A Natale siamo tutti più buoni. Tranne su Threads
Hai presente quel film dove una notte all'anno vale tutto e puoi accoppare la gente? Ecco, Threads è Lo Sfogo. Solo che dura 24 ore al giorno
Il vero dolce di Natale non è quella merda del Panettone pieno di canditi e uvetta e stronzate chimiche. E non è manco quella roba melegattiana inventata a Verona nel 1894 che poi abbiamo moddato farcendolo con creme e cremine.
Il vero dolce di Natale è uno solo: il Pandhorror, l’unico modo per sopravvivere agli orrori del cenone con tutti i parenti.
Cosa ci fa davvero paura nei videogiochi? Che aneddoti hai di quella volta che hai giocato P.T. assieme a quell’amico Master Race che rosicava un sacco all’idea di non poter accedere alla Next Big Thing dello spavento (che poi ironicamente è diventata Konami stessa)?
Il vero Pandhorror comunque è Threads. Solo che qualunque cosa io possa dire a riguardo sarebbe etichettabile come una paraculata per vari motivi, per cui questa settimana sotto l’albero vi beccate Filo a rompere le palle. Io mi limito ai soliti spammini. Forse ci sono in un post, forse no, devo ancora decidere e non avrò voglia di revisionare questo paragrafo — salutiamo Pulciaro che è 42 settimane che revisiona ‘sta merda.
Activision resta un ambiente ostile per la fica anche con Kotick fuori dal cazzo.
Di Pietro “Phatejoker” Iacullo
È perfettamente inutile gioire per il fatto che Bobby dal primo gennaio dell'anno prossimo sarà a spasso, visto che l'anno scorso si è portato a casa 22 milioni di bonus e nei precedenti 3 altri 185, per un totale che (escluso quest'anno) supera i 200 pali.
Vuoi sapere invece quanto è costata all'azienda la causa per sessismo e abusi sessuali intentata dallo Stato della California? 55 milioni.
Dal punto di vista fiscale in buona sostanza conviene essere delle merde. Lasciando una barca di lavoratorə a casa e propiziando tossicità attraverso le varie Cosby Suite e chat "di lavoro" degne del mostro di Firenze (o di quello di Florence) ti porti a casa molti più soldi rispetto ad essere chi poi quella tossicità e quelle molestie le vive sulla propria pelle ogni giorno. Chi se ne strafotte se ti riempiono la valigia di dildo o ti rubano il latte materno dai frigoriferi marchiati Call of Duty, dopotutto mica sei una veterana di guerra a cui dare supporto per le elezioni al Senato per il seggio, guarda un po', della California, come Mike Garcia.
Kotick se ne va, ma il suo regno del terrore continua. Perché Activision ad oggi non ha mostrato manco per sbaglio la volontà di diventare migliore. Al massimo ci ha raccontato che figata sarà avere i suoi giochini su Game Pass l'anno prossimo.
E purtroppo alla fine è tutto quello che ci interessa. Quello, e l'occasionale festeggiamento perché una delle teste dell'idra è caduta da sola.
Poco male se ne ricresceranno subito altre due, e non vedono l'ora di pasturare qualche sgualdrinella.
Anche Sea of Stars ha la sua Chiara Ferragni.
Di Richard “Amaterasu” Sintoni
Succede che in Sea of Stars c'è un NPC cameo del noto Youtuber The Completionist, chiamato Jirard The Constructionist, e che verrà a breve rimosso per via delle magagne che gli girano attorno.
Jirard in passato ha portato avanti delle campagne di raccolte fondi su Twitch fino a raccogliere 600k di dollari, e da bravo ragazzo se li è intascati, versandoli solo in seguito all'esplosione della notizia riguardante questa roba. Un po' come Chiara Ferragni che promette di devolvere soldi per gli ospedali dopo esser stata multata perché beccata con le mani nella marmellata.
Il punto è: ma quanto cazzo si può cadere in basso? Di chi cazzo possiamo fidarci?
Perché non so a voi, ma a me sta cosa smonta proprio tanto. Personalmente non ho mai stravisto per i Ferragnez ma ho sempre visto nelle loro azioni del buono, e niente, li aggiungo alla lista di persone che mi hanno fatto crollare i coglioni.
