Cosa sta succendo a Jyamma Games?
E soprattutto, com'è che non ne parla nessuno?
Un paio di settimane fa siamo stati contattati da una Gola Profonda™ che ci ha sostanzialmente raccontato cos’è successo in Jyamma Games dopo l’uscita di Enotria. Ne è venuto fuori un contenuto che abbiamo postato in giro sui vari social la scorsa settimana, ma che data la rilevanza penso sia il caso di riproporre in Deluxe Edition qua nella newsletter. Così almeno qualcuno in questa storia alla fine ha prodotto dei contenuti aggiuntivi.
Se hai già visto l’Amanda Reel su Instagram (o su Tiktok, o su YouTube) qua di seguito troverai comunque qualche riferimento extra che era stato tagliato per rimanere sotto i 90 secondi di video. Niente di sostanziale, ma come detto, è rilevante (sicuramente più di un carosello sui 10 giochi tratti dalla Divina Commedia), e quindi la cosa giusta è repostarlo.
Il repost serve anche per ribadire che se qualcuna delle persone coinvolte avesse voglia, o bisogno, o quello che le pare, di parlare di questa storia e provare a farsi sentire, Gameromancer è a disposizione. Perché qualcuno deve, e in mancanza di altri troppo presi a fare i caroselli siamo l’unica alternativa.
Le città nei videogiochi | Podcast
Ogni città è il deserto a cui si oppone.
I giochini ci portano a visitare ogni tipo di città. Una matrioska di realtà diverse che ci ospitano, galassie, continenti, corpi da abitare.
Colonne di sceneggiatura, piazze di dialoghi, quartieri di silenzio. In mezzo ci trovi personaggi, storie, eventi di cui sei protagonista o spettatrice.
Ma dove finisce il diorama, la scenografia, il palcoscenico e inizia la città? Come distinguo una cartolina ben tratteggiata da un luogo che effettivamente sto vivendo, respirando?
Ognuno vive le sue città, forse perché ognuno di noi è prima di tutto una città. I luoghi che viviamo ci modificano, trasformano, incidono in noi reticolati, arterie di esperienze, traumi, ricordi.
E da lì, affiorano i nostri spazi, i nostri luoghi, palazzi sfavillanti e inquietanti catacombe, foreste sibilanti e villaggi fatti d’ossa. Cambiamenti che subiamo o di cui siamo artefici, abitiamo e veniamo abitati. Infestiamo e veniamo infestati.
A noi si oppongono deserti, ai deserti noi ci opponiamo.
Commedia sì, Divina insomma | segamentale
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
La sera del 19 agosto, durante la Opening Night Live della Gamescom, lo sviluppatore di Enotria ha deciso di mostrare il trailer del suo prossimo gioco: La Divina Commedia — marchio apparentemente registrato, stando alle indicazioni sul footer del sito ufficiale del gioco.
Già di per sé questa — l’annuncio, non l’aver registrato il marchio “La Divina Commedia. Anche se… — è una stranezza. L’ultimo aggiornamento di Enotria risaliva a marzo. L’update completava la roadmap che era stata promessa, per quanto guardando le patch notes e confrontandole con la grafichina della roadmap si nota come siano saltate diverse aggiunte (tipo quelle legate al voiceover). In ogni caso, per quanto chiaramente non tutto il team fosse ancora a lavoro sul gioco (non è che fai fare bug fixing al team artistico, voglio dire) 5 mesi sono davvero pochi per annunciare qualcosa di nuovo.
Soprattutto se poi andando a fare un po’ le pulci ad Enotria emerge un quadro che vede il gioco essere costato circa 7 milioni di euro (cifra che si recupera abbastanza facilmente consultando il Database Opere del Ministero della Cultura) con stime di incasso su Steam per un milione e mezzo. Ipotizzando che il gioco su console sia andato altrettanto mal, ehm, bene, si parla di 3 milioni di ricavi lordi. Da questi bisogna togliere il 30% che trattengono le varie piattaforme come royalties — vale tanto per Steam quanto per gli store di PlayStation e Xbox, solo Epic chiede una fee più bassa. E bisogna anche togliere i soldi che SEGA ha trattenuto per il lavoro di publishing in Giappone: fonti interne, a suo tempo, ci avevano detto che l’accordo era per il 50% dei ricavi nell’area, che è una percentuale abbastanza standard — tornando su Epic, anche il loro piano di publishing prevede un deal del genere.
