"Che giochino brioche"
Ma quand'è che noi addetti ai lavori siamo diventati una massa di stronzi? Ah già, dall'inizio...
A Shadow of the Erdtree sta succedendo quello che è successo al lancio di Elden Ring. Ovvero: ci sono un sacco di cazzi con il bilanciamento che ci si chiede com’è che ‘sta roba abbia passato la fase di quality assurance, ma su Metacritic c’ha 95 lo stesso.
Il mondo s’è spaccato sostanzialmente in chi sta venendo oneshottato a cazzi in faccia nonostante sia a livello 400 e chi ti dice Git Gud, torna a giocare ad Animal Crossing se sei una fichetta. E finché a scannarsi sono i giocatori sticazzissimi, non mi aspetto che improvvisamente un manipolo di gatekeeper tossici che ha carryato al successo questo giochino perché gli permetteva di essere tossico improvvisamente si ravveda.
Quando però sono gli addetti ai lavori a rispondere “che giochino brioche”, beh, mi viene tantissima voglia di vestirmi da Robespierre. Senza manco aspettare sia Carnevale.
Prima ti becchi il podcastino, poi il sale.
Kojima Ergo Sum – Metal Gear Solid 2
Metal Gear Solid 2 è uno dei giochi più avvenieristici della sua generazione. Al punto che a volte rinuncia ad essere un gioco per diventare una meta-riflessione sul videogioco. Tutto questo nel 2001 e con il sequel di una delle cose più amate uscite sulla prima PS1, giusto per rimarcare quanto Kojima c’abbia una nerchia tanta.
Eppure tutto questo può essere anche un limite. MGS2 esce lo stesso anno di Ico che per tanti versi porta avanti una rivoluzione molto simile nel medium, ma nel 2005 Shadow of the Colossus riesce ad essere sia l’uno che l’altro, sia videogioco che manifesto. Cos’è mancato a Sons of Liberty per riuscire a farlo?
GIT GUD (nel parlare di giochini)
Tra chi scrive recensioni c’è quest’idea del cazzo per cui bisogna essere oggettivi. Bisogna mettersi nei panni del target e copiare e incollare le informazioni dai comunicati stampa raccontare i videogiochi dal loro punto di vista per dare il miglior consiglio per gli acquisti possibile.
Viene da sé che davanti alle sollevazioni popolari di chi sta giocando Shadow of the Erdtree e dice che il gioco non funziona la reazione dovrebbe essere “poffarbacco, non sono riuscito ad immedesimarmi nel target e ho dato un pessimo consiglio per gli acquisti”. Vero? Errore. La reazione corretta è “non hai capito il gioco, non sei degno, torna a giocare col telefonino”. E se come succede poi è la stessa From Software ad ammettere l’errore – perché se rilasci una patch che fixa la progressione stai ammettendo l’errore – la risposta è prendersela con la gente che mortifica la visione autoriale di Miyazaki costringendolo ad intervenire sulle sue stesse Sacre Scritture.
Ora, delle due l’una. O Shadow of the Erdree ha effettivamente dei problemi a livello di design e quindi chi si lamentava pre-patch ha ragione e non lo si è ascoltato, o invece il gioco era a posto anche prima e a chi si stava lamentando andava spiegato. In tutti e due gli scenari il problema è lo stesso:
Non c’è nessun tipo di dialogo tra chi parla di videogiochi e chi gioca. E allora che cazzo ne parliamo a fare?
L’idea della rece as a service (cioè che la recensione sia un servizio dato al giocatore per orientarsi nella spesa) è una minchiata. In prima battuta se le due estremità non parlano la stessa lingua è un esercizio inutile. Motivo per cui nel mio caso specifico un consiglio all’acquisto di una persona che non vede come un problema il fatto che un gioco duri 50+ ore per me è merda. Per tante altre persone funziona, ma basta un solo controesempio perché venga meno l’universalità del giudizio. Per orientare all’acquisto più che un parere soggettivo (spoiler: stringi stringi le recensioni sono quello) mi è utile un elenco delle feature e dei contenuti del gioco.
Mi è più utile sapere che in Breath of the Wild le armi si scassano dopo un tot di colpi, non cosa ne pensi tu della scelta di game design. Vuoi essere oggettivo? Ti devi fermare alla meccanica di gioco, al massimo puoi contestualizzarla (nel caso di Zelda, una buona spiegazione è “così Aonuma & Co. hanno evitato il concetto di livello da RPG classico”), ma se vai oltre abbandoniamo il campo dell’oggettività. Non sta a te decidere come mi sento in Breath of the Wild quando mi esplode una spada in mano, se la cosa aggiunge un certo elemento di casualità al combat system e mi tiene sulla corda oppure la trovo una palla al cazzo che mi costringe a farmare i semini Deku per allargare il più possibile lo zaino e potermi portare più armi fiche dietro.
