Barbieturici
L'urlo di Mattel terrorizza anche l'occidente. Quello maschio etero basic. Plus: la Game Critic (maschia etero basic) parla di Cancel Culture e mi viene voglia di cancellarli sul serio.
I veri giochini piccini sono quelli dentro i Tripla-A.
Mini-giochi secondari che diventano il motivo per giocare qualcosa. Giochi di carte in-game che poi vendono prima le edizioni fungibili dei DLC e poi diventano pure stand alone. Giochi interi anni ‘80 e ‘90 che finiscono per diventare easter egg dentro qualche capitolo più moderno della loro stessa saga, in qualche capitolo del cazzo di Call of Duty del cazzo.
Com’è che siamo così ossessionati dai mini-giochi? Da che lo spazio di memoria su cartuccia e poi disco (e poi di nuovo cartuccia, grazie Nintendo Switch) è diventato abbastanza per stiparci qualche stronzata lo si è sempre fatto. E oh, finisce che poi alla fine te li ricordi meglio del gioco vero, quello per cui hai tirato giù la ISO da eMule speso il prezzo nominale di copertina.
IRL il minigioco di questa settimana è stato — tanto per cambiare — il patriarcato.
Chiunque s’è sentito in dovere di parlare del film di Barbie, nonostante avesse deciso che “serve solo per vendere le bambole alle bimbe” e sia uscito parallelamente il film sui bomboni nucleari girato dal regista maschio bianco basic più quotato della decade. L’altra grande tematica invece è stata — anche qui, tanto per cambiare — che hanno assolto Kevin Spacey da 20 accuse di molestie. Lui è subito subito diventato l’ennesima bandiera contro il #metoo, poco importa se chi lo ha denunciato c’avesse il cazzo come chi ha recensito il film delle bamboline.
E quindi potevo buttarmi sul trend cinematografico del momento, ma sarei stato l’ennesimo maschio etero basic a farlo senza avere davvero nulla da dire. Ho preferito lasciare spazio a chi invece qualcosa da dire l’aveva. Trovi i contributi qui di seguito. Potevo parlare pure io di Spacey, ma ho preferito parlare di Marco Mottura. Non tanto in riferimento a cosa ha detto su Spacey, quanto per un tweet disgustoso sulle fiere che osano minare la sua mascolinità chiedendogli con che pronome si identifica.
Mottura giustamente è un gamer, è logico che si identifichi in un maschio tossico. Ad espormi su questa cosa ho solo da perdere visto che mi metto contro il numero 2 del giro della Game Critic. Però praticamente chiunque altro — a parte Azalona che gli ha risposto una merda lì sotto — ha preferito farsi i cazzi suoi. Immagino perché Final Round paghi bene e — non sono ironico — non tutti hanno il privilegio di poter dire “che merda”.
Io però ce l’ho. E se non lo usassi “che merda” dovresti dirlo di me. Perché non sarei Ally manco di McBeal.
Ne parliamo dopo gli spammini.
I maski devono imparare a stare zitti.
Di Maura “Mewra” Saccà
E' da quando è uscito sto cazzo di film di Barbie che leggo ovunque che i maski non possono più parlare, che vengono discriminati, che anche la loro opinione è importante.
Ma riuscite un attimo a capire che voi avete TUTTI I GIORNI, TUTTO IL GIORNO, QUALSIASI SPAZIO per parlare?
E questo diritto quando ve lo rivendicate? Quando c'è da parlare di questioni femministe e le femmine stanno ottenendo un 10% di spazio in più. GUARDACASO.
90% di spazio sempre, dovete scendere a quel fottuto 50%. Perché se noi abbiamo solo il 10% di spazio e voi non ci ascoltate, per forza dobbiamo urlarvi di stare zitti.
Quando si tratta di questioni femministe, come ad esempio l'analisi del film di Barbie, perché prima di fare qualsiasi recensione "femminista" non andate ad ascoltare cosa abbiano da dire le donne sul film?