E stessa roba per Khalil, che ha cercato di scapparsene con la cassa con le donazioni della sua utenza, tentando la mossa "The Day Before" con un tot di anticipo e con molta più cattiveria, perché finché ti inculi i soldi di un giochino scam è un conto, ma porco Giuda con quelli della beneficenza sei merda e basta. E in una certa misura mi sento merda pure io perché con me 'ste robe hanno presa e ci resto uno schifo quando saltano fuori gli altarini.
Però intanto loro sono lì a giustificarsi, con attorno schiere di fedelissimə che cercano anche loro di salvaguardarne l'immagine.
Vuoi perché certe cose non vuoi crederci proprio, o ti senti talmente stupidə a esserci cascatə che non vuoi ammetertelo.
Questo capodanno per una volta mandala in culo ‘sta cazzo di FOMO.
Di Davide “Celens” Celentano
Per una volta non farti prendere dalla pressione sociale di quello che fanno tuttə lə altrə, che quante volte sei finitə per buttare nel cesso anche centinaia di euro per poi annoiarti a morte per tutta la notte? Magari facendo anche finta del contrario, che mentire a sé stessə è sempre più facile che ammettere di aver fatto una cazzata.
Per una volta non cedere al bombardamento dei PR e al richiamo del consumismo, la maggior parte delle volte promettono cose irrealizzabili e lo sanno benissimo. In fondo lo sai benissimo anche tu.
Per una volta, scegli tu e basta senza pensare a nessun altrə. Non avere paura di sembrare “quellə stranə”, che se più persone si sentissero libere di esprimersi al 100% noi stranə ci sentiremmo sicuramente un po' meno solə.
In fondo, non c'è bisogno che qualcuno ci organizzi momenti di aggregazione mascherando con una patina di zucchero il suo unico interesse di lucrare sulle nostre spalle.
Come dici? Che cosa c'entra ‘sto discorso coi videogiochi?
Perché, di cosa pensavi stessimo parlando?
Spammini Tattici Nuclerari™
Il primo ultimo numero di Kuma
Ho amato il numero zero di Kuma. Voglio un sacco bene a diverse delle persone che sono state appresso al progetto, perché a loro volta sono state appresso a noi praticamente da sempre dandoci un sacco di spazi che non meritavamo. Ma questo non c’entra nulla con questo spammino, semmai non fa altro che cospargere sale su una ferita data dal fatto che questo numero 1 doveva essere una festa e purtroppo sarà una sorta di funerale. A Fra, Luca e a tuttə lə altrə va dato prima di tutto un grandissimo abbraccio. Poi non ti costa un cazzo aggiungerci un dollaro e mezzo e comprare la rivista in formato PDF, perché se proprio dovessi separare opera e autorə è proprio un bel manufatto anche in versione virtuale. Volendo puoi anche chiedere la copia fisica.
A me basta che supporti chi se lo merita e beh, loro se lo meritano. Vai su itch.io →
A Highland Song mi ha messo di fronte alle mie paure
Con Gabriele Carollo è capitato un paio di volte di fare dei discorsi su cosa alla fine voglia dire scrivere di giochini. Non so se siano stati discorsi significativi per lui, per me indubbiamente sì. Questo pezzo su A Highland Song — di cui poi si parla per bene pure da queste parti, perché mi ricorda casa pur non essendo scozzese ma veneziano — me ne ha ricordati diversi. Quando una persona decide di mettersi a nudo di fronte ai giochini e preme sul tasto pubblica, il mondo improvvisamente diventa un posto un po’ meno disgustoso. Quindi grazie, Gabriele.
Mo fai pure te il tuo e fila su N3rdcore →
Pentiment mi ha fatto sentire un fottuto radical chic
Non posso più essere per vari motivi su I Love Videogames, ma I Love Videogames per me sarà sempre casa. Anche grazie a pezzi come questo di Donato Ronca.
Una volta qui ci vivevo pure io. Se la cavano alla grande anche senza di me →
Una riflessione sugli auguri di morte nel mondo nerd
A Cecilia Formicola posso solo dire una cosa. Grazie. Non serviva, eppure è qui ed è stata una delle poche cose veramente d’aiuto dell’ultima settimana.