Ai parrucconi piace un sacco il Framework MDA (Mechanics, Dynamics, Aesthetics – meccaniche, dinamiche e “estetiche”, che in realtà sarebbero le emozioni). L’unica cosa oggettiva qua in mezzo sono le meccaniche, perché quelle sono. Le dinamiche (che in buona sostanza sono quello che succede con le meccaniche di gioco quando il gioco viene avviato) iniziano ad esserlo già molto meno, perché ogni partita è una storia diversa e chi crea videogiochi è umano, non può prevedere cosa farà il giocatore con le meccaniche che ha a disposizione. L’altro Zeldone di Aonuma & Co, Tears of The Kingdom, lo ha mostrato bene con l’introduzione dell’Ultramano: dubito che il team di sviluppo si aspettasse che tirassimo fuori i mecha col pisellone in fiamme, le astronavi coi raggi laser che shottano i boss o la motocicletta volante fatta con solo due ventilatori e un manubrio che rende l’esplorazione del sottosuolo molto più facile – ci puoi pure montare un fanale attaccandoci uno di quei semini luminosi.
Questo peraltro è quello che i parrucconi chiamano gameplay emergente.
Non penso che serva spiegare perché le emozioni sono la cosa più soggettiva di questo mondo. È il concetto che rende l’arte tale, e comunque in buona parte l’ho già detto sopra, davanti ad una meccanica come reagisco sono tendenzialmente cazzi miei. C’è gente a cui piace il bondage e altra a cui non verrebbe mai duro una volta legata: l’unico aspetto oggettivo della faccenda è che qualcuno viene legato.
Ora, il Framework MDA è una merda perché riduce il videogioco a semplice giocattolo e si occupa solo dei suoi risvolti ludici (dove sta scritto che un filmato non possa impattare sulle emozioni o anche sulle dinamiche?), però è uno strumento abbastanza utile per un certo tipo di analisi.
Nello specifico di Shadow of the Erdtree se si è incazzato mezzo mondo perché il gioco è “troppo difficile” il compito di una buona critica dovrebbe essere quello di indagare il perché.
Quello che sto vedendo in questi giorni invece è un costante arroccarsi sulle proprie poisizioni dando contro al popolo bue, con addetti ai lavori che due settimane fa si riempivano la bocca parlando di accessibilità e oggi frignano perché la povera From Software viene costretta a piegarsi alle lamentele del pubblico.
Immagina che Artorias of the Abyss, il primo DLC di Dark Souls, fosse stato Bloodborne. Nel senso di “letteralmente Bloodborne” (ciao , ho già messo 1€ nel dindarolo), con quel suo gameplay quasi agli antipodi di Dark Souls dove gli scudi sono una supercazzola, i parry sono fondamentali e prendere danno è parte dell’esperienza di gioco, devi solo essere in grado di restituirlo al nemico di turno abbastanza velocemente da recuperare la salute persa. Per quanto Bloodborne sia una ficata pazzesca sarebbe stato normale trovarlo straniante. Sarebbe normalissimo sentirsi frustrati perché la build costruita in ore e ore del gioco base adesso non vale più nulla e sei costretto ad adattare il tuo personaggio ad un mondo nuovo – e poi smantellare tutto quando si torna al gioco base, visto che il DLC è inteso per essere avviabile mid-game. Quello che sta succedendo è qualcosa di molto simile (meno esagerato, ma molto simile).
Una buona risposta sarebbe quella di pubblicare articoli e creare contenuti che AIUTINO le persone a giocare a ‘sto cazzo di Shadow of the Erdree, mentre tutto quello che ho visto fare sono stati su Facebook patetici ed editoriali anche abbastanza bait in cui si ribadisce quanto la gente non c’abbia le mani, non abbia voglia di imparare e come LOL solo il 40% di chi ha avviato il gioco ha battuto il boss che serve per entrare nel DLC – che nel mondo reale è un risultatone, visto che è il doppio della percentuale di chi ha finito il primo The Last of Us.
Non è nulla di nuovo, in realtà. A pensarci è lo stesso identico atteggiamento classista del cazzo per cui si dà la colpa alla gente “che non legge” e non agli editori che riempiono i siti web dove scriviamo le nostre minchiate di banner e immondizia clickbait.
È la stessa forma mentis di chi quando guarda le statistiche di lettura di un suo approfondimento si arrende invece di provare un approccio diverso (ironia della sorte, è la stessa cosa che si sta lamentando a chi trova Erdtree troppo difficile: non voler cambiare build) a livello di stile o di formato. Ci si lamenta dei 90 secondi di TikTok che annichiliscono la soglia dell’attenzione dell’utente medio, invece di pensare a sistemi che sfruttino TikTok come esca per fare un po’ di divulgazione.