Anche ragionando solo sui ricavi lordi, Enotria è in perdita per 4 milioni di euro.
Nonostante questo, Jyamma ha deciso di spendere almeno 270 mila euro per mostrare il trailer de La Divina Commedia sul palco di Geoff (il prezzario è stato riportato proprio il 19 agosto da Luke Plunkett su Aftermath). Non è ben chiara la ratio, perché come detto da una parte 5 mesi di lavoro sembrano davvero pochi per poter aver realizzato qualcosa di tangibile al di là di art e idee sulla carta, mentre dall’altra ci sono i dubbi di natura economica. Quel trailer serviva a cercare investitori? E se sì, prendere contatti con dei publisher lì in loco a Colonia (o usando qualunque altro mezzo) non sarebbe stato meno costoso rispetto ai quasi 300k spesi?
In tutto questo, nel mentre venivano cancellati dalle pagine ufficiali del gioco i riferimenti al DLC previsto per Enotria, che sarebbe dovuto essere rilasciato gratuitamente per gli acquirenti della Deluxe Edition del gioco. Internet però non dimentica. Per esempio, TheGamer aveva riportato poco prima del lancio del gioco tutti i dettagli sulle varie edizioni, mettendo tra l’elenco dei contenuti aggiuntivi previsti per la Deluxe il DLC. Nemmeno Epic Games Store dimentica, perché anche lì è ancora presente una pagina che indica un futuro DLC in arrivo.
Il 29 agosto – 10 giorni dopo tutto questo teatro – Jyamma ha postato sui suoi canali una comunicazione a riguardo, promettendo novità “a breve” che non sono ancora arrivate.

Ma la cosa più allarmante è che sembra che in Jyamma siano rimasti solo alcuni lead e il management.
Anche questa è una cosa che c’è stata detta da fonte interna – che ha aggiunto che tutti i “superstiti” sono ingaggiati a partita IVA, ma lo si può verificare facilmente tramite Linkedin.
Diverse delle persone che figurano tra chi lavora in Jyamma Games risultano “open to work”, e su alcuni dei profili pubblici di queste si possono leggere dei post dove confermano l’essere stati colpiti dall’onda di licenziamenti che nei videogiochi sta andando avanti dal 2023 e di essere quindi tornati sulla piazza.
Che Jyamma Games non se la passi benissimo era già abbastanza chiaro dopo le accuse di Blur, ilMasseo e altri streamer di non essere ancora stati pagati per le sponsorizzate di Enotria arrivate proprio a seguito dell’annuncio de La Divina Commedia. Altre fonti interne ci hanno parlano anche di stipendi trattenuti e dimezzati “almeno da maggio”, sollevando un po’ di interrogativi su quali possano essere state le condizioni di lavoro che hanno portato al trailer della Gamescom.
Quindi cosa sta succedendo? Quello che si sa non promette bene. Quello che ci hanno raccontato, ancora meno.
In attesa di qualche comunicazione ufficiale (o di un’altra letterina dal loro avvocato), possiamo solo dire a chi ha perso il posto che se vuole farsi sentire, Gameromancer è a disposizione.
E potrebbe essere importante per chi contro ogni buon senso prova ancora a fare videogiochi qui in Italia.
Altre cose per cui incazzarsi questa settimana
Cancellato l’Assassin’s Creed sulla Guerra di Secessione: troppo scomodo.
di Richard “Amaterasu” Sintoni
Certo che non si può più scrivere niente signora mia. Manco i videogiochi contro lo schiavismo!
Sulle pagine di Game File è uscita la storia di quello che avrebbe dovuto diventare il prossimo titolo della serie Assassin’s Creed. Questo avrebbe dovuto raccontare la storia di un personaggio nero che, fuggito allo schiavismo degli stati del sud dell’America, sarebbe stato reclutato dagli assassini per prendere parte alla Guerra Civile Americana, combattuta tra il 1861 e il ‘65.