In questi giorni ho letto robe aberranti di maestri di critica cinematografica come "è troppo rosa", "i maschi nel film sono discriminati". Se qualcuno di voi, prima di parlare a vanvera, fosse andato a leggere una qualsivoglia recensione davvero femminista, avrebbe capito subito che i Ken in questo cazzo di film sono la trasposizione uno a uno di ciò che subiscono le donne nella nostra società.
E che NO RAGA non potevano raggiungere la parità alla fine del film, perché noi la parità ancora non ce l'abbiamo neanche dopo centinaia di anni di lotte.
Era proprio questo che Gerwig voleva fare passare. Ed è lapalissiano che nessuno di voi l'abbia capito, quando era veramente scontato.
Quindi piuttosto che sparare stronzate senza ascoltare e urlare "questo film non è anticapitalista" andatevi a leggere qualche libro di femminismo. E se non c'avete sbatti neanche di fare questo, andatevi ad ascoltare cosa hanno da dire le donne in merito all'importanza di avere un film con tematiche femministe all'interno della cultura pop.
Ora ripasso la linea ai miei colleghi maschi.
Magari loro li ascoltate.
E comunque Barbie parla molto anche agli uomini.
Di Davide “Celens” Celentano
E no, non ci riduce a miseri stereotipi ridicoli solo per prendersi una rivincita e farsi due meme a nostre spese (che funzionano da dio, per inciso).
Barbie parla di un Ken che vive in mezzo a donne che, giustamente e finalmente, reclamano e ottengono il loro spazio, la loro importanza nella società. Che sono individualità forti, non più disposte a essere semplici figure di sfondo o accompagnamento.
È quello a cui tuttə, tralasciando gli ovvi estremismi di Barbieland, dovremmo tendere. Ma al tempo stesso è anche il mondo in cui Ken si trova all'improvviso senza più certezze.
Ha sempre pensato che il suo scopo fosse conquistare la sua Barbie e la sua vita "da sogno", che questo era tutto ciò che lo avrebbe definito come persona.
Ma adesso le scuse stanno a zero e non ci si può più nascondere dietro obiettivi di facciata imposti dall'alto ma al contempo anche da noi stessi.
La nostra identità non è più la nostra Barbie, la nostra identità siamo noi stessi. È arrivato il momento di esserlo sul serio.
E allora teniamoci i cavalli e mandiamo a fanculo quegli inutili minifrigo.
O ci è o Cinefra
Questa settimana su SpaccioGames è uscito un pezzo che parla – di nuovo – di recensioni. Dicendo un paio di cose giuste e un sacco di fregnacce. Per qualche motivo io e Scibetta abbiamo ritenuto fosse il caso di parlarne, e quindi a beneficio dellə abbonatə a Gameromancer col Rolex™ è uscita una video-analisi del pezzo.
In due parti.
Da un’ora ciascuna.
Serviva? Probabilmente no, ma prendila come un surrogato di una live durante questa pausa estiva.
Quanto cazzo è bello vedere di nuovo la gente parlare di un film?
Di Richard “Amaterasu” Sintoni
Dopo anni di sale cinematografiche deserte e programmazioni sempre più scialbe finalmente Barbie ci ha dato qualcosa da andare a vedere per poterne parlare, in barba ad una Marvel che non prende più un colpo da Endgame e l'ennesimo Fast&Furious che avvicina la saga sempre di più ad uno Scary Movie.
Con le aziende che spingono sempre di più sui film in streaming al D1 Barbie è una boccata d'aria fresca per le sale che finalmente si stanno ripopolando. Chi per interesse, chi per curiosità e chi per capire cos'è che sta portando la gente a scannarsi in rete un giorno si e l'altro pure, anche vomitando sentenze giusto per il gusto di dar movimento alle dita sulla tastiera.
Perciò si dica il cazzo che si vuole. Che sia visionario, che sia femminista, che sia un'esaltazione o il cazzo che volete, ma Barbie ha vinto una battaglia per la sopravvivenza del cinema. E speriamo non sia l'unica che si porterà a casa.
L’ondata rosa di Barbie ha travolto il box office italiano e mondiale. E il bello è che quasi nessuno l’ha vista arrivare.