Mi spiace sia sul nostro crowdsourcing perché un po’ sbatte il messaggio. Ma te leggi lo stesso sul Sacro Blog™ →
Ah, approfitto anche per segnalare il numero zero di una zine messa a disposizione aggratis su itch.io da un po’ di bella gente, tra cui Marco Spelgatti che per coincidenza (davvero) ritrovi pure nelle indiecazioni di questa settimana.
Monstera Fabulosa - Numero 0: il mostruoso su itch.io →
L’invito è pure a Natale sempre quello: se hai qualcosa da spammare che vuoi vedere qui, Join The Rebellion. Se decidi di non sfruttarci come canale poi c’è poco da recriminare sul fatto che esistiamo.
Indiecazioni della settimana
Come detto, questa settimana qua ospitiamo Marco Spelgatti. Metà di Owof Games (le persone dietro non-binary) e insomma, qua potrei allungarmi un sacco elencando le cosine dove ci ha dato una mano e ha elevato il discorso ma non vedo perché farlo. Gioca non-binary e capirai da solo chi è, molto meglio di qualunque bio del cazzo possa scrivere col nostro taglio del cazzo.
Dal cuore mi vien da dire: credo che l'Indie sia uno sguardo che punta all'intimità di ciò che si vuole raccontare.
Se sei un duo che fa l'ennesimo clone di "Doom", a mio avviso sei uno studio piccolo, ma non uno studio indie. E questa ricerca di intimità credo porti inevitabilmente a sperimentare con la grammatica del videogioco e quindi con le meccaniche, o a risemantizzarle.
Non so se sia un paragone sensato, ma tutti i giochi che ho sentito "indie" in modo onesto mi rimandano in qualche modo sempre a Virginia Woolf, al suo cercare per ogni storia che cresceva dentro di lei la struttura adatta. O a come Donna Haraway gioca col linguaggio per veicolare nuove possibilità. Ammetto che mi sento un po' coglion* e spocchios* a dire queste cose, e forse anche pretenzios* rispetto a quello che poi effettivamente so fare, però è quel che mi rimane nel cuore ragionandoci.
The Thread of the conversation ~ Il Filo del discorso
Daddy Christmas quest’anno è arrivato in anticipo, consegnandoci quello che a tutti gli effetti è il nuovo giocattolino dell’Occidente™ : eccovi Threads, l’ennesimo social di marca (tanto per cambiare è firmato Meta Platforms Inc.), pronto a spezzare cuori e rubare attenzioni. Cosa che i social, si sa, fanno di mestiere. Che poi, se vogliamo fare lə precisə, in anticipo tre gran quarti di cazzo, visto che siamo statə tra gli ultimi ad averne accesso: a Luglio 2023, Threads era già stato reso disponibile per più di cento paesi. Palesemente eravamo nella lista deə bambinə cattivə…
Si potrebbero impostare una miriade di discorsi, ad una settimana dal lancio di Threads in Italia: sul senso che abbia avere un altro social che compete per il nostro tempo e l’attention span, sulle potenzialità di un nuovo strumento comunicativo, persino sulle possibilità di gestione di un nuovo spazio online, pur rimanendo consapevoli del limite che porta la convinzione che questo sia uno spazio nuovo, un foglio completamente bianco, quando l’amara realtà è che determinate regole sono già state scritte, soprattutto con l’inchiostro della tossicità online.
Ho scelto di iniziare il discorso in tema natalizio, non solo perché se posso scelgo di arrivare in ritardo pur rimanendo sul pezzo (Buon Natale merde), ma anche perché vorrei che ci fermassimo a riflettere su quanto questo possa essere, o meno, un regalo. Metto le mani avanti: se è un regalo di certo è di quelli “boomerang” (o millennial-ang, o genzeta-rang; inserire Applause di Lady Gaga qui).