Conflitto che tra le altre cose ebbe come backlash la sventurata e indesiderata nascita di quella simpaticissima piaga al cazzo chiamata Ku Klux Klan, e che, sempre secondo l’articolo, sarebbe stata raccontata negli eventi del gioco.
Peccato che questo gioco non vedrà mai la luce, perché a detta delle cinque persone intervistate questo è stato cancellato da Ubisoft. Principalmente per due motivi.
Il primo è l’accoglienza riservata al samurai Yasuke in Assassin’s Creed Shadows, che nonostante sia uno dei pochissimi personaggi storicamente accurati nella serie ha fatto girare i coglioni a un sacco di idioti. Il motivo manco a dirlo è lo stesso per il quale a Balotelli si urlava che “non ci sono neri italiani”, basta sostituire italiani con samurai.
Il secondo motivo, forse anche più preoccupante, è il timore del clima sempre più teso negli Stati Uniti, dove oltre alla concorrenza c’è pure il concreto rischio di ritrovarsi con l’inquilino della Casa Bianca che ti boicotta l’uscita del giochino.
Insomma, ecco qui quella famosa cancel culture di cui la destra si lagna tanto, applicata ai giochini dalla destra stessa che manco ha bisogno di agire.
Non male per chi diceva che la politica deve restare fuori dai videogiochi eh?
Donald Trump sottovaluta troppo i videogiochi.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Il che è un po’ paradossale, considerando che se è riuscito a diventare non una ma due volte Presidente degli Stati Uniti è soprattutto grazie ai videogiochi, ma oh.
L’amministrazione Trump ha messo fin dal giorno 1 del suo mandato al centro di tutto TikTok, al punto che già a gennaio il social cinese (e un po’ di altre app) avevano ricevuto una sorta di grazia, vedendo revocato l’embargo che le aveva fatte sparire dagli store americani.
Ora è arrivata la firma all’ordine esecutivo che permette a TikTok di continuare ad operare in America e ne fa passare il controllo, nella “terra dei liberi”, ad un consorzio di aziende a stelle e strisce.
Solo che il punto è che TikTok non è l’unica testa di ponte cinese su suolo americano.
C’è League of Legends, che sarà pure sviluppato da uno studio americano come Riot Games, ma lo studio è di proprietà di Tencent (che è cinese).
Sempre Tencent possiede il 40% di Epic Games, e quindi sia di Fortnite che di Unreal Engine. Che sono il gioco più giocato al mondo e l’engine più utilizzato per sviluppare videogiochi.
La lista è lunghissima, e tocca anche Activision-Blizzard (il 5% è sempre di Tencent) e studi più piccoli come Turtle Rock, autori di Left 4 Dead.
Si sta parlando tantissimo di TikTok, del suo algoritmo e di come sia un pericolo che così tanti americani possano essere influenzati da un’azienda cinese che quindi deve vendere. Questa cosa però può succedere anche attraverso League of Legends.
E se non se ne parla mi viene il sospetto che la vendita di TikTok non fosse “per la sicurezza dei cittadini”, ma per il business di qualcuno a cui Trump doveva un favore.
Essere Renoir fa schifo al cazzo.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Il testo potrebbe contenere spoiler di Clair Obscur. O su quanto crescere sia una fregatura. Quindi occhio.
Sei mai stato così convinto di aver ragione da desiderare il controllo assoluto sulle vite di chi ami? È questa la maledizione di Renoir. Ha ragione, ha fottutamente ragione, eppure non frega un cazzo a nessuno. In fondo nemmeno a lui, perché sta facendo tutto questo per amore.
Amore per una moglie che gli sta chiedendo di smettere di amarlo. Amore per due figlie che hanno scelto la morte, anche se in due modi diversi ma ugualmente terribili.
Ugualmente stupidi, perché cazzo, è così ovvio che la soluzione è affrontare il lutto assieme, è così chiaro che è l’unico modo di tenere vivo Verso.
