce per affermarsi come personaggio non più in cerca d’autore ne L’Eredità Perduta.
Polemiche perché nel prossimo The Witcher la protagonista sarà Ciri ed è l’ennesima protagonista femminile che ci viene imposta dal politicamente corretto. Si tira in ballo il canone della serie per dimostrare quanto non abbia senso che abbia superato la Prova delle Erbe o altre stronzate del genere, come se poi i giochini di CD Projekt Red abbiano una qualche canonicità o un qualche valore secondo Andrzej Sapkowski.
Lo scorso 11 dicembre il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara durante l’evento W la Salute si è lanciato in un j’accuse contro i videogiochi.
Il cellulare abitua alla dipendenza, così come i videogiochi, che portano a perdere il contatto con la realtà. Ci sono videogiochi in cui si impara ad ammazzare una persona, questo non va bene.
Non è nulla di nuovo per la politica italiana (già negli anni ‘90 Carmageddon era stato oggetto di un’interrogazione parlamentare). Anche le risposte che sono arrivate possono essere derubricate a “niente di nuovo”. Ho letto un sacco di editoriali e approfondimenti pubblicati il giorno dopo dichiarazioni simili se non identiche a quelle di Valditara. Ho seguito confronti in diretta con chi portava avanti quelle critiche (tipo quando l’ex senatore Andrea Cangini stava promuovendo Coca Web, l’ex libro più contestato dalla Game Culture finché non è uscito B-Human). Ho sentito gente provare a spiegare ai sordi cosa fossero davvero i videogiochi e altra parlare di come fosse il caso di ignorare questi episodi, tanto sono campagna elettorale e l’unico modo per farla smettere è diventare noi l’elettorato che decide le sorti di un’elezione.
Non ho mai visto nessuno, a memoria, provare a chiedersi se Valditara non abbia ragione.
I videogiochi non ti insegnano effettivamente ad ammazzare una persona (semmai a me hanno insegnato che non sarei capace di farlo, ma è un altro discorso). Quella parte è chiaramente una stronzata detta da una persona rimasta ferma a Space Invaders.
Ma possiamo sostenere che non si sia perso il contatto con la realtà?
Abbiamo guardato 3 ore di pubblicità, trailer e culto della persona di Geoff Keighley andando a letto alle 4 e mezza di mattina. Mai come quest’anno i premi ai TGA sono stati solo un pretesto per vendere cose, mentre là fuori il videogioco continua a passarsela male e a lasciare a casa chi ci lavora.
Eppure il problema è la protagonista rasata del nuovo gioco di Naughty Dog, non che i loro ultimi giochi siano stati sviluppati sul sangue dei lavoratori nell’azienda. Interessa poco o nulla che Bruce Straley abbia lasciato Naughy Dog dopo Uncharted 4 perché era in pieno burnout e non ce la faceva più, o che alcune persone abbiano rischiato di morire durante lo sviluppo di The Last of Us Parte 2 perché andavano in ufficio anche di notte, mentre parallelamente andavano avanti dei lavori di ristrutturazione e ad un certo punto un tubo di metallo s’è schiantato contro le scrivanie.
Sono più preoccupanti il genere o l’estetica di un personaggio virtuale che la salute di persone reali.
Siamo riusciti a non vedere i problemi di Cyberpunk 2077, si trattasse di errori di game design o di gestione dello studio. Abbiamo giustificato un management che utilizzava il crunch per tranquillizzare gli investitori, che minimizzava dicendo che non fosse poi così grave dover lavorare 12 ore al giorno sabato incluso, che ci ha venduto un’Xbox One X brandizzata Cyberpunk 2077 su cui il gioco ha impiegato 6 mesi a diventare avviabile, e su cui il DLC Phantom Liberty (che doveva essere incluso nel pacchetto) non è mai uscito e sembra non sia ancora stato rimborsato. Abbiamo assolto il gioco sull’onda dell’entusiasmo della serie animata su Netflix che ne esaltava l’immaginario, guardato “documentari” (plurale, perché non esiste solo quello italiano) pagati da CD Projekt Red stessa incazzandosi pure con chi sottolineava che fosse uno stunt per il lancio di Phantom Liberty, in cui tutto il discorso crunch è stato solo l’ennesimo elefante nella stanza da ignorare.
Ciri protagonista di The Witcher 4 però è ingiustificabile. I testi di Sapkowski valgono più della Carta dei diritti umani.