Prima di partire per la tangente, mi preme di fare un piccolo appunto, e cioè sottolineare la concezione, e dunque l’aspettativa, con la quale Threads sarebbe dovuto nascere e crescere, almeno in linea teorica. Quando è stato presentato, si è posto l’accento sulla potenzialità che aveva di poter essere un Twitter diverso, col segno +; un Twitter più “positivo”, lontano da quello schifo che è effettivamente diventato X, sempre più teatro di negatività, tossicità, violenza e cyberbullismo.
Una potenzialità che probabilmente non è mai esistita, se proprio ci sentiamo di voler squarciare il velo di Maya (Arthur Schopami…)
Una cosa del genere comporta uno sforzo collettivo su larga scala e pertanto credo possa nascere solamente dal basso. Perché se una turboazienda come Meta ci viene a dire che dovremmo fare lə bravə, a noi che un po’ abbiamo i coglioni e le ovaie piene e spesso in rotazione (welcome to critical insight on Capitalism S.p.A.), beh, le possibilità che si ottenga l’effetto inverso ci sono eccome, e possono solo aumentare.
Del resto sono anni che parliamo di educazione al web e agli spazi virtuali, e ancora ci sfugge il limite di questo circolo vizioso: perché per quanto uno possa essere mosso da nobili intenzioni e scelga di promuovere un comportamento impeccabile e ineccepibile (tranqui amə, sappiamo benissimo non essere il nostro caso), la moltitudine non è detto che decida di giocare seguendo lo stesso codice morale.
È un mondo virtuale, ma non virtuoso.
E basta una piccola goccia di colorante per tingere un intero bicchiere d’acqua, non importa la tonalità della tinta ne quanto l’acqua sia distillata; è tra le meraviglie del moto browniano, il determinismo che nasce dalla casualità (chi mi capisce è bravo o ha fatto lo scientiFILONOOO). Ora, manifestata la mia disillusione per questa concezione ottimista del vivere online, vorrei provare a passare allo step successivo. Perché se è vero che siamo famigeratə per l’avere il grilletto della critica facile, è anche vero che dovremmo provare a ricostruire, oltre che distruggere, a proporre soluzioni oltre che palesare i problemi.
E mi sento uno stronzo, perché io la soluzione manco ce l’ho eppure ho deciso di parlare lo stesso…
Non è possibile che ogni cosa che tocchiamo, a livello di specie, diventa merda, in una grottesca reinterpretazione della favola di Re Mida che tutto è fuorché distopia. E ne ho anche piene le gonadi del discorso standard, e cioè che gli strumenti non hanno colpe, ma siamo noi che li adoperiamo ad avere determinate responsabilità. Non perché sia sbagliato, ma perché è proprio il piano terra, la base della base da cui partire.
D’altro canto, nemmeno posso permettermi di dire niente, dal momento che se mi fermo a guardare questo nuovo social, posso solo constatare quanto schifo possiamo arrivare a produrre in una decina di giorni, proprio a livello di numeri: post, vocali e commenti di odio e prevaricazione, di stampo abilista, classista, razzista, contenuti omolesbobitransfobici e in generale di scherno alla comunità LGBTQIA+ e persino meme di cattivissimo gusto sul caso Cecchettin.
Perché nel momento in cui vedo Dario Moccia che twitta, anzi threadda, un laconico “Homosexuality” e riceve quindicimila likes e innumerevoli risposte che oscillano tra il velato scherno omofobico e la proverbiale goliardia che contraddistingue determinate community, la prima cosa che penso è che vorrei che queste cose ce le lasciassimo indietro e coscientemente decidessimo di non portarcele, nel 2024.
Non perché mi freghi qualcosa di Moccia e relativo seguito, o perché una parola come homosexuality sia per me un taboo o una sensitive word anche se, ammetto, un po’ mi gira il cazzo, che venga usata così de botto, senza senso e senza criterio alcuno se non fare i cazzari, ma facciamo che “man up” me lo dico da solo così vi tolgo dall’empasse e dal rischio di misgenderarmi, che oggi manco io so come mi sento LOL.
Prenderne uno per cazziarne cento, mille, diecimila. Perché se è vero che su Threads siamo tuttə potenziali nuovə content creator, è anche vero che se hai un numero di followers così ampio le responsabilità dovrebbero scalare di conseguenza.