Di Alessandra "Yachan" Stefanelli
Nonostante una campagna marketing monumentale – e martellante –, nonostante tutto l’entusiasmo che si respirava nelle settimane precedenti all’uscita, gli analisti (maschile sovraesteso voluto) avevano previsto incassi decisamente al ribasso rispetto a quelli poi ottenuti.
Non ve ne eravate accorti prima, perché snobbare i prodotti "da femmina" è facilissimo.
E invece l’ondata rosa alla fine ha travolto anche voi. È forse un caso che i contenuti più visti dei cinefili nostrani siano quelli in cui si demolisce il film di Greta Gerwig?
Quindi ritenete il film brutto, trash (anche se il termine giusto da usare sarebbe "camp"), diseducativo (sì, ho letto anche questo… evidentemente ci aspettiamo fini educativi anche da un film su una cazzo di bambola), ma fare visualizzazioni basate sull’hate watching evidentemente è perfettamente etico.
Perché questo succede quando non si hanno gli strumenti per analizzare un prodotto attraverso le lenti femministe.
Quindi, per favore, visto che è troppo chiedervi di tacere su argomenti di cui evidentemente non sapete nulla, almeno non avventuratevi in analisi che non vi competono.
Se la critica più intelligente che sapete partorire sul film è "è troppo rosa" oppure "gli uomini sono tutti degli idioti, quindi aiuto misandria", forse dovete un attimo tacere e lasciare spazio agli adulti.
Anzi, nel caso specifico alle adulte, alle professioniste del settore che sanno offrire una prospettiva femminile e femminista.
L'avete sottovalutata, ma l'ondata rosa non la potete fermare.
Gli incassi indicano che una parte del pubblico troppo a lungo snobbata voleva un blockbuster così: donne, persone queer, uomini che semplicemente non sentono minacciato il proprio testosterone dalla sovrabbondanza di rosa.
Il box office ha parlato. E adesso anche l'industria cinematografica dovrà farci i conti.
DAMSel in diSTRESS
Ti pare che si poteva parlare di un film senza che Alteri non approfittasse della cosa per ricordarci che lui ha studiato la Settima Arte, c’ha pure una tesi di laurea su Bombolo? Ti copincollo le sue considerazioni.
Hanno effettivamente un senso. Però non dirglielo.
Barbie è diretto e scritto da una donna e cazzo se si vede.
No, il rosa non c'entra un cazzo, anche perché nel 2023 chiunque pensi che il rosa sia un colore da femmina è tanto antropo e poco logos e non merita alcun rispetto.
Si vede che è diretto e scritto da una donna per un momento particolare nel film. Un momento che io adesso vi descrivo quindi spoiler, quello che volete voi, se continuate a leggere siete stronzɜ.
Barbie ad un certo punto si vede brutta, si sente in difetto e lo dice ad alta voce. Primo piano su Margot Robbie, fermo immagine e una voce fuori campo che pronuncia circa queste parole: "Nota di regia: probabilmente Margot Robbie non è la miglior attrice per far passare questo messaggio". Alludendo, ovviamente, al fatto che è troppo bella per avvicinarsi anche solo lontanamente alla bruttezza.
Io ci metto la mano da uomo sul fuoco: noi maschi non lo avremmo mai detto.
Non perché non ci vediamo brutti, anzi, ma perché manca proprio quella spinta per dire "non ha senso che ləi sia bruttə, è troppo più bellə di me". Una solidarietà che solo chi soffre e chi è costretto a stare in competizione può avere.
In quel momento lei "non è" brutta, perché nessuno lo è mai. Lei "si sente" brutta, che è una condizione mentale che può colpire chiunque, Margot Robbie compresa. Sottolineare una cosa ovvia è un'abitudine propria delle donne, perché nella nostra società devono dimostrare costantemente di non essere rotte e per farlo sono costrette a ripetere anche concetti superflui.
Ed è per questo che cazzo se si vede che Barbie è diretto e scritto da una donna, perché nella scena gemella a questa Barbie senza pensare guarda se stessa su una panchina (la signora anziana è la reale figlia di Ruth, la Barbie/Barbara originale) e si vede bellissima anche se invecchiata e piena di difetti.