Eppure non può essere qualcosa che si spiega solo con i videogiochi. I videogiochi, semmai, sono diventati un mezzo con cui veicolare idee escludenti e sostenere quelle teorie del complotto per cui non si può più dire niente, nonostante Elon Musk si sia comprato X proprio per permettere a sé stesso e ad una massa isterica di stronzi di poter dire tutto. È la nuova frontiera della propaganda: da noi funzionano ancora le interrogazioni parlamentari contro e le headline tipo “vince chi seppellisce prima la bambina” parlando di Rule of Rose per PS2, nel resto del mondo i videogiochi sono riconosciuti come cultura e come tutto il resto della cultura si utilizzano come arma.
Nessuna pistola saprebbe come uccidere senza qualcuno a premerne il grilletto.
I videogiochi si limitano ad essere quello che sono sempre stati, uno specchio in cui si riflette la società a loro contemporanea. In un momento storico dove stiliamo liste di proscrizione, poco importa se siano quelle dei giochini troppo woke per essere comprati o dellə creator da boicottare perché hanno portato live Hogwarts Legacy, quello che si riflette non può che essere l’odio.
È una guerra senza quartiere dove vale tutto, al grido di la cultura non si fa mica nei salotti ma al contempo facendo di tutto per occuparli e controllare chi può entrarci. Quello che conta è fare il punto, anche se è solo un punto simbolico. Elon Musk gode nel poter taggare su X Satya Nadella (il CEO di tutta Microsoft) per chiedergli se è legale che l’Art Director di Obsidian (che è un Xbox Game Studio) proponga delle portfolio review gratis ad artisti di colore, rovinandogli più di qualche giornata mettendolo al centro di una shitstorm. Allo stesso modo dall’altra parte non ci si fa problemi ad etichettare come misogine tutte le persone che hanno giocato e magari apprezzato Black Myth: Wukong, dando per scontato che il boss di Game Science sia ancora lo stesso pezzo di merda che non voleva che il suo giochino venisse giocato dalle femmine (cosa che per inciso è molto probabile, ma a cui bisognerebbe dare l’attenuante dell’essere un tizio cresciuto nell’ambiente STEM e per di più cinese) e che quindi automaticamente foraggiare il gioco sia stare dalla sua stessa parte.
Valditara sbaglia, probabilmente in modo calcolato perché come detto qui è campagna elettorale, a ritenere i videogiochi causa. Sono solo un sintomo.
Si può fare tranquillamente lo stesso discorso prendendo altri media e altre industrie. Go woke go broke è un motto nato soprattutto in riferimento alle ultime cose prodotte da Disney, per esempio. La colpa non è dei videogiochi. È delle persone.
Siamo noi a scegliere di perdere il contatto con la realtà, il resto è solo una conseguenza. Siamo abituati alla dipendenza, sì, ma dall’avere un nemico contro cui puntare il dito.
E ora come ora uno qualunque va bene. In questo non siamo manco così distanti dal Ministro dell’Istruzione.
Notizie dal fronte del videogioco
Intergalactic: The Heretic Prophet ti ha fatto capire le minoranze, vero?
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Se guardando il trailer dell’ultimo giochino di Naughty Dog non ti senti più rappresentato, beh, benvenuto in quella che è la normalità per tutta quella gente che di solito è esclusa dai videogiochi mainstream.
Hai passato gli ultimi anni a ripetere come fosse idiota volersi rivedere nei protagonisti che giochiamo. Che una bambina di colore non aveva bisogno della Sirenetta nera o di “Barbie sagoma del poligono”, erano tutte cazzate che alla fine anzi facevano pure male, perché avrebbero fatto sentire diverse quelle bambine.
Come ci si sente dall’altra parte del discorso?
Volevi essere Nate o Joel, Druckmann invece ha deciso che devi essere una donna e per giunta rasata. “Come faccio ad immedesimarmi nella storia? Jordan A. Mun è così diversa da me”.
Per l’ennesima volta i videogiochi ti hanno fatto il regalo più grande di cui sono capaci: ti hanno messo dei panni di un’altra persona.
Adesso devi fare solo una cosa: non dimenticarti di questa sensazione quando spegni la Play.
Solo così sarà servito a qualcosa. Solo così i videogiochi ci avranno salvato.
Indiana Jones è un gioco grezzo e spigoloso che mi ha tenuto incollato per 25 ore.
di Andrea “IncidenteDiplomatico” Scibetta
Potevano copiare la formula di Uncharted, invece hanno fatto una roba che a tratti sa di Hitman, a tratti del King Kong degli anni '2000, per quasi tutta la sua durata fa più il gioco stealth che quello d'avventura.
E l'avventura non manca di certo, girando il mondo in modi rocamboleschi e improvvisati, con un level design che non sempre funziona, ma quando lo fa lo fa alla stragrande.
