Giocare e basta è un lusso che non mi posso permettere
Non è un dissing. Non è un pezzo in risposta a, non è un modo di fare click, non è un cazzo.
Cosa bisognerebbe fare in questi casi? Presentarsi? Introdurre il progetto, parlare del pezzo che stai per leggere, ribadire per l’ennesima volta che Stray è una merda? Non lo so.
Tutto quello che so è che qualche mese fa
mi ha proposto di essere qui. Per questo esordio avrei dovuto scrivere un altro pezzo su Chicory, la depre e cosa vuol dire non tanto soffrirne direttamente quanto per procura, quando una delle persone più care che hai ci convive da tutta una vita e tu ti senti ogni giorno fottutamente inadeguato perché non puoi salvarla, nessunə può salvarla.Poi però mi sono successe delle cose, e la mia testa è andata automaticamente ad un vecchio pezzo che avevo scritto per il Sacro Blog™ di Gameromancer. È un pezzo che non s’è cacato di pezza nessuno. Ma che avevo bisogno di rileggere. E magari ne hai bisogno pure tu.
Se non ne hai bisogno, beh, perdonami. Ma io sì.
Io devo scrivere perché sennò sclero
Non mi interessa che tu condivida il mio pensiero
Non cammino sulle nubi come Wonder Boy
Mi credi il messia? Sono problemi tuoiAbiura di me, Caparezza – Le dimensioni del mio caos (2008)
Non è per un cazzo facile essere me. È molto più facile che essere tante altre persone, eh. Sono un maschio bianco etero e pure piuttosto basic, dalla vita ho avuto forse pure troppo rispetto a un sacco di altra gente. Ma non mi è per un cazzo di consolazione sapere che c’è chi alla fine se la passa peggio. Solo unə sadicə bastardə smetterebbe di stare male al pensiero che tutto il fottuto continente africano (meno Elon Musk) se la passa peggio di ləi.
Che premessa del cazzo, però. Sempre a mettere le mani avanti. Fottuto politicamente corretto. Ricomincio.
Non è per un cazzo facile essere me. Prova a vivere mezza giornata con la consapevolezza che quando il tuo vecchio morirà ti sentirai l’essere più di merda su questa Terra e contemporaneamente litigarci ad ogni interazione perché quella volta che t’ha fatto scrivere “io sono un asino” fino a riempire tutto un quaderno ancora ti brucia. Ti brucia quasi quanto quei momenti dove non c’era sei mesi all’anno e stava sotto le bombe per darti una vita migliore. Una vita di cui non sei manco soddisfatto, senza un cazzo di motivo legittimo perché c’è chi sta peggio e bla bla bla rileggi sopra quella roba che non vorrei aver scritto. Figlio degenere.
Forse alla fine il motivo per cui a trentadue cazzo di anni gioco ancora ai giochini è questo. Continuare ad essere ostentatamente una delusione per un tizio che dall’alto del suo privilegio m’ha sborrato in una vagina quando lui aveva ventun anni.
Che non aveva niente e mi ha dato tutto e non riesce a capirmi perché non può, perché con la sua terza media s’è realizzato nella vita molto più di quanto potrò fare io con una laurea del cazzo in informatica. Che mi ha messo in mano il primo PC a nove anni perché anche lui era un nerd, solo che non lo sapeva e adesso pensa che sia un sinonimo di disagiatə. E c’ha pure ragione. Ignorante come la merda com’è, senza saper manco pronunciare cose tipo “gender studies”, “Gamergate” e “Frawscisti”, c’ha pure ragione. Capito fino a che punto la generazione dei nostri vecchi ci ha fottuto?
Tutto questo coi videogiochi non c'entra un cazzo. E allora perché ci penso continuamente ogni volta che ne accendo uno?