E Barbie sì, cazzo, se si vede che è diretto e scritto da una donna, perché di tutto il film queste sono le scene più potenti, ma nessun uomo (not all man
porco d—EVVIVA L’AMORE TRA I POPOLI lo so) ne ha parlato. Passano in secondo piano, sono piccoli dettagli inutili.Proprio come le richieste di aiuto che ogni giorno il genere femminile fa al mondo, ma che per un motivo o per l'altro accantoniamo e ci dimentichiamo di osservare e ascoltare.
La schedule di questa settimane non sarà particolarmente fitta causa pausa di Twitch, però qualche sorpresa in canna c’è. Tipo giovedì mattina ti delizieremo con una mezz’ora di content™ – assolutamente spoiler-free, frignone – su Final Fantasy XVI.
Cos’è Che fretta c’era, Benedikta Primavera? È una riflessione su come si è parlato di Final Fantasy XVI da cagne maledette al guinzaglio degli embarghi e dei chiusoni. È una ricostruzione sui perché si siano stressati certi concetti, in particolare “il gioco è un action ommioddio non è Final Fantasy” e “il gioco è troppo facile ommioddio non è Final Fantasy”.
È anche cosa penso io 80 ore di gioco e una settimanella dopo averlo finito. Perché per fortuna – no, non è fortuna, è grazie alla community che s’è radunata su Telegram che ha discusso il gioco nel dettaglio per una mesata piena – non siamo a nostra volta cagne maledette e ci possiamo prendere tutto il tempo che ci pare.
Che fretta c’era, Benedikta Primavera sarà online su YouTube – si, c’ho messo il faccione. E il gameplay – e on-air come exta del podcast (con la regia audio di Fra) su tutte le piattaforme giovedì mattina. Diciamo alle 9:00? Boh, sì, diciamo alle 9:00.
Seguiranno altre cose. Al day-one avevamo comprato una copia del gioco con i soldi dei Patreon per Maura. Filippo sta giocando anche lui, col suo passo. A settembre penso proprio che arriverà una puntata del podcast assolutamente spoiler dove smontiamo il giochino pezzo per pezzo.
E adesso vediamo che si scrive in giro fuori da Gameromancer, va.
Spammini Tattici Nuclerari™
Nel feed di Facebook mi è cicciato fuori questo pezzo di Andrea Baiano Svizzero che parla del manga di Metroid. Che è tipo fondamentale per capire la lore di Dread. Non conosco bene Andrea, ma l’articolo è tantissima roba. E supportare la roba fica e indipendente che viene fuori in questo grigiore critico anestetizzante è un dovere. Daje, Andrea. E daje a tuttə quellə nella stessa situa: dentro di noi ci sono universi interi, si tratta solo di trovare il coraggio di premere “pubblica”;
Non è propriamente un pezzo, ma ho beccato su Reddit questa storia PAZZESCA dove su un server privato di Minecraft sta succedendo il capitalismo. Clicca. Non te ne pentirai;
Se vuoi finire nell’elenco puntato più ambito dalla Game Critic™, segnalati. Sai chi sono.
Se hai visto qualcosa di fico che non è tuo te segnala uguale. Vale tutto.
E ora vai col dissing.
And the winner is Kevin Spacey
Prendo in prestito le parole di Capa. Se ti infastidisco, skippa e vai oltre.
Per me fare questo discorso è molto più importante dell’ennesima diatriba del cazzo sulle recensioni del cazzo dei giochini del cazzo o di qualunque discorso di Game Critics™ si possa fare questa settimana.
Il tweet l’hai visto, l’ho screennato in intro. Marco Mottura, metà di Round Two, una delle poche persone che sono davvero influenti se si parla di videogioco in Italia, se ne esce col fatto che sia ridicolo chiedere il pronome ad una persona ad un evento fieristico di settore.