Sono le lacrime di Renoir a dare colore alla tela. Tutto quello che vorrebbe fare è posare il pennello e uscire, ma costerebbe troppo. Non ha compassione per chi vive nel quadro, ne ha solo per i vivi. E vuole che rimangano vivi, anche se a loro non interessa più.
Renoir ha tutte le ragioni del mondo, ma tutte le ragioni del mondo, in questa vita, non valgono un cazzo.
A volte non possiamo far nulla per impedire a nostra figlia di sbagliare. Molto spesso tutto quello che possiamo fare per una moglie che ha rinunciato a vivere è rimanere a guardare.
A volte la vita è un cazzo di videogioco, e vederla dipinta in un videogioco ti fa venire in mente di quella volta che avevi ragione ma non è servito a niente.
Essere Renoir fa schifo al cazzo.
Perché vuol dire diventare agli occhi di tutti il boss finale da battere, anche se tutto quello che stai provando a fare è solo salvarli.
Dove vi seguo?
Instagram, Tiktok e YouTube per cose tipo quelle che hai letto nella sezione qui sopra. Spotify, Apple Podcast o insomma la tua app di riferimento per i podcastini per il podcastino.
Ti ballassero due spicci in tasca, abbiamo un Patreon che non è assolutamente sufficiente a coprire le spese in avvocati quando decidiamo di fare quelle cose che le facesse qualcun altro si chiamerebbero inchieste, ma siccome le facciamo noi stronzi sono atti di terrorismo.
Gitting Gud While Keeping Empathy| Spammini
Mi ero completamente perso questo video di Jimquisition. Se siamo almeno in due, recupera asap.
Il mondo del game dev italiano fa schifo. Lo sapevo da ben prima di Enotria, e ogni tanto parlando con persone che conosco del giro e venendo a scoprire cose che mi fanno rabbrividire questo pensiero prende sempre più forza.
Chiaro, #NotAllSviluppatoriItaliani, di mezzo ci sono tantissime brave persone. Però è demoralizzante sapere quanto schifo naviga in un’industria che non è nemmeno propriamente tale. E sul fronte culturale non va assolutamente meglio: ormai diventi un problema anche se scrivi un libro, perché nella testa di qualcunə se lo scrivi tu allora poi non lo può scrivere ləi, e quindi vai boicottato a tutti i costi, vai escluso da tutti gli ambienti dove quello che hai fatto potrebbe beneficiarne perché se ti fiaccano nello spirito prima o poi ti arrendi.
E se non ti arrendi, beh, puoi essere sempre copiato da “chi sta più in cima” senza poterci fare un cazzo, perché è molto facile farti sentire ridicolo quando rivendichi la paternità di un discorso tipo “se te ne fregasse davvero dell’accessibilità ti lamenteresti che in Silksong non ci sono le opzioni per il daltonismo”. Ed è molto facile perché tu sei solo, lə altrə no, fanno circolino tra di loro.
Eppure arrivato a questo punto non vedo il senso di arrendermi.
Per quanto dipenda anche da scelte di altrə, ho la libertà di chi ha perso tutto e quindi può dire e fare quello che vuole, incluso parlare di cosa c’è dietro il gioco che doveva salvare l’Italia del videogiuoco.
“Mi spezzo ma non mi piego”, direbbe qualcuno con la tessera di CasaPound. Io occasionalmente mi piego eccome, perché ho scoperto che spezzarsi fa male. Ma finché non ho la sicurezza che devo piegarmi altrimenti finisco in pezzi, col cazzo.
E finché ogni lunedì troverai qualcosa da ascoltare su Spotify e qualcosa da leggere nella tua casella di posta, saprai che anche questa settimana non siamo in pezzi.
Dopo la Battaglia di Meridiana e la conseguente sconfitta di TYPO e dell’Eclissi, le quattro tribù vivono pacificamente tra di loro grazie ad un’alleanza solida creatasi grazie a un’ottica comune: la sopravvivenza. Tuttavia mentre l’intero Est festeggia la vittoria contro il nemico e cerca di riparare i danni causati, la missione di è ben lontana dal dirsi conclusa.







La Voce della Ribellione™️