Ci ho messo 2395 caratteri partendo dai cazzi miei ad arrivare ai videogiochi. 2395 tutti improvvisati. Sono un asino, ricordi? Figurati se ho mai fatto quelle cazzate tipo prendere appunti o prepararmi per bene. Per essere una delusione è fondamentale affrontare le cose alla cazzo di cane. Sia mai che ti riesca di combinarne una giusta nella vita, vorrai mica rovinare tutto adesso che finalmente sembra troppo tardi?
Ecco cosa sono i videogiochi. Oltre ad essere una stupida vendetta nei confronti di un vecchio che queste parole non le capirebbe manco se per sbaglio inciampasse su questo blog. Non le capisco manco io che alla fine mi son preso una laurea anche per farlo star zitto fallendo miseramente. I videogiochi sono quella gigantesca stronzata che mi permette di scrivere queste stronzate. La combo di tutte le arti mai esistite e che mai esisteranno ricoperta da strati di capitalismo e misoginia. L’unica cosa che sia mai davvero riuscito ad amare in questi trentadue anni assieme a tanto di quello che odio.
Mio padre che gioca a Tomb Raider II su un Pentium mentre io che ho appena imparato a leggere leggo delle soluzioni stampate su fogli A4 fregati probabilmente in caserma. Ecco cosa sono i videogiochi. Mi hanno dato stupidamente tanto. A volte però li odio lo stesso. Ha senso? Dovrei andare da unə piscologə. La verità è che non ne ho il coraggio. Sarebbe un punto per lui perché dovrei ammettere a voce alta che c’ho dei problemi. Sarebbe un punto per me perché so che gli darebbe fastidio e alla fine non riesco nemmeno ad essere una delusione così ostentata come mi piace raccontarmi per darmi l’aria dell’ACAB da quattro soldi sputtanati in gettoni. Manco esistono più, i gettoni.
Come faccio a giocare e basta, con tutta la merda che ha la residenza nel mio cervello? Ogni idea del cazzo. Ogni stupido sogno idealista coltivato perché in seconda elementare t’hanno fatto imparare il testo di Imagine anche se non capivi perché “and no religion too” fosse una bella cosa. Ma tanto l’hai capito qualche mese dopo quando senza motivo quel tiro di dadi che chiamano Dio ha portato via la madre a tua madre. Lei ancora ci soffre. Vedo il mio futuro tra qualche anno nei suoi occhi. La cosa non mi impedisce di incazzarmi pure con lei quando non mi capisce. Il vantaggio di essere uno stronzo è che queste cose poi mi perseguitano solo quando gioco, la morte che si sconta vivendo un continue alla volta.
Imagine non aver detto un cazzo e spacciarlo pure per il motivo per cui non puoi giocare e basta. Questo articolo è una truffa peggio del peggior clickbait scuola Valentino Cinefra. È un gigantesco monumento al fatto che forse dovrei davvero giocare e basta e lasciare che ad incazzarsi sia qualcuno di davvero intitolato.
Io alla fine cos’ho, un cumulo di First World Problems e niente da perdere a dire che Cyberpunk 2077 è un insulto all’intelligenza grosso solo come i 9 e le foto davanti alle Collector’s Edition scattate dai caporedattori delle testate che quei 9 glieli hanno regalati? Non gioco per incazzarmi. Gioco e mi incazzo per le ingiustizie.
Per farmi stare zitto basterebbe non fare schifo alla merda come sta facendo il mondo adesso.
Il punto è questo qua. Non so per quale motivo gioco. So solo che per qualche motivo i giochini sono diventati la lente attraverso cui provo a leggere il mondo. Forse perché sono sempre stati la lente attraverso cui provare a leggere me stesso. Forse solo perché erano una ribellione adolescenziale e non sono mai riuscito a passare il livello dell’adolescenza. Mi ci sono fermato a grindare e adesso sono troppo overlivellato per poter avere una vita normale. Non lo so. Ma gioco lo stesso. Come in quella frasetta motivazionale del cazzo attribuita ad Einstein.