Ma forse come al solito il punto è che della divulgazione non ce ne frega un cazzo, e i videogiochi sono semplicemente uno strumento comodo per masturbarci l’ego seguendo il ritmo del suono della nostra voce.
Poco importa se siamo rimasti gli unici stronzi ad ascoltarla.
Nella vita bisogna sempre essere sé stessə. Tranne quando si gioca a Elden Ring.
di Davide “Celens” Celentano
Sì, perché a quanto pare dover cambiare necessariamente build per una determinata sezione di gioco perché tutte le altre funzionano male non è più un errore di bilanciamento e di design, ma una feature.
O almeno, lo è se nei titoli di coda c'è scritto Hidetaka Miyazaki.
E badate bene, io non ho idea se sia vero o meno, che sto cazzo di DLC non ho proprio voglia di giocarlo, specie dopo tutte le polemiche che ci stanno girando attorno.
Il punto è che c'è gente che usa questa argomentazione per rispondere a chi sta trovando il gioco più difficile di quanto percepisca sia giusto.
Perché ricordiamo anche questo, dire che una roba sia troppo difficile non significa necessariamente che non riesci a farla. Significa semplicemente che non ti stai divertendo nel frattempo.
Perché non per tuttə “vincere è l'unica cosa che conta”, ma per qualcun altrə conterebbe anche il modo in cui lo si fa.
Se bastasse tatuarsi un gioco addosso perché venga riconosciuto come capolavoro la mia scelta sarebbe DmC Devil May Cry.
di Pietro “Phatejoker” Iacullo
Sul pube, perché sia lì che nel gioco man mano che vai avanti i peli scoloriscono e il nero lascia spazio al bianco. E anche per ricordarmi che anche a me all'inizio il Dante di Ninja Theory stava proprio sul cazzo, poi però è bastato giocare il gioco per rendersi conto che su disco c'era tutto quello che Devil May Cry non aveva mai avuto e avrebbe decisamente dovuto avere dopo Devil May Cry 3.
Tutto quello che Capcom ha prodotto dopo il terzo capitolo non ne è che una copia pedissequa, senza inventare mai davvero nulla se non qualche sceneggiata tamarra.
E oh, Devil May Cry 5 da questo punto di vista è stato un grandissimo capitolo all'insegna delle botte e del fanservice, ma nel 2024 mi aspetto di più. Anche Bayonetta con Bayonetta 3 ha avuto il coraggio di reinventarsi capendo che non è più solo una questione di battle system.
DmC c'era arrivato già una decade fa. L'abbiamo odiato per questo, perché in fondo a noi l'idea di rigiocare Devil May Cry 3 con una skin diversa dà conforto, facendo così siamo sicuri che almeno Devil May Cry 2 non ci succederà mai più e poco male se ci risuccederà il 4, banale e riciclone ma quantomeno decente.
E allora forse la forza di DmC sta proprio nel non averci dato quello che volevamo, ma quello di cui avevamo bisogno.
In queste scure acque, nere come la notte, si cela il male, e in questo mare aperto nessuno può sentirmi urlare.
di Richard “Amaterasu” Sintoni
Sta calando la notte, e il faro è lontano. Non so se riuscirò a raggiungere il molo prima che calino le tenebre, e che questa maledetta nebbia mi avvolga. Maledette isole, maledetto me. Sia dannato il destino che mi ha spinto fin qui, in cerca di fortuna e qualche moneta da spendere per sfamarmi.
Sia dannato il destino, sia dannato il naufragio. Sia dannata quella notte che mi ha bloccato qui, circondato da queste acque maledette.
È tardi, i miei occhi si stanno chiudendo. Non vedo più nulla attorno a me, solo orrende visioni di mostri, che emergono dagli abissi per sfamarsi della mia paura e banchettare delle mie carni. Ho paura, io non dovrei essere qui.
Avevano ragione, non dovevo spingermi così lontano.
Avevano ragione, non avrei dovuto attardarmi.
Avevano ragione. Non avrei dovuto prestargli ascolto.
Li vedo. Li sento. Sono qui per me. Vogliono trascinarmi negli abissi.
Perché sono qui? Cosa mi è preso?
Cosa cercavo in queste scure acque, nere come la notte e come gli orrori che vi si celano?
Ormai da un tot di tempo il grosso di quello che leggi in questa sezione diventa un Amanda Reel su Instagram e su TikTok. Ci stiamo prendendo gusto col montaggio e col voiceover. I testi sembrano più 3D quando vengono letti a voce alta. Se ti va di dare un’occhiata, sai dove cercare. Intanto riciclo qualcosina dalla scorsa settimana a tema con la newsletter:

Enable 3rd party cookies or use another browser
Spammini Tattici Nucleari™
Dunkey ha detto in 4 minuti tutto quello che c’era da dire sulla situa Shadow of the Erdcoso.