In un mondo dove tutti gli eventi fieristici di settore – e sinceramente spero anche non – stando andando in questa direzione. È una cosa di grandissima civiltà, soprattutto in una nicchia come quella della Cultura Pop (e in particolare in quella dei videogiochi) dove ci sono enormi problemi di sessismo, tossicità e gatekeeping.
È una cosa che sta succedendo anche nei videogiochi – nel senso di letteralmente nei giochini [nota per Pulciaro: sì, ho già messo i soldi nella giara].
L’indie ha iniziato in tempi non sospetti. Ricordo di essermi imbattuto in questa cosa per la prima volta nel dicembre del 2015 giocando 2064: Read Only Memories. È ri-successo due estati fa con Chicory: A Colorful Tale. La cosa è colata anche nel mainstream, visto che quest’anno sia Wild Hearts che Wo Long: Fallen Dinasty hanno aggiunto questa possibilità.
Chissà come mai però Mottura con Electronic Arts e Koei Tecmo non se l’è presa per questa svolta troppo woke.
Mi chiedo cosa succederebbe se Nintendo decidesse di chiedere pronomi a giornalisty e influencer al prossimo Press Tour di The Legend of Zelda. Marco Mottura si piegherebbe a questa ennesima follia del politicamente corretto o quando c’è connivenza convenienza è tutto ok?
Mi chiedo, soprattutto, se sia il caso che a raccontare i videogiochi siano esclusivamente persone così distanti dalla realtà. “Uomini cresciuti in un contesto storico differente da quello attuale“, per citare la bio sui social di Stefano Silvestri, ex capoccia di Eurogamer IT e altro vecchio aficionado di questa retorica.
Non so se sia il caso. Io però di certo non ho la minima intenzione di lasciare che queste voci siano le uniche voci ascoltabili. Si è già fatto una volta l’errore di pensare futtetenne, ‘che tanto ‘sta guerra la vinciamo per inerzia. Quella volta è successo il Gamergate. E non se n’è mai andato.
Se oggi al governo abbiamo una tizia venuta fuori dai circoli tolkeniani che sproloquia sull’incentivare la natalità ma poi vuol rendere la maternità surrogata un reato universale, la colpa è anche del Gamergate e di tutti quei moti alt-right che ne hanno replicato i meccanismi fino ad arrivare a farsi eleggere in 3/4 di Europa e alla Casa Bianca.
‘Sta guerra si deve vincere qui e si deve vincere ora. A queste persone va urlato in faccia no. Non devono pensare nemmeno per un secondo di poter decidere loro cosa ha senso per noi.
Quando è iniziato Gameromancer ero da solo, un He/Him. Adesso tuttə insieme siamo un They/Them. Non possono più ignorarci. Non devono.
Barbie, prima o poi lo vedrò.
Il problema è che forse non riuscirò a scindere Mattel dall'equazione. E capisco che per certi versi sia sbagliato, dopotutto in un mondo capitalista è normale si spinga anche su certi temi per vendere, però mi dà fastidio che il femminismo sia svenduto al consumismo.
Al di là del messaggio del film eh, magari Barbie in questo caso è solo un veicolo per fare passare un determinato messaggio.
Boh, mi farò un idea chiara non appena potrò.
La cosa che a me fa più abborrire è che Barbie sia criticata solo per il fatto che sia troppo "femminista" che è una cacata epica.
Non concordo però col ragazzo che dice di ascoltare prevalentemente voci di ragazze per capire cosa ne pensano: per me bisognerebbe sentire entrambe le campane, anche perché è errato pensare che il femminismo debba parlare solo alle donne. Anzi, dovrebbe parare agli uomini, perché siamo noi che dovremo cambiare insieme alla presa di coscienza delle donne.
Non sapevo nulla dell'uscita di Mottura. Mi dispiace perché lo stimo, spero si renda conto che ha detto una cazzata e capisca il motivo per cui è stato attaccato.
Certe volte mieraviglio come alcune persone non capiscano la frustrazione delle minoranze: non vengono ascoltatə e vengono denigratə, penso sia normale che le palle siano fumanti e che il turbinio sposti più vento delle eliche degli elicotteri.