Un racconto su Indiana Jones in fondo deve avere tre cose: Harrison Ford, l'ironia, i nazisti da picchiare il senso d'avventura. Qui c'è tutto, e anche se gli ingranaggi non sono perfetti, un po' come nei film, la somma alla fine supera il totale, un po' come nei film.
Il blockbuster dell'anno è su Game Pass, e spero davvero che sia solo il primo.
La base c'è, va solo migliorata. Un po' come ha fatto Uncharted 2 due anni dopo Drake's Fortune
Giuocatori!
L'anno che ci stiamo approssimando a lasciarci alle spalle è stato un anno di vigorosi tumulti. "Anno bisesto anno funesto", come si dice.
Ma come da tradizione facista noi si è risposto con un perentorio ME NE FREGO. È stato l'anno dove lo sforzo bellico attorno al videogiuoco ha rimandato al nido molteplici mestieranti, tutto nel nome della tutela delle nostre industrie.
E a proposito delle nostre industrie è stato l'anno in cui finalmente il fu PROGETTO GALILEO, noto adesso come ENOTRIA L'ULTIMO STRIMPELLO, si è affacciato sul mercato grazie all'eroico sforzo dei nostri camerata della GIACOMO GIUOCHI, raccogliendo un immeritato insuccesso.
Gli indefessi lavoratori sono stati SCRICCHIOLATI, hanno accettato salari lordi mensili di 100mila lire del vecchio conio, tutto per raggiungere una reputazione "perlopiù positiva" e solo a seguito di un taglio di prezzo che non si vedeva da quando Nintendo TRE-DUESCHERMI debuttava nell'anno domini MMXI.
È stato l'anno in cui la propaganda sinistroide ha partorito sullo scaffale B-UMANO, esistenze di second’ordine nell'industria del videogiuoco, come becero tentativo di scalfire il nostro entusiasmo e il nostro ludibrio attorno al mezzo videoludico.
Recupera la replica degli Indiependenza Awards schiacciando il pulsante SUONA qui sopra!
Come resto aggiornato?
Molla un follow su Instagram, Tiktok e/o YouTube. C’è sempre del content fresco lì, spesso e volentieri la newsletter è un’anteprima. Ultimamente ci stiamo dilettando pure con qualche long form, e probabilmente tireremo fuori degli extra anche in formato video da accompagnare al podcast del lunedì.
Spammini Tattici Nucleari™
Beh, è quasi Natale, quindi il repost di questo video di LevelArt è assolutamente doveroso.
Giovedì siamo tornati live, per quanto su YouTube e non su Twitch, dopo quasi un anno. È stato bello perché Indiependenza è una cosa che vuole essere soprattutto show e quindi in quel contesto vale un po’ tutto, incluso il discorso finto-fascista con cui prendere per il culo la Game Industry del Littorio prima di parlare dei migliori giochini indie locali.
È stato bello, ma il podcast è un’altra cosa. Mi rendo conto davvero solo adesso di quanto mi pesassero le live. Ok, si alzavano 50€ al mese che sono una miseria rispetto alle ore che passavamo su Twitch ma certo non si buttavano via, soprattutto adesso che tocca pagare pure il pro di CapCut per fare gli Amanda Reel perché CapCut s’è accorta della sua posizione dominante e adesso se vuoi esportare senza watermark cacci i soldi.
Però la frase “non puoi mettere un prezzo sulla tua libertà” è tanto banale quanto vera, l’avevo già imparato una vita fa quando prima di aprire Gameromancer mi sentivo poco apprezzato su Ilovevg e allora ho provato a scrivere sotto padrone, rendendomi conto che quei pochi euro non valevano davvero la libertà di poter scrivere quello che ti pare e sticazzi se poi al resto della redazione non frega nulla.
L’avevo dimenticato. Penso faccia parte dell’essere umano questa cosa di dimenticare le verità che apprendi quando inizi a darle per scontate. Penso che come tanti di quei brutti difetti congeniti della specie (uno è quello di cui parlava l’editoriale di oggi, peraltro) dovremmo sforzarci di dargli contro. Inevitabilmente tra qualche anno darò di nuovo per scontata questa libertà. Spero di riuscire a capire a cosa sto rinunciando prima di buttare un miliardo di ore in cose che mi fanno venire la diarrea.
Il tempo, alla fine, è una delle poche cose che non puoi incartare sotto l’albero di Natale e scartare il 25 dicembre.
Però puoi invece regalare ad un amicə la True Gameromancer Experience pigiando il bottone qui sopra. O se ti senti generosə elargendogli un mese di abbonamento su Patreon.
Al solito, grazie a per aver revisionato questa merda pure sotto le feste.