Ho scoperto tramite spammini questo canale YouTube sui giochini che non è un cazzo male. E parla malissimo di Stray quindi godo.
Io e Alteri (che ha dimenticato il microfono buono a Roma, ma in teoria dovrebbe recuperare uno Yeti da qualche parte per le prossime. Se no me lo inculo) abbiamo parlato una mezz’oretta di Balatro. Sempre per quel discorso che le cose ormai ce le giochiamo quando cazzo di va di farlo. O in questo caso quando Fiorenzo mi regala giochini – conta come ringraziamento passivo-aggressivo?.
Non penso sia casuale che da un tot di settimane a questa parte in questa sezione finiscano soprattutto contenuti esteri. Forse c’entra col discorso di cui sopra, laddove in inglese esistono sicuramente pure camere dell’eco e postacci del genere, ma c’è spazio anche per discorsi meno egoriferiti. In ogni caso se hai qualcosa da segnalare, c’è il topic spammini sul gruppone telegram.
La prossima volta che frigni perché nessuno condivide la tua roba se non sei nel gruppone sei ridicolo. Cioè, più di quando frignavi e il topic spammini non c’era.
L’idea di questa settimana era lasciare la palla a Scibetta, solo che poi m’è girato il cazzo. Metà delle uscite di questa newsletter dipendono dal fatto che ad un certo punto mi gira il cazzo, immagino che ormai sia parte del mio processo creativo.
In ogni caso, via coi soliti ringraziamenti prima di tutto a chi ha adottato un DAMS a distanza su Patreon, perché se è stata la solita bella settimana piena di discorsoni sul Game Design è perché chi decide di sostenere Gameromancer per qualche motivo è più competente di chi Gameromancer lo fa. Soprattutto di Scibetta. E a questo proposito questa settimana basta iscriversi a Patreon (anche gratis) per sentirmi parlare dell’impatto di David Cage sul genere delle avventure grafiche. Il perché di questa cosa è spiegato nel podcastino qui di seguito.

Va ringraziato il già citato Pulciaro per aver revisionato tutta ‘sta merda (e mica in un’unica soluzione perché sono ossessivo-compulsivo e quindi continuo a mettere mano alle cose finché non si pigia “pubblica”) e la critica, beh, per essere sempre quel gran bel posto di merda che mi mostra giorno dopo giorno cosa non voglio diventare, permettendomi di non diventarlo mai.
Ovviamente, grazie anche a te che sei arrivatə qui in fondo. In giro per questa uscita ci sono meno schwa del solito, è una cosa voluta non per essere meno inclusivo ma perché riflette bene o male quello che la critica è oggi: un posto dove l’inclusività è token e virtue signaling, non qualcosa in cui si crede davvero.
La più grande liberazione di quest’anno è stata il rinunciare ai compromessi per essere accettati all’interno di certi circoli. Se posso lasciarti un ultimo pensiero da Baci Perugina, ecco: piacere a tutti i costi non è così importante. Ti bastano poche persone per essere felice, il resto sono solo vanity metric da social network.
Bella la citazione del trailer di alien "nello spazio nessuno può sentirti urlare " per dredge, mi son visto ieri il film con mio padre che ormai non se ricordava più.
Ripeto quanto ho spesso detto a Pietro anche su altri lidi: crescendo, gli impegni cambiano, noi cambiamo.
La vita ci mette davanti a nuove problematiche ma anche a nuove sicurezze, modificando sia il nostro essere che l'impatto che ha qualcosa nella nostra vita.
A me non me ne fotte più un cazzo di stare sui social: mi interessa meno di 0 fare parte di discussioni come quella su Shadow of the Erdtree e mi interessa ancora meno provarlo.
Per quanto possa essere bello e ricco di sfumature il videogioco, per me bisognerebbe ricordare che è comunque un mezzo di espressione che ci fa divertire e riflettere.
E questo funziona non solo per la stampa, ma anche per il pubblico: ogni critica è legittima, ma quel che non è legittimo è lo squalificare il prossimo perché la pensa diversamente.
Mi sembra che ci siamo dimenticati della giornalista che ha faticato a finire la demo di Cuphead, difesa a spada tratta un po' da tutta la stampa.
Oggi sta avvenendo l'esatto contrario.
Comunque, ripeto: me ne frega meno di 0, tanto so bene che Shadow of the Erdtree è fuori dalla mia portata, non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello di acquistarlo.
Perlomeno non prima di riuscire a finire ER, droppato per ben due volte per colpa di una sincronizzazione Cloud disattivata.
A margine, se c'è bisogno di qualcuno che crei contenuti per aiutare gli altri a procedere nel gioco, i Dev qualcosa hanno sbagliato.