E mi rendo conto di quanto paraculo possa sembrare, fare un discorso del genere quando si scrive sul famigerato Blog della Ribellione™, ma io questa cosa me la rivendico e penso sinceramente sia tra i miei migliori risultati di questo 2023. È machiavellico, me ne rendo conto e ne comprendo i limiti: non basta dire che il fine giustifica i mezzi, occorre fermarsi a valutare la bontà del fine e le modalità con cui si attuano i processi. Però dai cazzo, davvero non siamo capaci, a livello specifico, di imparare dai nostri errori? Com’è che non ci siamo ancora estinti, in questo caso?
Ah, certo: stiamo lavorando per voi, caricamento in corso, la scritta “buffering”… Scegliete voi cosa leggere mentre ci incamminiamo a manina verso l’oblio. Perché se la nostra casa è in fiamme, alla fin della fiera, che senso ha andare a crearci un nuovo Inferno?
Ecco io solo questo volevo dire, perché solo questo vorrei chiedere a Babbo Sexy: che imparassimo a vivere con meno roba, che tanto la fine di Mazzarò la conosciamo tuttə (dice il saggio gay e fan del verismo italiano: datemi un Verga o una Verga, non importa di che genere!)… Perché credo che il progresso sia fatto anche di cose lasciate indietro, di cantonate e secondi, terzi e quarti tentativi, e che se proprio proprio vogliamo tenerci questo “regalo” di Meta, allora dovremmo quantomeno fermarci a riflettere su come potremmo usarlo nella maniera giusta, sempre nell’ipotesi che non sia fallato all’origine.
Portiamoci questo nell’anno nuovo, che se è vero che forse dovremmo smettere di “progredire”, io penso pure che non dovremmo mai smettere di migliorare.
Siamo lə disadattatə.
Il cavallo su cui non puntare, la sporca dozzina, id Software poco prima di pubblicare Doom. Siamo quellə da non frequentare, quellə che aprono i podcast bestemmiando mentre blaterano di Ars Ludica.
Siamo dellə novellə Napoleone in un mondo sempre più Waterloo, pronto a bramare la restaurazione. Lə sconfittə. Lə incompresə.
Siamo quello che siamo e ce ne siamo fattə una ragione.
Siamo Gameromancer.
Ho scritto questo copy qui sopra nel dicembre del 2018, mentre stavamo lavorando al blog di Gameromancer. Non sapevo cosa sarebbe diventato quando l’ho buttato giù, avevo solo bisogno che uscisse perché descriveva il mio stato d’animo in quel momento: una persona ai margini di quella che nominalmente doveva essere casa sua sull’Internet, non compresa da chi voleva insistere con un approccio 1.0 alle cose che poi, guarda un po’, s’è rivelato essere fallimentare. Non che l’aver avuto ragione sia di qualche conforto o restituisca qualcosa, eh.
Comunque questo copy 5 anni dopo è ancora nella pagina about del blog — che veniva lanciato proprio a Natale 2018. Auguri, ammasso di codici e fogli di stile. L’unica modifica fatta è stata aggiungere le schwa. Sembra poca cosa, ma in realtà dice tantissimo della direzione che abbiamo preso in questo lustro.
E dice anche che siamo cresciutə, ma non ci siamo persə.
Non so se c’eri dall’inizio o quasi. Non so se ti sei aggiutə in corsa o ci sei ancora. So solo che nell’ultimo mese ho capito che come dico sempre non abbiamo padronə, ma dall’altra parte tutto quello che abbiamo sono le persone. Chi ascolta il podcast ogni lunedì. Chi legge ogni settimana queste parole. Soprattutto chi ci sta vicino nei momenti brutti, non con una maschera di facciata ma spendendosi davvero in questa stronzata che è Gameromancer e che negli ultimi 5 anni è diventata la stronzata di tantissime persone. Più di quelle che avrei mai detto.
Buon Natale e buone 42 settimane di editoriali, spammini, post incazzosi e notizie, perché anche se bisogna essere sempre arrabbiati con lo schifo che ci circonda, sappiamo essere noi gli artefici di un cambiamento. C'è del buono, evviva il buono!